Bologna: restyling dello stadio e scuole primarie

27 Aprile 2018 /

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di Silvia R. Lolli
Sabato 21 aprile 2018, anniversario della Liberazione di Bologna, la Resistenza di molti cittadini si è rifatta sentire con il sit in e la successiva passeggiata attorno all’area dei Prati di Caprara. Nei giorni precedenti le forze di opposizioni (soprattutto Coalizione Civica, seguita dal M5S) che si rivolgono a una sinistra sparpagliata ormai poco di Giunta (cioè del consiglio di amministrazione) di Bologna, hanno richiesto un question time sulla vicenda Prati di Caprara. Alcuni giornali hanno seguito in diretta così ci sono state informazioni e un po’ di visibilità del comitato sui quotidiani locali.
Un’informazione che però ha difficoltà a staccarsi da una comunicazione a una sola direzione, perché non va mai oltre le ovvietà riportate dalle voci dei politici di maggioranza eletti. Su Repubblica di lunedì 23 aprile il sit in e le ragioni del comitato RigenerazioneNoSpeculazione vengono posposte all’intervento di Elena Leti, Orioli e Mazzanti. Nelle parole di Leti troviamo i punti di vista di chi sa bene che si deve andare avanti e che, nonostante le parole, c’è già un piano, da anni che non è solo un semplice POC, bensì un accordo con i costruttori che si sono da tempo sostituiti alla politica locale.
Riprendiamo le sue parole per esprimere il concetto di cui sopra.

  • 1) gli agronomi di cui il Comune si è avvalso, che hanno fatto sopralluoghi forse nei vent’anni precedenti in cui Leti si è occupata dell’area come presidente del quartiere Porto, hanno detto che non ci sono piante di pregio; comunque gli alberi saranno ripiantati. Il comitato, durante il processo partecipato ha fatto fare sopralluoghi a professionisti che componevano il gruppo scientifico e da loro si è saputo che ci sono già nell’area piante di un certo pregio e territoriali, anche frassini oltre alle robinie, segno evidente della ri-naturalizzazione dell’area.
    La seconda affermazione ci permettiamo di sottolinearla, perché vorremmo che l’azione di riallocazione degli alberi divelti venisse fatta immediatamente. Forse però non lo sarà in un’area limitrofa che ha molto a che fare con la vicenda Stadio Comunale/Cierrebi/Prati di Caprara, come improvvisamente comparve nel dibattito pubblico un mese prima delle elezioni comunali del 2016.
    Infatti, e qui sta crediamo la notizia, sono stati tolti almeno 5-6 alberi di pregio dal lato nord della Certosa sull’aiuola che corre lungo Viale Gandhi; ci siamo accorti casualmente di ciò da almeno due mesi e chiediamo dunque all’amministrazione comunale: perché ciò è avvenuto? La prima risposta che possiamo presumere è che fossero alberi ammalati. Probabile, ma non vorremmo come al solito pensare male guardando che l’area è in linea con la Via Certosa e il Cierrebi. Una strada di collegamento ad un presunto, per ora, ma poi riteniamo certo, parcheggio nell’ex vivaio di fronte alla camera mortuaria, da alcuni mesi vuoto è nei fatti visibile.
    Se pecchiamo per pregiudizi ed ipotesi sbagliate, allora vorremmo vedere subito ripristinare negli stessi punti, ben visibili da chiazze più chiare lasciate da scarti di legno, i suddetti alberi che purtroppo però non saranno delle stesse dimensioni di quelli abbattuti.
    Ci stupiamo che nessuno si sia ancora preoccupato di questa mancanza, che associamo allo svuotamento di attività e persone all’interno degli edifici di Via Certosa.
  • 2) Leti spiega: l’area (i Prati) è in condizioni drammatiche. “È necessaria una bonifica igienico-sanitaria, perché in moltissimi punti quell’area è diventata una discarica a cielo aperto”.
    Se gli amministratori sono da vent’anni al corrente del degrado, perché non hanno fatto nulla, soprattutto da quando si sa che l’area passa dal Ministero della Difesa ad altra amministrazione? La bonifica igienico sanitaria è molto meno costosa di una bonifica bellica, di cui non si avverte il bisogno se si lascia il bosco. Il degrado si dovrebbe risolvere con altri strumenti non con speculazioni edilizie e commerciali che spesso lo portano nelle stesse aree o lo esportano in altre zone della città.
  • 3) Sul giornale interviene, a sostegno delle due politiche interessate Leti (presidente di commissione e Orioli ( assessore all’urbanistica), anche il capo gruppo PD Mazzanti dicendo che la bonifica è necessaria come lo fu per tutte le aree militari (Lunetta Gamberini e Villa Angeletti): “Quella dei Prati di Caprara era un’area militare ed è stata pesantemente bombardata durante la Seconda Guerra Mondiale, è inimmaginabile non bonificare il terreno, stiamo parlando di costruire la scuola”.

Le parole di Piergiorgio Rocchi del comitato sono esplicative al riguardo: “Noi temiamo che la costruzione della scuola sia una specie di “cavallo di Troia” con cui far entrare il cemento ai Prati di Caprara. Mentre del progetto legato al restyling dello stadio non sappiamo più nulla da mesi ormai”. Per rispondere alle affermazioni di Mazzanti rileviamo inoltre che le ex aree militari ebbero sviluppo attorno agli anni Settanta, quando Bologna continuava a costruire sul territorio, soprattutto con piani di edilizia popolare ed era in espansione anche demografica.
Oggi, in cui l’edilizia popolare è sostituita quasi completamente da quella speculativa e privata, non siamo nelle stesse condizioni; rispetto ad allora il territorio verde si è sempre più ridotto. Attorno agli Novanta Bologna aveva ancora un indice a verde alto, ma furono messe nelle statistiche le aree delle rotonde e delle aiuole lungo le strade. Negli anni poi si è sviluppato un altro tema, per mantenere la percentuale di verde in città alta: la misurazione del verde in un’altra zona della città (Monte Donato); è ciò che i politici locali da anni definiscono “perequazione”.
L’altro tema emerso è quello della costruzione della scuola, per la quale si rende imprescindibile la bonifica. È una bonifica tutta in capo al pubblico, sia esso Invimit (come è stato assicurato alle opposizioni in consiglio comunale), sia Comune di Bologna. Oltre che rilevare facilmente che sarebbe la prima volta che anche a Bologna si costruisce prima una scuola e poi si dà il via alle case e ai centri commerciali, dobbiamo ricordare la demografia di Bologna, così come fu espressa da Bovini prima del suo pensionamento ed in piena campagna elettorale per le amministrative del 2016.
Disse pubblicamente che Bologna presentava un trend negativo: meno nati a fronte di un maggior numero di anziani anche di quarta età. Soltanto l’immigrazione poteva cambiare, ma non molto, i dati. Disse quindi che nel prossimo futuro Bologna non aveva più bisogno di scuole primarie, ma soltanto, e per alcuni anni, di aule per le scuole secondarie. Poi c’è l’università, ma anche qui probabilmente non si prevedono numeri alti se si vuole, come sembra dare più spazio alla qualità.
Che cosa si vuol prevedere dunque un’inversione di tendenza? Ricordiamo che sarà difficile visto che in Italia e a Bologna molti stranieri rientrano nei loro paesi o vanno in altri stati, causa la crisi economica, e già da anni assistiamo allo spostamento delle giovani coppie nei comuni della provincia, elemento che ha depauperato costantemente le aree agricole attorno alla città.
Ci permettiamo di dissentire dunque con queste logiche sbagliate e fanno emergere, se collegate ad altri elementi visibili in città, solo speculazione e sfruttamento di territorio: due questioni per spiegare meglio.
La scuola che si intende costruire è una scuola primaria, ma si deve fare anche una strada, su Via Saffi in zona Via Timavo presumiamo, zona fra le più inquinate e trafficate. Nel raggio di 500 metri esistono già altre scuole comunali e statali, ma anche paritarie. In un raggio più largo (1 Km.) ci sono per lo meno altri due plessi scolastici statali e di scuola primaria. Ricordiamo che alcune ex scuole sono, da tanti anni, a disposizione dell’associazionismo e di centri diurni per anziani. Una domanda ancora: il Comune di Bologna non sta dando contributo al sistema paritario d’istruzione perché possa aiutare quello pubblico (ricordiamo anche se fu vinto un referendum promosso da Scuola e Costituzione per evitare ciò)?
Noi cittadini dobbiamo continuare sempre a pagare per la difficoltà politica di darsi delle visioni coerenti ed economiche? La seconda questione è relativa alla prossima speculazione edilizia. Proprio al di là della ferrovia che costeggia dal lato nord i Prati di Caprara, al Lazzaretto si è fatta un’urbanizzazione selvaggia se osserviamo le costruzioni e le strade e ricordiamo a come era il territorio, anche se da anni non più curato in modo agricolo, ma dismesso. Come nell’area del Comune, da anni sono aree semi-urbanizzate, in cui si avverte visivamente ciò che esiste oggi a Bologna: il vuoto di case, di persone, ma soprattutto di idee e di prospettive politiche per un futuro all’altezza culturale e sociale della Bologna che conoscevamo.
Al peggio non c’è mai fine?

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