di Silvia R. Lolli
L’articolo scritto da Piergiorgio Rocchi propone una soluzione politica sensata ed economicamente possibile per lo stadio di Bologna; si potranno mantenere in mano pubblica le proprietà di luoghi importanti per la città. Dietro alla rigenerazione noi abbiamo sempre visto una svendita di proprietà pubbliche favorente speculazione commerciale ed edilizia; si profila però anche quella sportiva. Se dobbiamo parlare di ristrutturazione dello stadio Dall’Ara finalizzata al solo gioco del calcio, dovremmo soffermare l’attenzione a ciò che sta capitando a livello nazionale anche in campo sportivo.
Potremmo chiederci se la scelta attuale, successiva a quella di costruire uno stadio nuovo a Granarolo (il piano urbanistico ad oggi non è stato cambiato nonostante l’idea di non costruire più l’impianto sportivo), abbia qualche rapporto con le cronache nazionali, cioè le vicende Lanzalone/Parnasi. Ci chiediamo cioè se la politica bolognese sarebbe stata a rischio come quella di Roma o Milano o di tutte le città che aspirano a fare grossi investimenti per impianti sportivi grandissimi.
Negli stessi giorni in cui è scoppiata l’inchiesta Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità anticorruzione, ha fatto la relazione annuale in Parlamento. Ci ha colpito una sua affermazione sulla differenza fra il sistema corruttivo del 1992 e quello attuale che purtroppo non si riesce non solo a smantellare, ma neppure a diminuire; ha spiegato che mentre allora erano i partiti a cercare gli imprenditori per rimpinguare le casse partitiche o individuali, ora sono gli imprenditori a cercare i politici di tutti gli schieramenti per garantirsi, in ogni caso dopo le elezioni, spazi imprenditoriali, soprattutto nell’ambiti edilizio, ma purtroppo non solo.
A Bologna dunque la scelta per lo stadio è stata quella della ristrutturazione e non della nuova costruzione. Dalle tabelle scritte dall’architetto Rocchi apprendiamo quanto sia variabile a livello nazionale il costo per la costruzione degli stadi. Dovremmo inoltre studiare in modo oggettivo molti dati per verificare l’economicità e l’opportunità pubblica di questi interventi.
Dopo questa proposta urbanistica e dopo il lavoro che il Comitato ha svolto nell’ultimo anno, soprattutto il percorso Parteciprati e la raccolta dei dati sulla presenza del biossido di azoto nell’area fuori da porta S. Felice, auspichiamo che la scelta comunale avvenga in una maggior autonomia, piuttosto che in secondo ordine nei confronti di investitori privati. Nella situazione attuale il rischio è quello che le casse vuote del Comune e dello Stato (INVIMIT) danno al privato l’onere, ma anche gli onori, cioè le plusvalenze che questa operazione di rigenerazione porterà certamente a questi imprenditori.
Le casse pubbliche vuote stanno dando soltanto spazio a svendite a privati e spesso mancano conteggi sul valore di quello che si sta perdendo: non si dà valore a nessun beneficio che comunque per esempio un bosco urbano importante per una rete ecologica può avere; se solo si monetizzassero i costi per la CO2 che si produce di più e si se mettessero i costi sanitari che l’aumento del biossido di azoto e delle polveri sottili provocano sui bilanci dello Stato, crediamo che si scarterebbero subito questi processi, purtroppo più facili ed in sintonia con l’ultrliberismo e la finanziarizzazione delle ultime decadi.
Nella proposta di Rocchi solleviamo solo un dubbio: l’area del centro sportivo Dozza è ancora in mano pubblica? Non vorremmo sbagliare, ma questo centro non è più gestito da associazioni e sembra che sull’area ci sia l’interesse della società Unipol, almeno qualche giorno fa sono comparse note sulla questione. Rimanendo allo stadio e a tutta la vicenda rigenerazione, ci continuano a raccontare che i progetti esecutivi devono ancora arrivare in Comune; le ipotesi le ascoltiamo ormai da alcuni anni. Ripercorriamo velocemente le tappe per poi ampliare le nostre riflessioni su altri temi e collegandoci con lo scritto di Rocchi.
Durante la campagna elettorale il Comune e l’Università hanno organizzato un incontro con il Bologna FC e i tifosi. Era il 2016 quando si è presentato il progetto di rigenerazione dello stadio ai tifosi, poi reso più evidente il nuovo POC per l’area Nord-Ovest da poco approvato. L’incontro, con la presenza di tre sociologi dello sport (due della facoltà di Scienze Motorie il Prof. Martelli e la Prof.ssa Russo) ha focalizzato, assieme all’ipotesi di ristrutturazione dello stadio in capo al Bologna FC, un altro tema: quello di fidelizzare gli spettatori alla società stessa.
Per la verità l’intervento scientifico dei professori universitari era molto più ampio e non parlava di fidelizzazione bolognese, ma degli aspetti di marketing e manageriali dello sport all’interno della comunicazione; invece il sociologo esterno, certamente contattato dalla società di calcio, spiegò quanti clienti si potevano ipotizzare per i prossimi anni il Bologna FC, in modo da identificare l’intervento come indispensabile.
L’incontro fu condotto dall’amministratore delegato del Bologna, Fenucci che spiegò le proposte di investimento della società per la ristrutturazione dello stadio, ma non solo; intervento suffragato da quello del sociologo con stime su fidelizzazioni degli spettatori/tifosi di calcio; tuttavia alla richiesta di approfondimento ha spiegato che i numeri si riferivano soltanto a stime italiane.
Fu una mattinata che, oltre alla passerella pre-elettorale dove si poteva già osservare il cambio all’assessorato dello sport fra Rizzo Nervo e Lepore, ha raccontato come la politica bolognese abbia cercato, solo dal privato, le giustificazioni per le sue scelte. Del resto ricordiamo che l’incontro finale della programmazione sportiva, “Bologna, città di sport”, è avvenuto alla fine del 2017 presso Illumia S.p.A. Le sale di proprietà comunale, come la sala Farnese, secondo noi potevano essere anche più accoglienti, ma forse dare spazio ad una società privata, sponsor di alcune attività sportive, doveva avere la precedenza.
Nel 2016, dopo tre giorni e sempre con finalità elettorali (la presentazione di due candidati PD, l’assessore Rizzo Nervo e la candidata Li Calzi), avvenne un altro incontro con le associazioni e gli sportivi interessati alla futura chiusura delle palestre sotto lo stadio e dell’Antistadio. Da allora dunque abbiamo scoperto quali idee si stavano ipotizzando, oppure erano già avviate e non comunicate chiaramente, sulla futura destinazione urbanistica di una vasta area del Comune di Bologna, quella Ovest, compresa fra lo stadio, la ferrovia e subito fuori porta S. Felice. Da lì la questione ha trovato spazio sui giornali con una frequenza funzionale per dare indicazioni su ciò che la proprietà del Bologna FC, con un pool di altri imprenditori, voleva fare. Dalla questione Cierrebi, impianto venduto (o svenduto) dalla Cassa di Risparmio di Bologna in modo affrettato, viste le beghe sorte poi con la sua Fondazione a costruttori, nel 2017 è nato il comitato Rigenerazione no speculazione.
Già da due anni però abbiamo ascoltato i continui rimandi al progetto esecutivo da parte del pool di investitori, che sembra sarà presentato entro il 15 settembre 2018. Intanto oggi si sta preparando il terreno desertificandolo attorno al cimitero monumentale e ai Prati di Caprara. Del resto, per le partite, occorre costruire molti parcheggi, perché lo sport passivo è quello che non porta a camminare per arrivare allo stadio: i tifosi devono arrivare tutti in macchina per la partita, anche se il loro numero è molto inferiore rispetto ad anni fa. Infatti in tutta la vicenda noi possiamo vedere non solo la speculazione di tipo urbanistico e commerciale, ma anche sportiva. Per inciso, la proposta di Rocchi potrà essere più funzionale rispetto a questa rigenerazione anche in termini di mobilità e parcheggi. Per esempio i tifosi che arrivano in stazione sono certamente molto più vicini ad un impianto al parco Nord.
Vogliamo ora osservare alcuni dati della situazione calcistica da cui parte questo progetto per capire meglio il peso reale che ha il calcio per una città di 389.000 abitanti a gennaio 2018, ma che sappiamo raccoglie tifosi che provengono dall’hinterland più ampio. Tuttavia non ci sentiamo di sostenere per i prossimi anni una fidelizzazione troppo alta di nuovi tifosi. Bologna è un luogo che ha sempre meno in sé l’idea di città: è frammentata, estesa e spesso troppo vuota, ma soprattutto la sua demografia cambia moltissimo; già da anni le statistiche rilevano cambiamenti demografici importanti ogni cinque anni. Il peso di turisti, anche stranieri, è sempre maggiore e assieme al peso degli studenti universitari fuori sede ci fa dire che è un territorio attraversato e consumato. Dove potrà stare l’idea di fidelizzazione per una società calcistica anche storica, ma poco sentita così da molti spettatori?
Certamente oggi lo sport si vende nella sua dimensione di spettacolo e molto meno di “fede”, soprattutto per società di media classifica, nonostante il marketing che può stare attorno a loro. Quale sarà dunque il numero complessivo di spettatori del Bologna FC in futuro e quindi quali le dimissioni di uno stadio per questa squadra? La risposta non è semplice anche perché vediamo in generale i numeri dei biglietti SIAE del calcio che diminuiscono, almeno in alcuni anni. Difficile sostenere per esempio in molte partite i 30.000 spettatori. Tanti anni fa lo stadio Comunale conteneva più di questi 30.000 spettatori.
Ricordiamo nella proposta iniziale nel 2016 si proponeva di fare una ristrutturazione dello stadio per 25.000-28.000 spettatori; anche Rocchi propone questa capienza. La ristrutturazione comunque prevede di togliere la pista di atletica e le palestre storiche sotto le gradinate per recuperare spazi per negozi e centri commerciali. Solo con lo sviluppo del commercio a latere dello spettacolo del calcio sembra si possano sostenere i costi dell’impianto e della squadra.
Vediamo intanto i dati degli ultimi nove anni degli spettatori al Dall’Ara e le medie annuali:
Dati da www.stadiapostcards.com
Da questa tabella possiamo evincere la media spettatori che ha il Bologna con la gestione Saputo si aggira sui 21.000, ma la capienza dovrebbe essere in grado di ospitare, per alcune partite, almeno 30.000 spettatori. Tuttavia dobbiamo verificare anche che il Bologna a livello sportivo non potrà aspirare ad avere un numero di spettatori che aumenta troppo; all’anno si aggirano sui 400.000, almeno con queste prospettive.
Le attese dei tifosi sono per una squadra con maggiori possibilità di concorrere ai primi posti e non per salvarsi; l’imprenditore Saputo però deve avere un ritorno dall’investimento che fa e quindi, come è d’uso da tempo per bilanciare i conti delle società di calcio, si comperano e si vendono continuamente i giocatori e come è uso deve bilanciare gli investimenti con aree destinate al commercio di sua proprietà.
Nei bilanci delle società entrano anche i soldi dei diritti televisivi, ma il gioco del calcio, pur nei meandri delle difficoltà gestionali, continua ad accrescere gli emolumenti dei propri giocatori, quindi il marketing e il commercio sono diventate le vere anime dello sport professionistico odierno. C’è dietro tutto ciò una speculazione sportiva, che sta diventando una vera e propria bolla economica.
La “città” di Bologna è veramente interessata a queste speculazioni? L’esagerata presenza del commercio sarà economicamente e socialmente sostenibile? L’inflazione delle cementificazioni del territorio con destinazione a residenze private per lo più semi-vuote a che cosa porterà, non solo in termini di sostenibilità ambientale, ma soprattutto sociale? Ce lo possiamo cominciare a chiedere in più persone?