di Michele Fumagallo
Mentre si commemora a Montescaglioso il bracciante Giuseppe Novello ucciso 70 anni fa dalla repressione anticontadina del dopoguerra (“E’ caduto Novello sulla strada all’alba” cantava Scotellaro), diamo qualche scampolo di notizia verso la fine di questo anno di capitale della cultura. Il 20 c’è il concerto finale alla Cava del Sole mentre va ricordato proprio in chiusura che alcune mostre si potranno vedere fino ai primi mesi del 2020, tra cui quella di Maria Lai e Antonio Marras appena inaugurata a Palazzo Lanfranchi.
Ma le due notizie che risaltano in questo scorcio di fine anno sono più importanti e non a caso dedicate a strutture stabili che sono sempre l’ossatura di un vero progresso. Riguardano due opere di diverso impatto che però arricchiranno (dovrebbero, perché dipende sempre dal loro funzionamento) la città sia sul terreno della cultura più “futurista” che su quella più “tradizionale”. La prima, su cui non ci soffermeremo, è la firma col Ministero di programmazione economica del progetto di costruzione della Casa delle Tecnologie Emergenti che aspira a diventare la perla in questo settore al Sud. La seconda, su cui spenderemo qualche parola, è l’acquisto da parte del Comune del vecchio Teatro Duni per riadattarlo e farne una struttura teatrale degna della città.
Meglio tardi che mai, si potrebbe dire a proposito del Teatro, invece è giusto dire: molto meglio prima. Perché il tempo non è neutro e non si possono fare le cose quando vuoi indipendentemente dal contesto sociale e dalla storia che chiama. “Meglio prima” perché è una spia che Matera non è stata del tutto all’altezza, checché se ne dica, del compito che avrebbe dovuto avere una città assurta a onori più planetari con la proclamazione di capitale europea della cultura nell’ottobre del 2014. C’erano gli anni per arrivare alla festa del 2019 con un Teatro all’altezza.
Non è stato fatto, così come non sono state approntate in tempo tante altre cose e strutture fondamentali. Meglio sottolineare sempre quest’aspetto del tempo per non dare alibi a nessuno e soprattutto alle classi dirigenti del Sud che sono abituate a fare le cose innanzitutto “per sé”, fregandosene del resto. Naturalmente adesso la strada è stata tracciata e bisogna recuperare il tempo perduto accelerando al massimo affinché il Duni venga consegnato alla città in tempi brevi. E non sarebbe male se i tanti che lavorano e coltivano la passione del teatro, si preparassero a “gestire” la struttura già da adesso.
ontribuendo a gettare le basi di un discorso teatrale di alta qualità e originalità, non elitario ma neppure arretrato e deteriore. Si può “accompagnare” l’adeguamento di questa struttura storica della città di 1200 posti con un movimento di partecipazione che può iniziare i suoi passi già ora. Sarebbe il modo migliore non solo per iniziare una storia teatrale nuova in città ma per dimostrare che la cultura migliore continua indipendentemente da una parentesi di festa sia pure importante.