Città 30, saper governare è saper informare

di Pier Giorgio Ardeni /
29 Gennaio 2024 /

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Com’era prevedibile si è fatto un gran parlare dei nuovi limiti di velocità imposti dall’Amministrazione comunale di Bologna.
Aldilà del merito, però, anche in questa occasione la misura non è stata presentata con la corretta e piena dovizia di informazioni che avrebbe dovuto accompagnarla. Perché saper governare è anche e prima di tutto saper informare, così da rendere i cittadini edotti di quanto si va loro imponendo.

Si è detto che limitare la velocità di scorrimento di ogni veicolo ai 30 km/h garantirà una maggiore sicurezza tanto per i veicoli che per i pedoni, e tanto deve bastare (è intuitivo, no? Che bisogno c’è di giustificare?). Bologna farà ciò che altre città in Europa già fanno (non sulle multe, però, come ha sottolineato Giampiero Moscato LINK). Poi, certo, si conviene che il traffico è già molto lento, i veicoli a motore provocano inquinamento ed emissione di gas climalteranti, ma ciò sarà più che compensato dal guadagno che ne verrà in termini di sicurezza: velocità più basse, meno incidenti, meno morti e feriti, meno costi. Di che discutere, quindi?

Il fatto è che questi atteggiamenti paternalistici da parte dell’autorità non pagano se non sono accompagnati da informazioni a supporto, perché il malcontento che le misure provocano per i loro effetti indesiderati – traffico più lento, incluso quello dei mezzi pubblici, maggiori costi di trasporto, etc. – non lo si placa dicendo «si abitueranno» (come quelli che dicono «i bolognesi protestarono quando fu vietato parcheggiare in piazza Maggiore, poi hanno apprezzato»).

Si muore tanto a Bologna? È la velocità la causa principale? Vi sono così tanti incidenti da indurre l’applicazione di una misura siffatta? I dati disponibili sugli incidenti a Bologna, distinti per tipo di veicolo, non consentono di stabilire se sia la velocità a causarli (o, per esempio, la distrazione, o l‘ubriachezza, o quant’altro).

Secondo i dati dell’ufficio statistico metropolitano, nel Comune di Bologna nel 2022 vi sono stati 2.120 incidenti stradali (in aumento sul 2021, ma erano stati di più nel 2011), con 2.700 feriti e 23 morti (il massimo recente nel 2018, 25, e nel 2010, 28). Gli incidenti hanno coinvolto 95 ciclomotori (280 negli ultimi 3 anni) e 449 biciclette e monopattini (in aumento, erano meno di 300 fino al 2019), ovvero 1.102 negli ultimi 3 anni. Nella sola Bologna si sono avuti 412 feriti su 495 biciclette, 56 bici elettriche e 91 monopattini (in aumento rispetto agli anni precedenti) e 93 feriti su ciclomotore. I morti su bicicletta o monopattino sono stati due nel 2022, uno nel 2021, tre nel 2020 (zero i morti su ciclomotore). Sette i morti su auto (e 946 feriti), undici quelli su moto (e 715 feriti). I dati per il 2023 a Bologna coprono solo i primi sei mesi: 973 incidenti stradali, con 1258 feriti e 7 morti; 164 feriti su bicicletta e monopattino (e nessun morto). Nel 2022, inoltre, a Bologna sono stati feriti 343 pedoni e due sono morti. Tra le città metropolitane, Bologna è la terza per tasso di incidentalità e tasso di mortalità (dopo Venezia e Firenze), ma è penultima per percentuale di pedoni morti sul totale dei morti da incidente. Cosa causa quegli incidenti, però, non è noto.

Saper governare voleva dire fare un’accurata ricognizione delle strade della città, rilevare dove e perché avvengono incidenti, quali veicoli sono coinvolti, quanti eventuali feriti o morti. In quanti casi la velocità è tra le cause? Quale la velocità media rilevata o stimata negli incidenti? Questo sarebbe stato un modo di preparare la misura, dicendo ai cittadini: «vedete, gli incidenti a Bologna avvengono soprattutto in questi specifiche strade, a causa della velocità eccessiva in quei tratti». O qualcosa di simile. Può anche darsi che con il limite dei 30 all’ora imposto sul 90% delle strade entro la cerchia della tangenziale ci saranno meno incidenti, ma non è detto, visto che potrebbero essere (in generale) dovuti ad altre ragioni. Una misura difesa solo sulla base del “senso comune” e senza evidenza a supporto può rilevarsi a impatto nullo.

Saper governare avrebbe fatto accompagnare la misura con un aumento delle corsie preferenziali per bus e taxi e, soprattutto, un aumento vistoso del trasporto pubblico. Perché, allora, non approntare contestualmente più corse degli autobus e più corsie preferenziali? Già ora Bologna, secondo le ultime rilevazioni di cui hanno parlato siti e giornali, è città lenta (la media nelle ore di punta è 32 km/h, contro i 17 di Milano, i 19 di Roma e i 27 di Napoli). Se si vuole che il traffico divenga più fluido e più “sicuro”, è il numero di auto in circolazione che deve diminuire.

Ridurre la velocità massima consentita senza potenziare il trasporto pubblico – disincentivando l’uso del mezzo privato – e senza modificare l’assetto di strade, marciapiedi, corsie preferenziali e ciclovie produrrà solo un aumento della congestione stradale. Ci eravamo convinti che un traffico congestionato non è una buona cosa, che renderlo più lento è solo un costo e serve solo ad aumentare l’inquinamento. Vorrà forse il Comune mostrare che ciò non è, dati alla mano? Ci informerà che la riduzione della velocità produrrà un calo del numero di incidenti e nessun aumento del congestionamento e dell’inquinamento?

Tutto questo, poi, appare in vistosa contraddizione con l’idea di portare a 18 corse l’attuale tangenziale + autostrada. Centinaia di migliaia di auto, furgoni e camion entreranno e usciranno da quel serpente stradale per riversarsi sulla città interna, con un traffico reso ancora più lento.

Tant’è. Tutti presi dall’acceso dibattito sulla “Città 30”, abbiamo così messo da parte altre vergogne in corso, come i tagli indiscriminati di alberi (non solo al parco Besta), il continuato consumo di suolo con ulteriori urbanizzazioni e altre amenità. Una distrazione di massa per una misura che forse non produrrà nulla.

Questo articolo è stato pubblicato su Cantiere Bologna il 28 gennaio 2024

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