La presenza di Stefano Mancuso nel gruppo di esperti chiamati dal sindaco di Bologna Lepore a ripensare il centro storico è un’ottima notizia. Nell’intervista che ha rilasciato a Repubblica dopo la nomina, Mancuso parla della necessità di raffreddare le città ricoprendole di alberi. E ricorda che nel 2022 la rivista Nature parlò dei decessi causati dalle ondate di calore, la maggior parte dei quali nelle città italiane dove la temperatura si è innalzata di oltre tre gradi. Mentre oggi è Copernicus ad ammonirci che il febbraio appena concluso è stato il più caldo di sempre nell’epoca moderna.
Tutti segnali che la vita nelle città sta diventando sempre più problematica a causa del riscaldamento globale e che, come spiega Mancuso, «solo gli alberi assorbono calore e abbassano la temperatura». Bisogna dunque «ricoprire la città di alberi» al punto che «occorrerebbe togliere le strade…che oggi sono pensate per le auto, mentre cento anni fa non era così». E se ne deriva che «dobbiamo imparare a cambiare prospettiva», il cambiamento culturale di cui parla è tanto più urgente quanto più sono evidenti gli effetti del cambiamento climatico sull’ambiente e sulla salute dei cittadini.
Proprio ispirandoci alla proposta lanciata anni fa da Mancuso, come Verdi-Europa Verde dell’Emilia-Romagna nel nostro programma elettorale delle regionali 2020 avevamo inserito l’obiettivo di quattro milioni e mezzo di nuovi alberi da piantare entro il mandato. Proposta accolta nel programma del centrosinistra e fatta propria dalla giunta guidata da Stefano Bonaccini che al progetto di piantumazione di nuovi 4,5 milioni di alberi ha dato il nome di “Mettiamo radici per il futuro”.
Oggi quindi fatico a non chiedermi se l’amministrazione comunale bolognese stia facendo davvero tutto il possibile, con coerenza, per cambiare prospettiva e per dare risposte alle preoccupazioni delle associazioni ambientaliste e dei numerosi comitati nati in questi anni per tutelare gli alberi che già ci sono in città, alberi che per le loro dimensioni offrono un’ombreggiatura e agiscono da sequestratori di anidride carbonica (il più diffuso gas a effetto serra) molto più efficacemente degli alberelli che andrebbero a sostituirli una volta che i “grandi vecchi” siano stati abbattuti.
L’ultimo nato di questi comitati si batte da mesi per la difesa del Parco Don Giovanni Bosco, una delle rare aree verdi rimaste in zona fiera, a pochi passi dalle torri della Regione e dal mio ufficio nell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna. Al suo interno il Parco custodisce la scuola media Besta, che il Comune ha deciso di demolire e ricostruire in un’area attigua, dove per fare posto al nuovo edificio verrebbero abbattuti oltre 40 alberi ad alto fusto e di età superiore ai 60 anni. Un’operazione inspiegabile in tempi di riscaldamento globale.
La battaglia del comitato di residenti, insegnanti e genitori degli alunni ha trovato fin dall’inizio il convinto supporto di Europa Verde-Verdi Bologna. Per me che attraverso il parco a piedi tutte le mattine per raggiungere l’ufficio dalla fermata dell’autobus è davvero impensabile non vederli più. La porzione del parco che si vorrebbe sacrificare è un giardino ricco di flora e di fauna, curato da anni da un’associazione di residenti, molto amato da studenti e insegnanti e anche dai dipendenti regionali che lo frequentano nella pausa pranzo.
La scuola attuale necessita sicuramente di essere riqualificata anche dal punto di vista dell’efficienza energetica. E su questo come Verdi non possiamo che essere d’accordo con il Comune. Ma allora perché non si persegue la strada della riqualificazione, come si è fatto per una scuola-gemella, le Guercino, lasciando in vita il bosco che la circonda? Besta e Guercino fanno parte di un pool di edifici scolastici realizzati dal Comune negli anni ’80 sulla base anche di un progetto pedagogico che ha introdotto un innovativo uso degli spazi interni ed esterni degli edifici, ripresi su riviste specializzate che hanno fatto letteralmente il giro del mondo. La nuova scuola costerebbe 18 milioni di euro, di cui solo 2milioni sono fondi del Pnrr, molto più di una riqualificazione dell’esistente. Inoltre, secondo il parere di insegnanti e pedagogisti, ripropone il ritorno a modelli standard del passato, che non favorirebbe l’adozione di metodi didattici alternativi alle tradizionali lezioni frontali.
Lo scorso 15 gennaio alla voce del comitato si è aggiunta quella di autorevoli esponenti della scienza, dell’Università e della cultura con un appello sottoscritto, tra gli altri, da Luca Mercalli, Vicenzo Balzani, Fiorella Belpoggi, Vittorio Marletto, Giovanni Dinelli, Jadranka Bentini, Paola Bonora, Paolo Pupillo, Leonardo Setti, Paolo Pileri. L’appello ribadisce che la salvaguardia di alberi e parchi urbani «è essenziale per contrastare il fenomeno dell’isola di calore urbano. Ogni spazio verde è importante in quanto in grado di influire sul microclima e migliorare la vivibilità di aree urbanizzate».
Sebbene sia un progetto di competenza comunale, da consigliera regionale non posso non osservare che cancellare aree verdi è in contrasto con principi e leggi regionali, a partire dall’articolo 3 dello Statuto della Regione Emilia-Romagna che afferma che la Regione promuove la qualità ambientale, la tutela delle specie e della biodiversità. Lo scorso 20 dicembre con il voto dell’Assemblea legislativa la Regione si è dotata di una legge specifica in materia di tutela degli alberi, denominata “Disciplina per la conservazione degli alberi monumentali e dei boschi vetusti”.
Nell’augurare buon lavoro a Stefano Mancuso, non posso che auspicare che l’obiettivo di ricoprire la città di alberi possa partire dalla salvaguardia di quelli sani esistenti. Come Verdi gli chiederemo un incontro per metterlo al corrente della vertenza aperta sul Parco Don Bosco (nomen omen!). Nel frattempo, noi Verdi di Bologna parteciperemo alla manifestazione di sabato 9 marzo con partenza da Piazza XX Settembre alle ore 14.30, per concludersi al Parco. Come esorta a fare Stefano Mancuso, di fronte all’accelerazione del cambiamento climatico, bisogna «imparare a cambiare prospettiva».
Questo articolo è stato pubblicato su Cantiere Bologna l’8 marzo 2024