Il consumo di suolo e l'impiantistica sportiva (terza parte)

11 Settembre 2017 /

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Stadio Dall'Ara
di Silvia R. Lolli
Riprendiamo l’analisi della legge sullo sport, sapendo che in termini politici dobbiamo far riferimento ad alcune situazioni. In Regione la delega allo sport non è stata assegnata a nessun assessore; è ancora in capo al Presidente Bonaccini. Il 30 maggio, alla conferenza stampa di presentazione della legge, così si esprimeva:

“Abbiamo voluto mettere lo sport al centro della nostra azione politica- afferma il presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini- perché è un elemento di forte coesione sociale. Abbiamo puntato sul rapporto con la salute per la promozione di corretti stili di vita e del benessere delle persone e sul rapporto con le comunità e i territori attraverso il sostegno agli enti locali per la realizzazione, la gestione e il miglioramento degli impianti sportivi, in modo da favorire la pratica sportiva per tutti. E ancora, puntiamo sulla scuola con un cambio di paradigma, per promuovere la pratica motoria a partire dalla primaria e, infine, sul turismo sportivo, con la promozione di eventi in grado di favorire l’attrattività dell’Emilia-Romagna. Sport e attività motoria anche per riportare i ragazzi a una realtà vera e meno virtuale, per crescere in gruppo, coi compagni di squadra, anche solo tornando a inseguire i sogni dietro un pallone in un prato verde o dentro un palazzetto di periferia. Il tutto- chiude il presidente della Regione- senza escludere nessuno. Per questo abbiamo praticamente inaugurato il mandato aumentando i fondi per lo sport e quest’anno metteremo 20 milioni di euro per l’impiantistica e gli spazi sportivi nell’ambito della programmazione dei Fondi europei per lo sviluppo e la coesione, per un investimento complessivo di 25 milioni di euro nell’ambito della legislatura”.


La scelta di mantenere lo sport ha senso se letta in termini elettorali e di immagine. Quanti incontri con atleti più o meno famosi sono stati fatti, con tanto di mass media al seguito dal nostro presidente? Quanti sono i cittadini che può raccogliere una polisportiva? Se poi indirizziamo lo sport verso l’economia turistica creiamo altre sinergie importanti. Certo il berlusconismo ha inciso nella pratica di tutti i politici.
Se il paradigma nuovo sviluppa finalità legislative di tipo economico e turistico ci pare normale ipotizzare una futura rincorsa degli enti locali a costruire impianti sportivi più o meno direttamente, anche assecondando le richieste di gruppi sportivi che organizzano grandi eventi. Attendiamo comunque le altre delibere regionali per sapere come saranno destinate le risorse per gli impianti: per nuove opere o per ristrutturare quelle precedenti?
Per ora dobbiamo basarci sugli artt.: 2 (funzioni della Regione), c. 1, punti f ed h; 3 (Programmazione regionale), c. 4, punti c ed e; 4 (funzioni dei comuni e degli altri enti locali) soprattutto c. 2 dove si scrive:

“2. Gli enti locali competenti, nell’esercizio delle proprie funzioni, improntano la propria programmazione alle esigenze di adeguata dotazione di impianti sportivi, di aree urbane e di spazi naturali da destinare alle attività motorie e sportive, assicurandone la valorizzazione;”

art. 10, c. 1, qui gli enti locali possono definire gli impianti sportivi di pubblica utilità e quindi accedere ai contributi. Il c. 2 dello stesso art. 10 è quello che ci preoccupa di più se passa la legge urbanistica in discussione, perché recita:

“2. L’approvazione del progetto, definitivo o esecutivo, per la costruzione da parte di enti pubblici degli impianti sportivi di cui al comma 1 comporta dichiarazione di pubblica utilità a condizione che l’opera sia conforme alla pianificazione urbanistica vigente o che la procedura di approvazione determini la relativa conformazione dei piani urbanistici. Tale effetto dichiarativo cessa di avere efficacia se le opere non hanno avuto inizio entro tre anni.”

Nel discorso di Bonaccini rileviamo che si parla di cambio di paradigma; esiste appunto nell’importanza che assume lo sport legato al turismo e al commercio. In questi giorni possiamo verificare meglio questo cambio, leggendo il nuovo servizio al quale sono stati destinati gli uffici dello sport, finora assegnati al servizio Cultura, Sport e Giovani: oggi invece fanno parte del Servizio Turismo, Commercio e Sport. Ciò è avvenuto evidentemente dopo la delibera per i contributi. Intanto quella sui finanziamenti per l’impiantistica sportiva (20 mln di euro) deve essere ancora deliberata.
Nel discorso di Bonaccini viene spiegato l’importante investimento che la Regione si appresta a fare per l’impiantistica sportiva, anche con i contributi europei. Il fatto ci pare importante e dovrebbe essere monitorato, molto di più di quello che succede, dai mass media, dall’opposizione politica e dagli stessi cittadini che si dovrebbero sentire responsabilizzati di questo enorme investimento pubblico, che, in base alla legge, potrà essere alloccato nei fondi di garanzia o nei consorzi fidi da costituire (art.2, c. 1, punto h della legge).
Questa contabilità sembra ormai una consuetudine della nostra politica; noi siamo sempre state diffidenti nei confronti di queste sovrastrutture pubbliche o semi pubbliche che in fondo creano solo marchingegni contabili, spesso in perdita, ma che hanno il compito di accogliere, nei vari consigli di amministrazione, ex eletti.
In questa situazione dobbiamo osservare come si muove lo sport in Italia. Sono continui gli appoggi politici in una melassa in cui c’è spesso pochissima distinzione fra sport professionistico e dilettantistico: le società sportive si confondono, le leghe sottostanno ancora alle federazioni sportive, gli arbitri sono ancora definiti dilettanti, nonostante negli incontri di serie A o in quelli internazionali siano lautamente pagati.
Poi c’è lo sport denominato sociale, quello delle attività di propaganda sportiva e più sociale, ma anche qui la professionalità si confonde con il volontariato, anche a causa di leggi particolari rispetto all’altro volontariato. In tutto ciò miriadi di società, di associazioni che propongono tantissimi corsi sportivi e che costruiscono un sistema troppo frammentato, autoreferenziale, ma richiedente sempre più spazi per incentivare il proprio orticello. Soprattutto in un momento di crisi, lo sport chiede che si mantenga tutto uguale a prima: incentivi e contributi continui al sistema, leggi a favore; ricordiamo solo nel 2000 perse molti dei vantaggi economici del Totocalcio.
Quando abbiamo letto la proposta di legge avevamo cercato di porre questioni importanti per evitare che passassero elementi che stravolgessero sia la visione “welfaristica” dello sport, sia l’aumento della speculazione per nuovi impianti che i singoli comuni potranno costruire in deroga a qualsiasi norma urbanistica e comunque se passerà così come proposta la nuova legge urbanistica non ci sarà più nulla in contrario.
Avevamo cercato di sottolineare la falsa preoccupazione che si leggeva per lo sport scolastico, nominato, ma poi lasciato nell’articolato per ultimo, oppure vassallo del mondo sportivo, definito sempre con il termine di volontario o dilettante. Qualcosa si è variato però l’approvazione è avvenuta in fretta, nessuna discussione pubblica, solo le varie associazioni interessate vi hanno preso parte affinché nel testo potessero rimanere elementi per assicurare a loro negli anni i contributi regionali e la possibilità di gestire direttamente gli impianti.
Ora anche il nuovo servizio regionale che si occuperà di sport porterà ad una rilettura del significato di sport sociale e quindi educativo. La nuova organizzazione del servizio fra l’altro ci sembra lontana dall’organizzazione europea; qui lo sport è assegnato alla Direzione Generale Istruzione, gioventù, sport e cultura. Sottolineiamo che anche rispetto all’assegnazione del servizio regionale precedente in UE c’è un collegamento importante e diretto all’istruzione, intesa nel suo significato primario che è l’attività scolastica con gli insegnanti e non altri tecnici.
Questo sarebbe stato un vero cambiamento di paradigma per la nostra regione e per l’Italia. Continuiamo a leggere il cambiamento verso il settore turistico nella delibera della Giunta Regionale del 21 giugno 2017, n. 895; si richiama l’art. 1 della legge e, accanto agli obiettivi di politica sportiva usuali, la funzione sociale della pratica motoria i più collegati agli aspetti di welfare, si parla degli aspetti turistici ed economici:

“- l’art. 1 che, nel definire gli obiettivi della politica sportiva regionale, riconosce la funzione sociale della pratica motorio sportiva come strumento per la realizzazione del diritto alla salute e al benessere psico-fisico delle persone, il miglioramento di stili di vita, lo sviluppo delle relazioni e dell’inclusione sociale, la formazione dell’individuo, la promozione delle pari opportunità, nonché della valorizzazione sociale ed economica del territorio e, a tal fine, prevede l’attivazione di interventi finalizzati ad incentivarne la più ampia diffusione fra tutti i cittadini valorizzando, in particolare, le iniziative che promuovano l’integrazione delle politiche sportive con quelle turistiche, culturali ed economiche;”

Più sotto leggiamo:

Richiamato il “Documento di Economia e Finanza Regionale – DEFR 2017”, approvato con Deliberazione Assembleare n. 93 del 27/09/2016, che in materia di politiche per lo sport, fra l’altro, prevede quali azioni:

  • l’incentivazione delle attività che contribuiscono alla promozione del territorio attraverso il sostegno alla realizzazione di manifestazioni sportive di particolare valenza di carattere nazionale o internazionale e di eventi sportivi di interesse regionale in linea con gli obiettivi strategici regionali;
  • il sostegno dello sport di base attraverso le Associazioni Sportive Dilettantistiche e per promuovere eventi significativi per importanza, presenze e indotto di marketing territoriale e comunale;
  • il sostegno a progetti finalizzati al mantenimento psico-fisico della salute attraverso l’attività motoria e lo sport;
  • di favorire l’incremento del numero delle persone che praticano l’attività motoria e sportiva, in particolare dei ragazzi, attraverso interventi intersettoriali da realizzare con gli Enti locali, le associazioni che operano senza fini di lucro, gli operatori del settore;
  • la promozione di ulteriori forme di collaborazione e accordi con l’Associazionismo sportivo maggiormente rappresentativo sul territorio regionale per la realizzazione di obiettivi comuni di promozione della pratica sportiva;

Continuiamo a rilevare l’interesse per la promozione e la valorizzazione del territorio, anche per attività nazionali ed internazionali. Questa delibera assegnerà contributi per l’anno 2017 per un totale di € 1.750.000,00. La parte per il sostegno e la promozione dello sport di base e sociale, che può offrire la garanzia del mantenimento della salute, viene incentivata soprattutto attraverso le Associazioni Sportive Dilettantistiche. Il sistema sportivo scolastico può concorrere, ma ancora in modo indiretto.
Infatti all’art. 5, c. 2, punto b) vengono riconosciute come soggetti beneficiari dei contributi regionali, “le istituzioni scolastiche riconosciute dal competente ministero”. Rispetto al punto h) del c. 4 dell’art. 1 potremmo ancora sperare:

“h) promuove la diffusione delle attività sportive nelle scuole, sostenendo la cultura dell’attività motoria e ricreativa in accordo con le istituzioni scolastiche e gli enti locali, anche incentivando il rapporto con le associazioni e le società sportive dilettantistiche del territorio”.

Tuttavia con tutti questi fatti e dalle premesse di legge, non crediamo che si investiranno risorse sull’impiantistica scolastica che dovrebbe essere almeno ristrutturata, se non costruita ex novo ed in modo idoneo alle esigenze attuali; però le scuole sono scarse portatrici di voti elettorali. Aspettiamo novità, ma dalle nostre esperienze ipotizziamo una delusione. Speriamo almeno che si indirizzino molti investimenti per la manutenzione e il miglioramento di molti impianti sportivi, per esempio per valorizzare una sostenibilità ambientale e di quelli che sono a carico maggiormente del sociale e non del settore professionistico o economico.
C’è da rilevare che siamo rimasti indietro nel dotare gli impianti pubblici di un’energia più sostenibile; a Bologna poco o nulla si è fatto per il solare termico per esempio. Forse l’aver assegnato in questi ultimi trent’anni le palestre alle varie organizzazioni sportive “dilettantistiche” ha reso più poveri gli stessi enti pubblici per la valorizzazione dei propri impianti?
Sembra che comunque si continui con queste logiche. Abbiamo recentemente letto che la piscina del comune di Castenaso non sarà un intervento pubblico diretto, ma la progettazione viene affidata all’ente AICS; sul tema abbiamo letto un’intervista a Dalle Nogare, ex assessore del comune di Bologna ed ora dirigente AICS. Oggi rivela che il progetto per la nuova piscina di Castenaso sarà proposto a breve. Forse aspetta la delibera regionale per concorrere ai finanziamenti? Ricordiamo che la decennale e perdente (in termini economici) vicenda della piscina ex scoperta dello stadio comunale di Bologna fa sempre parte del più grande cambio di paradigma per la politica sportiva effettuato dal comune di Bologna tanti anni fa. Si cominciò a dare in gestione infatti le corsie delle piscine e il comune dismise a poco a poco le sue maestranze. Si diede il via in Italia ad un cambiamento anche del lavoro e delle professioni all’interno delle piscine: gli istruttori dovevano avere anche il brevetto per il salvamento, perché non esistevano più i “bagnini” comunali.
Tra l’altro fu proprio Dalle Nogare a proporre la gestione delle corsie degli impianti comunali bolognesi a tre enti: UISP, CSI e AICS appunto. Oggi, dal recente accordo sugli impianti natatori e dopo la conclusione in perdita per il pubblico delle vicende della piscina ex scoperta dello Stadio, la spartizione è stata fatta fra più soggetti esterni, in una logica solo politica, anzi partitica.
Da anni siamo sicuri che il patrimonio sportivo pubblico si sia depauperato, non solo per le poche risorse messe in campo dal Comune per gestire un patrimonio cospicuo, ma soprattutto per una delega con poco controllo sulle manutenzioni ordinarie dei vari soggetti. Se il comune non ha più la capacità di gestire il proprio patrimonio sportivo proponiamo da anni che decida quanti impianti può mantenere pubblici e gli altri li può vendere all’associazionismo, cioè al privato.
Sugli impianti pubblici basta aprire un concorso pubblico, anche per soli titoli ed affidare ad un direttore di centro la gestione. A nostro parere il direttore competente è in grado di far risultare, anche per l’impianto pubblico, un bilancio forse positivo, ma certamente riuscirebbe a raggiungere il pareggio di bilancio.
Invece esiste questa melassa, in cui spesso associazioni sportive ormai abbastanza grandi, gestiscono in modo pressoché privatistico grossi impianti sportivi e lo fanno con una continuità (ricordiamo le convenzioni sempre più lunghe, 25 anni nella media) che le fa quasi avere un’usucapione su suolo e all’interno di impianti pur sempre pubblici. Continueremo questo esame, anche per capire meglio quali ripercussioni può avere l’impiantistica sportiva sull’urbanistica più generale, esaminando qualche esempio.

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