Riflessioni inutili di un sessantottino

19 Novembre 2019 /

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di Loris Campetti
Strette l’una all’altra, proprio come sardine compresse in una scatola di latta ma una volta che riescono a venirne fuori si espandono, conquistano spazio vitale alla respirazione come a voler prendere la parola. Si dice muti come pesci, ma che vuol dire, che i pesci non comunicano? Falso, possono farlo e lo fanno anche se per noi una sardina è una sardina, dunque muta, buona solo per saziare i nostri appetiti quando abbiamo fame. Se poi, una volta uscite dalla scatola si riuniscono ad altre loro compagne fuoriuscite da altre scatole fino a diventare branco, finiscono per non distinguersi, più e di nuovo come quando erano compresse in una prigione di latta.
Fino a stringersi l’una all’altra occupando Piazza Grande. Fantastica metafora: di qua la politica nelle sue forme date e franate già nel secolo scorso, di là le sardine che ritrovano la parola. Non è la prima metafora ittica che accompagna il nostro difficile passaggio politico: Beppe Grillo prometteva di aprire il Parlamento come una scatola di tonno, ma in quel caso il pesce era nemico, merce spappolata e scaduta, da buttare. E dire che Grillo era amico di Stefano Benni, il comico spaventato guerriero che con una boutade geniale aveva trovato il modo per salvare dalle critiche feroci dei lettori intransigenti il manifesto quando il quotidiano comunista per la prima volta si era aperto alla pubblicità commerciale: “Riomare, il tonno extraparlamentare”.
Ho sentito compagni movimentisti esultare per il ritorno delle pure soggettività liberate dai vincoli della politica data, fino a prendere tutto per buono, perché tutto il mondo sta esplodendo, l’America latina sta combattendo e via lottando, da Hong Kong a Barcellona dove la catena non funziona. Senza neanche chiedersi che pesci ci sono nelle scatolette, tonno a gilet gialli, sardine bolognesi, mazzancolle alla catalana, sushi con alghe coloniali, centolla di Puerto Williams. Purché respiri, e lotti.
Al contrario, ho sentito compagni preoccupati per il carattere non politico dei movimenti, forse prepolitico, ma senza una visione globale della città futura. Stati d’animo, adesso serve la politica, non quella dei partiti dati, certo, ma di quelli futuri che non ci sono ancora però… Aspettando Godot, guardiamo in tv le sardine (e magari prepariamo a mangiarcele se non muoiono prima di asfissia, ammucchiate come sono). Una sola cosa unisce tutti i pesci oggi in movimento: il mare in cui nuotano, segnato dal fallimento dei socialismi e dei capitalismi realizzati.
Già negli anni Settanta si discuteva della crisi della forma partito e ci si interrogava (senza risultati apprezzabili) su come sostituirla. Quante volte i partiti hanno fagocitato i movimenti uccidendoli, quante volte i movimenti si sono fatti partitini suicidandosi. Prima che le sardine strette l’una all’altra inizino a distinguersi e prendere le distanze tra loro, in una fase storica segnata dalla frantumazione, dalla corporativizzazione, dagli egoismi, lasciamole nuotare libere senza cercare di rimetterle in un’altra scatola di latta, magari più grande e politically correct. Proviamo a nuotare anche noi. Abbiamo la memoria che non può essere ridotta a una catena, abbiamo una cultura politica che non va agitata come una sura coranica, mettiamoci a disposizione. Insegnando e, soprattutto dati i tanti insuccessi che hanno accompagnato i nostri non molti ma importanti successi, cercando di imparare.
Il vento soffia dove vuole, forse il destino è segnato anche nell’Emilia rossa, e forse no. Ma senza le sardine Piazza Grande sarebbe sicuramente invasa dagli squali.

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