Bologna, Prati di Caprara: luogo d'incontri – Prima parte

10 Gennaio 2018 /

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di Silvia R. Lolli
È una domenica di novembre; ho passato la mattina al centro Pontelungo dove c’è la tradizionale castagnata; per andare in centro decido di passare dalla pista ciclabile di via del Chiù, di fianco ai Prati di Caprara; anche se non c’è traffico non voglio fare la via Emilia. Chissà, mi dico, forse incrocio persone per chiedere se vogliono impegnarsi e pre-aderire al laboratorio sui Prati di Caprara, attività decisa nel comitato di rigenerazionenospeculazione, che comincerà il 18 gennaio. Dedico la giornata anche a questo impegno e ho già raccolto alcune adesioni.
Il giorno non è soleggiato; è un tipico giorno novembrino, ma almeno non piove e non c’è neppure la nebbia. La bicicletta è un bel mezzo per guardare da punti strategici questo paesaggio che corre parallelo alla Via Emilia e si trova dietro l’ospedale Maggiore. I Près ed Cavrèra, come dice la canzone dialettale di Fausto Carpani, sono ancora un bel polmone verde della zona Ovest di Bologna, attigua ad un ospedale rinnovato e ingigantito solo pochi anni fa: fu “la repubblica ed cén” dopo la guerra. Ora, oltre agli orti urbani, ci sono alberi ed arbusti, un bosco non curato che cresce sulle spoglie militari; i Prati di Caprara costituiscono un’area dismessa che da tempo doveva diventare il parco più ampio di Bologna come disse il sindaco Merola, in area diametralmente opposta ai giardini Margherita.

Parco o bosco urbano (terminologia, come fascia boscata, decantata in città fino a pochi anni fa ora invece sparita dal politichese) sarebbe più consono vicino al nosocomio grande non solo nel nome, piuttosto che un territorio fortemente urbanizzato, come può essere invece in futuro. Nel 2016, in scadenza di mandato amministrativo, la giunta e il sindaco, poi rieletto, decisero di scrivere un nuovo POC; durante la campagna elettorale, si dette la nuova comunicazione, soprattutto a chi è tifoso di calcio: megaprogetto di rigenerazione urbana dello stadio Dall’Ara di calcio, dell’antistadio, del Cierrebi, venduto definitivamente a ottobre 2017 a Seci del gruppo Maccaferri, e di urbanizzazione dell’ex area militare Prati di Caprara.
Negli ultimi due anni siamo invasi da comunicazioni politiche ben congegnate, con modi e tempi specifici, oseremmo dire premeditati. Ci ha inondati una comunicazione a senso unico, quella che presenta cose già fatte ai cittadini che così diventano accondiscendenti di proposte venute dall’alto e indicate come le uniche possibili. Se negli incontri pubblici, in cui la diminuita partecipazione è costante, c’è qualche persona che vuole sapere di più, che pone domande, che pensa a soluzioni d’interesse pubblico, non ottiene risposte. Il processo politico di questa vicenda continuo a metterlo in relazione alle leggi regionali sullo sport e sull’urbanistica, recentemente approvate.
Mentre mi avvio a percorrere la pista ciclabile sui canaletti del Ravone e della Ghisiliera che ci ricordano la storia di Bologna città d’acque e guardo il paesaggio attorno a me, ripenso a questi scadenti processi politici.
Non sono contenta; provo un leggero miglioramento dell’umore solo guardando dalla parte dei Prati est e dell’ospedale, perché dall’altra il passante stradale sotto la rete ferroviaria, questa solo distrutta e poco rigenerata negli ultimi vent’anni (basta ricordare il Servizio Ferroviario Metropolitano, il People Mover la neo stazione che per ospitare l’alta velocità è andata a cercare l’acqua ed i resti di altre civiltà bolognesi del passato molto più moderne e competenti dell’attuale, come gli idraulici dell’anno Mille) mi riportano allo scempio costruttivo della zona del Lazzaretto e della Beverara. Contorsione alla bocca dello stomaco, sensazione che provo sempre più spesso spostandomi nella città e nelle zone suburbane: urbanizzazione, urbanizzazione… speculazione, speculazione… altro che rigenerazione.
Poi rimane l’inquinamento da traffico veicolare, oltre che da impianti di cogenerazione sempre più grandi e, come nel caso di Hera qui a fianco, costruiti su zone che forse non sono state neppure bonificate. La bonifica della zona Sabiem si aspetta da anni, ma ancora non è fatta. Nonostante ciò non si è riscritto il piano urbanistico deciso più di dieci anni fa e intanto si è fatto il nuovo POC per i Prati. La legge urbanistica ci fa credere che non ci sarà più consumo di suolo; però i costruttori avranno la mano libera appunto su questi piani già approvati, nessun controllo. Ultime leggi emanate da un’amministrazione eletta con il solo 37% degli aventi diritto.

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