È una complicata e triste vicenda politica quella delle scuole Besta ubicate al parco Don Bosco vicino al quartiere fieristico e sede della regione Emilia-Romagna a Bologna. È una delle tante che indica una democrazia attiva e passiva in crisi profonda. Mi aspetto sempre meno votanti alle prossime urne e comunque una dispersione di voti, soprattutto a sinistra, in un momento in cui l’Europa, pensata al confino durante la Seconda guerra mondiale, avrebbe bisogno di elettorati e eletti molto più consapevoli dei valori democratici. Un’Europa in crisi storicamente già si è visto porta solo a guerre mondiali.
Anche sabato 6 aprile 2024 al parco Don Bosco di Bologna, dove si è tenuta un’assemblea promossa dal comitato che si oppone alla costruzione delle scuole medie Besta con associazioni, gruppi, altri comitati bolognesi, ho avuto conferma della poca voglia di partecipazione elettorali future da parte di persone adulte e/o anziane. Solito refrain: tanto una volta eletti sono tutti uguali. Chissà se richiamare gli artt. 1 e 48 della Costituzione potrà essere utile?
L’assemblea si è tenuta nella parte di un parco in via di distruzione fra i resti spezzati di 6 alberi di oltre 60 anni già tagliati nei giorni scorsi, oggi diventati sedute per gli astanti. Sugli altri altissimi, ancora in piedi, il comitato ha costruito alcune case; fuori, sulla strada, asfalto mezzo divelto, causa gli scavi per il tram. Solita vista che da anni si vede lungo la Via Emilia ovest, Borgo Panigale, Ospedale Maggiore, Porta S. Felice. Anche qui grossi alberi tolti e stanno comparendo in mezzo a spazi già asfaltati striminziti tronchi inseriti in piccolissime aiuole. Copriranno il verde reale o solo un po’ quello percepito e per l’imminente e prossime estati certamente il caldo percepito, fra grandissimi cantieri con gru in zone un tempo agricole, anche se dismesse?
A poca distanza da qui, per esempio, altri recenti “disboscamenti attorno alla tangenziale: la tanto decantata fascia boscata dov’è? Qualcuno la ricorda? In programma è la solita colata di asfalto e cemento, vedi passante, o nuovi impianti sportivi, perché un luogo votato agli spettacoli deve pur avere grandi impianti e grandi eventi.
Il portavoce del comitato in apertura assembleare ha sottolineato il valore delle parole, soprattutto rivolgendosi ai giornalisti presenti, perché la “piccola rivoluzione” che da qualche mese stanno portando avanti non può essere considerata una “strumentalizzazione” e non c’è alcun “barricamento”, ma la voglia di avere e dare informazioni complete su opere pubbliche che possono essere migliorate con altri interventi e meno costosi. Una mia domanda: perché l’abbattimento di grandi alberi non viene mai letto dai politici come un elevato costo per la comunità? Chi è intervenuto comprende bene questo disvalore; è una differenza che dovrebbe essere colmata oggi.
Ci si può chiedere inoltre perché soldi pubblici vengano spesi sempre e solo con una visione unica, eliminando quel poco di sostenibilità ambientale che potrebbe ancora esistere su questo territorio in cui i cambiamenti climatici e la disgregazione della biodiversità hanno già inciso notevolmente sui problemi ambientali di Bologna, come hanno ricordato i rappresentanti di molte associazioni invitate: WWF, Legambiente Extinction Rebellion, FFF, comitato ecologisti e anticapitalisti…
Anche il manifesto in rete è stato invitato e ho partecipato, spiegando però le funzioni dell’associazione e del blog: dare informazioni; del resto, l’intervento iniziale dell’architetta Fioretta Gualdi lo ha confermato, perché la storia della costruzione delle scuole con la descrizione delle novità architettoniche è stata pubblicata dal blog mesi fa. La scuola Besta è l’ultima fra quelle costruite dopo il 1985, anno di svolta per il piano di edilizia scolastica che portò, assieme ad una didattica innovativa (febbraio pedagogico), allo sviluppo del tempo pieno e delle scuole d’infanzia e materna. Il Comune di Bologna ampliò un’offerta formativa qualificata con servizi ed impiantistica scolastica importante. Le Besta, come le altre scuole medie costruite permisero le didattiche laboratoriali, con spazi adeguati ampi e progettualità che prevedevano già aule, anti aule, collegamenti con spazi esterni…Dalle sue rilevazioni basterebbero interventi meno costosi ed impattivi sul verde esterno, perché sono già state sottoposte a verifiche per la vulnerabilità sismica nel 2023, mentre di una verifica effettuata nel 2020 non si sa nulla, ma per la qualità costruttiva di allora sarebbero sufficienti interventi meno costosi. Interessante è la profondità dell’involucro alla base del pavimento delle scuole; forse oggi non trovano le stesse esecuzioni fatte a “regola d’arte” e nonostante si possa contare su materiali nuovi e certamente migliori. Basterebbe controllare le differenze tra edifici costruiti allora e quelli odierni, soprattutto i pubblici, realizzati spesso al massimo ribasso e con maestranze non troppo esperte. La differenza di costi fra una ristrutturazione, comprensiva di ascensori, del fotovoltaico, e la progettazione e realizzazione nuova è di parecchi milioni di euro, senza contare la perdita di un patrimonio arboreo che produce notevoli quantità di ossigeno, invece che anidride carbonica come fanno e per alcuni anni i piccoli alberi piantati al posto di quelli vecchi, sempre che il cambiamento climatico permetta a loro di vivere.
Non si capisce perché le progettazioni di queste scuole eseguite negli anni Ottanta/Novanta siano ritenute superate. Non soddisfano più la didattica odierna? I bisogni, come ho spiegato nel mio intervento, fatto a titolo personale, però ci appaiono gli stessi di allora; hanno già trovato i loro spazi, più o meno ampi in questi “vecchi” edifici. Fra l’altro non avendo più il tempo pieno, la stessa quantità di mense nelle medie, e una didattica che sta ritornando classista e tradizionale, non si capisce perché questo modello non vada più bene.
C’è poi da anni una demografia nel bacino di Bologna in calo (nessuno ha accennato a questo elemento), quindi il bisogno di scuole non ha la stessa urgenza degli anni Settanta; è veramente la priorità per il nostro territorio?
Rimane costante il consumo di un territorio sempre più ammalato, di conseguenza anche la società lo sta diventando, come scriveva anche la Montessori. Disagi si sommano a disagi, un luogo abitato, Bologna (è ormai solo un luogo attraversato, infatti si parla di “passante”, e consumato), non è più una città. La mancanza di alberi veri, che non possono impunemente essere sostituibili da quelli più piccoli o da aiuole di abbellimento, provoca appunto i tanti disagi; del resto, il cervello può funzionare soltanto con l’ossigeno!
Riprendendo il tema delle parole, anche da utilizzare bene da parte dei giornalisti, la richiesta di non usare più strumentalizzazione e barricata, e magari facilitare la “coscienza collettiva”, che io avevo già indicato nella “partecipazione” reale, cioè non quella limitata in confini già predeterminati, anche delle commissioni di quartieri. Altre parole per intendersi nel modo migliore, senza nascondimenti in progettualità che provocano i cambiamenti urbanistici in atto sono: “bosco urbano” che è considerato alla stregua di un “parco” e “area scolastica” come vengono definiti oggi dall’amministrazione gli spazi attorno alle scuole, proprio come le Besta, le Volta, le Dozza, le Farini… invece di parchi scolastici come erano nati, ampi e senza confini quindi con funzioni di parchi pubblici e che ci portavano diritti verso le strutture scolastiche internazionali.
Il parco è difficilmente costruibile, l’area scolastica la possiamo costruire con altre scuole o con ampliamenti di quelle vecchie, a scapito appunto di una zona ampia adibita soltanto a didattica-educazione outdoor, termine oggi di moda, un tempo definita didattica-educazione all’aperto. Questa già conosciuta dalle nostre parti da più di un secolo fra l’altro può venir letta nel significato di una scuola aperta al territorio. Termino questo breve report con l’annotazione di fondo che ho portato, sempre a titolo personale e che riguarda appunto la differenza fra scuola aperta al territorio e scuola nella quale il territorio entra nella scuola con le varie realtà associative, cooperative…Si tratta a livello sociologico della differenza fra la visione di una scuola policentrica e di una scuola integrata. Qui si è giocata proprio negli anni Novanta e si sta sempre più giocando una partita da leggersi anche in termini costituzionali: la privatizzazione della scuola che non è solo nella distinzione fra paritarie e statali, ma nell’invasione di progetti da parte di vari enti che entrano nelle scuole ormai anche nelle ore curricolari.
Per quelle extracurricolari il Comune di Bologna sta proponendo l’apertura pomeridiana, appunto non con l’estensione di tempo prolungato, svolto da insegnanti abilitati, ma di spazi lasciati alla sussidiarietà dell’extrascuola del territorio. Saranno specificate le qualifiche di chi sarà insegnante? Saranno valutati ed in che modo questi interventi?
La domanda, quanto spenderemo non la farò, perché nell’ultraliberismo odierno mi si continuerà a dire che lo Stato o il Comune spenderà meno. Sarà, ma i disagi dei giovani li vediamo tutti i giorni; tuttavia, la domanda se c’è qualche causa dovuta anche alla poca autorevolezza (competenze e saper essere) di chi educa non si fa mai.
Infine, una nota finale purtroppo per me molto stonata di questo pomeriggio di confronti con richiesta di supporto alle istanze del comitato. Intanto dalle mie esperienze nei vari comitati, associazioni non si capisce spesso se chi interviene lo fa a titolo personale o del gruppo, oppure se si nasconde dietro a partiti più o meno definiti, per battaglie elettorali poco trasparenti.
Le parole contano sempre ed aver definito, in uno degli ultimi interventi, l’attuale sindaco di Bologna un fascista, mi ha veramente disturbato; il disturbo maggiore è stato quando non è avvenuta, da parte del comitato, una presa di posizione, anche solo una sottolineatura per un termine sbagliato e alla fine di uno scambio di opinioni e conoscenze svolto con la massima obiettività e con toni pacati. Personalmente critico, pur se poco ascoltata, ma sempre educatamente e con l’intenzione di dare idee costruttive, come molti altri interventi hanno fatto. Si deve dare sempre il giusto peso alle parole che si usano, soprattutto in un momento in cui i disagi si fanno più forti, forse non solo per l’inquinamento ambientale, ma pure linguistico che fa abbassare i livelli qualitativi delle persone. Purtroppo, è l’incapacità al dialogo, alla discussione del mondo attuale in cui prevale sempre di più il solo pensiero unico ed una visione che si fa al massimo binaria; l’arcobaleno dei costituenti non è solo per la pace.
Immagine di copertina, pagina Facebook Comitato Besta