Matera 2019: un maestro elementare in difesa dei libri e dell'uguaglianza della cultura

4 Maggio 2019 /

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di Michele Fumagallo
C’è un modo del tutto commovente di promulgare la cultura ed è quella che porta avanti da ormai tanti anni (venti) il lucano Antonio La Cava, con il suo bibliomotocarro. Duecentomila chilometri e tantissimi paesi attraversati non solo per diffondere il libro e la cultura (ci sono anche corsi di animazione, cinema, scrittura) ma anche per aiutare i bambini a scrivere, a riempire i libri bianchi che lui porta in dono ai fanciulli. “Sono straordinari strumenti che aiutano i bambini ad esprimersi – dice Antonio – , a uscire dalla solitudine. Io lo dico da sempre: attenti alla solitudine dei bambini”.
I suoi viaggi con l’Ape Car, trasformato in casetta ambulante piena di libri in continuo ricambio di titoli, sono diventati un mito ovunque. Antonio si rivolge perlopiù ai bambini e soprattutto a quelli dei paesi più emarginati. Il suo lavoro è encomiabile, intrigante, pregno di futuro (niente risate, per piacere). È proprio lui a usare, infatti, il termine “post moderno” per il suo lavoro di divulgatore della cultura libraria. Certo, ha scelto un metodo di divulgazione “antico”, come si faceva nel dopoguerra con i giri nei paesi lucani dei bibliobus di Adriano Olivetti, allora impegnato in agro materano a mettere in piedi interventi di avanguardia dopo lo sfollamento dei Sassi.
Ma è la ripresa del meglio del passato per andare nel futuro. Per questo il termine “post moderno”, che lui usa con ironia, dà l’idea di ciò che può avvenire se solo si imboccasse la strada del contatto diretto tra mezzi della cultura e popolazione, soprattutto naturalmente quella più povera e emarginata. Del resto, non si dice in continuazione che si legge poco in Italia e soprattutto al Sud? E allora da dove può venire una ripresa della lettura e della cultura se non dal mondo povero e emarginato? Dove, se non lì, si può dimostrare l’idea rivoluzionaria, in cima ai suoi pensieri, che “il libro serve ogni giorno”?
Antonio La Cava l’ha capito e continua imperterrito nel suo lavoro e nei suoi viaggi. In un colloquio che ho avuto nel gennaio scorso Antonio, maestro in pensione di Ferrandina (provincia di Matera), la mette così: “I miei genitori mi assegnarono un compito: tu hai avuto la fortuna di andare a scuola, allora devi restituire qualcosa alla società. Ecco, ritengo che quella del bibliomotocarro è la risposta ai miei genitori”.
Ma qui, in questa rubrica, ci interessa anche capire come una persona come lui interagisca con la kermesse di “Matera 2019”. Antonio non ha polemiche da imbastire e si considera anche un messaggero di Matera e della Basilicata in questo anno di festa. Ma la cosa che fa capire sommessamente è che la sua strada è del tutto diversa da quella scelta dagli organizzatori della kermesse anche se mantiene scambi e buoni rapporti.
Insomma a me pare che ci sia nei fatti una divaricazione sugli intenti e contenuti della cultura e della sua diffusione. Una sorta di “agire parallelo”: dove gli uni raccolgono (opportunisticamente) sotto le proprie ali qualsiasi cosa si muova e l’altro (Antonio) cammina saggiamente per la sua strada che non finisce certamente alla fine di quest’anno. Praticamente una lezione che il piccolo Davide dà al gigante Golia. Perché questo maestro ha la saggezza dei tempi lunghi e la scelta dei soggetti più adatti al progresso (culturale) di domani.

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