Quelle costruite a Bologna dagli anni ‘60 agli anni ‘80 erano e sono tuttora all’avanguardia, frutto della stretta collaborazione tra docenti universitari di Scienze della Formazione, architetti consapevoli e politici attenti. Come è possibile che tutto questo sia stato di colpo svalutato e dequalificato in base alle sole considerazioni tecnico-energetiche?
Non ho mai insegnato alle Scuole Medie Besta, ma ho insegnato nella scuola bolognese per più di quarant’anni passando dal ciclo primario a quello secondario, dai ruoli di maestra, insegnante di sostegno, professoressa di Educazione fisica.
Ho sempre apprezzato la grande versatilità degli spazi degli edifici scolastici che ho frequentato come docente e che, costruiti a partire dagli anni ‘60, negli anni ‘80 e ‘90 erano ancora giovani: Monteveglio, Crespellano, Zola Predosa, Savignano sul Panaro, Calcara e poi in città, le scuole Saffi, le Monterumici, le Salvo d’Acquisto.
Gli edifici scolastici si trovavano sempre nei parchi o vicini a essi ed erano simili tra loro: grandi costruzioni, in maggioranza a piano terra, ogni aula con uno spazio esterno delimitato e con lo spazio interno modulabile con arredi mobili e capienti che potevano essere spostati per creare luoghi più raccolti, esterni alle aule, destinati a gruppi più o meno piccoli di alunni per attività di sostegno e/o approfondimento. In diverse scuole inoltre era previsto uno spazio circolare, con gradoni intorno, adatto per mostrare e condividere periodicamente i lavori tra le classi.
Visitando i famosi asili di Reggio Emilia mi sono poi resa conto che l’organizzazione degli spazi era simile, risultando in effetti ottimale per trascorrere un tempo quotidiano lungo in un ambiente accogliente e condiviso che permette di ricavare anche angoli più tranquilli e riservati.
La flessibilità d’uso di questi luoghi è incomparabile a quella delle scuole tradizionali, tipo “aule e corridoi” anche con l’aggiunta di spazi dedicati a laboratori “a tema”. Questi ultimi sempre pieni di materiali e attrezzature da tenere sotto chiave e prenotabili a orari predefiniti sono certamente utili per proporre specifiche attività, ma ben diversi sono gli spazi con tavoli e sedie a disposizione di chi, di volta in volta, a seconda dei giorni e delle situazioni – anche relazionali – da gestire, deve e può fare attività in gruppetti o anche in rapporto uno a uno.
Le nostre scuole di Bologna costruite dagli anni ‘60 agli anni ‘80 erano e sono tuttora all’avanguardia, le venivano a visitare pedagogisti e insegnanti da tutta Europa, dall’America e dal Giappone; sono nate dalla stretta collaborazione tra docenti universitari di Scienze della Formazione, architetti consapevoli e politici attenti. Sono il frutto di anni e anni di studio e di ricerca pedagogico-didattica di grande qualità, motivati dalla grande rivoluzione della Legge 517/1977 che, introducendo l’integrazione delle diversità nella scuola pubblica, prima esperienza al mondo, aveva abolito le classi differenziali per alunni svantaggiati, a favore di spazi orizzontali semplici e accessibili a tutti.
Come è possibile che tutto questo sia stato di colpo svalutato e dequalificato in base alle sole considerazioni tecnico-energetiche? Certo alle Besta, con le abbondanti piogge recenti ci sono state infiltrazioni di acqua ma molte scuole della Città Metropolitana hanno avuto lo stesso problema. Forse bisognerebbe domandarsi da quanti anni non venisse effettuata la manutenzione del tetto nonostante le continue segnalazioni dei dirigenti scolastici.
Date queste premesse e considerando la storia recente della nostra città, la soluzione di spostare le alunne e gli alunni delle scuole medie Besta, 11-13 anni, in un Istituto per i ragazzi adolescenti delle Superiori, il Polo Dinamico appunto, così chiamato proprio per ospitare gli studenti in attesa della ristrutturazione dei plessi scolastici di appartenenza, non può che essere evidentemente temporanea in quanto inappropriata dal punto di vista educativo.
A questo punto, si può dunque ipotizzare quanto annunciato proprio dal Sindaco a suo tempo, ovvero un percorso partecipativo tra cittadini e istituzioni con l’obiettivo di ristrutturare l’edificio delle scuole Besta, intrecciando le competenze e le motivazioni reciproche?
Anche alla luce degli attuali sconvolgimenti climatici con le loro conseguenze, siamo in grado di trasmettere alle giovani generazioni la prospettiva che le loro scuole possano essere ristrutturate, adeguandole dal punto di vista sismico ed energetico, cercando contemporaneamente di salvaguardare alberi, suolo e aree verdi adiacenti? È possibile cercare di risparmiare rispetto a costruzioni ex novo, con la seria intenzione di mantenere ciò che ne valga davvero la pena e consentire così l’accelerazione dei tempi nella riqualificazione dell’intero patrimonio scolastico della città?
E possiamo infine pensare di lasciare negli occhi delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi l’immagine e l’energia degli alberi e delle piante che li accompagnano sin da piccoli, e che in questo mondo di guerre e di insicurezze sono rimasti un riferimento su cui alzare lo sguardo quando riescono ad allontanare occhi e mente dagli schermi luminosi?
Questo articolo è stato pubblicato su Cantiere Bologna il 17 novembre 2024