Emilia Romagna: legge urbanistica regionale, piovono le critiche ma si va avanti

22 Novembre 2017 /

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di Giovanni Finali
Nel giorno in cui a Bologna si è tenuto il seminario a titolo ‘per un suolo felice’, promosso dai gruppi di sinistra dell’assemblea regionale per commentare la proposta di legge urbanistica della nostra regione, che ha visto la partecipazione di molti fra i più illustri urbanisti, ingegneri, progettisti, architetti, giuristi, economisti & C, la presidente dell’ordine degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori di Modena, dottoressa Anna Allesina è intervenuta a gamba tesa nel dibattito che si è avviato in città fra il ‘costruire’ del nuovo, peraltro in una delle ultime zone verdi cittadine, ed il ‘rigenerare’ il già costruito, mettendo mano a quell’impegno più volte previsto anche dalla più recente legislazione, ma che fin qui è mancato.
L’Allesina, fra altro, ha sostenuto che non va bene costruire in modo ‘vuoto di contenuti di qualità architettonica ed (in modo) privo di un reale domanda’ ed anche che ‘la cura dell’esistente riguarda anche il suo riuso e la sua rifunzionalizzazione’ e che fare ciò ‘rappresenta un obiettivo prioritario… premessa fondamentale per garantire lo sviluppo e la convivenza positiva di una comunità’. Ha aggiunto qualche accenno critico alla proposta di legge regionale ed ha concluso augurandosi che ‘si abbia il coraggio di avviare approcci innovativi’ per la definizione del nostro nuovo piano urbanistico.

Mi verrebbe da dire che si sia espressa in perfetta sintonia con quanto ascoltato nei tanti interventi tenuti al citato seminario, differenziandosi da questi solamente per una minore accentuazione critica nei confronti di diversi aspetti caratterizzanti la nuova proposta legislativa.
Affrontata nei suoi diversi aspetti, esaminata e valutata da molti punti di vista, si potrebbe dire che quest’ultima ne sia uscita con tutte le ossa rotte. Criticata per incompletezza, superficialità d’approfondimento nonché per la sua ‘pericolosità’ applicativa, alla legge non sono mancate preoccupati rilievi circa quel famoso 3% di edificabilità consentita, una percentuale che pare un po’ traballante (Pietro Cavalcoli) le disapprovazioni per la soppressione della facoltà di controllo spettanti ai Comuni (Ezio Righi) per la totale mancanza di previsione di un ruolo attivo di partecipazione dei Cittadini (Rodolfo Levanski). Biasimi le sono giunti per le agevolazioni fiscali riservate al ‘nuovo’ e non previste per le rigenerazioni del ‘vecchio’ (Roberto Camagni). Paragoni imbarazzanti, a dimostrazione delle reali intenzioni della legge di provvedere ad una ‘privatizzazione’ urbanistica (Maria Cristina Gibelli e Angela Barbanente) hanno fatto il paio con la constatazione del forte ritardo ideale di una norma che, fra l’altro, non è più coeva di un mercato che, per ottenere rendita, si sta spostando verso la rigenerazione del già ‘costruito’ (Paola Bonora).
Già a meta mattina, quando ancora non si erano dispiegate tutte le osservazioni critiche, è stata tentata una difesa d’ufficio da un consulente regionale (Filippo Boschi) che ci si è messo d’impegno nel cercare di convincere tutti gli interlocutori che, a suo parere, essi avevano espresso valutazioni errate, senza accorgersi, evidentemente, che almeno chi era seduto nelle prime file poteva udire distintamente il rumore delle sue unghie che cercavano di arrampicarsi sugli specchi.
Nulla di sconveniente, comunque, se paragonato al comportamento del suo dirigente (Roberto Gabrielli), che, intervenuto poco dopo, ha ripreso l’impegno difensivo a tutto campo del testo di legge, probabilmente frutto del suo lavoro di stesura, che… e non pareva neppure arrabbiato … ha concluso il suo intervento con un citazione dotta, il cui significato ultimo, (come poi, in seguito, e più volte ha sottolineato il coordinatore dei lavori (Pierluigi Cervellati) era quello di compatire la ‘stupidità’ dei presenti, affetti, a suo dire, da probabile disfunzionalità intellettiva.
Non eravamo stati in grado di comprendere la sua genialità, evidentemente… ma abbiamo ben colto la sua irritante maleducazione, incompatibile col ruolo che riveste.
Il termine dei lavori pomeridiani, poi, ha messo a più d’uno un dubbio. Un dubbio da approfondire, che potrebbe aprire prospettive e scenari nuovi ed imprevisti. Non è da escludere priori, infatti, che questa legge, che elimina spazi e poteri autorizzativi (per dirla in breve) dei Comuni per quanto concerne la gestione e l’uso del territorio, contrasti addirittura col nostro dettato costituzionale che prevede che ai Comuni tali compiti spettino dettagliatamente e che possa, di conseguenza, configurare un conflitto di attribuzioni fra i poteri dello Stato (Giovanni Losavio).
Un dubbio sufficiente per far dire, sia al coordinatore della giornata che al rappresentante politico che è intervenuto per ultimo (Piergiovanni Alleva) che, in ogni caso, la legge potrà anche essere approvata, blindata com’è dalla maggioranza assoluta PD, ma che ‘non tutti i giochi sono fatti’.
P.S. Chiedo la comprensione dei lettori per la mia possibile imprecisione terminologica riferita a cose ed atti che non fanno parte del mio specifico professionale – assicuro, comunque, che l’eventuale imprecisione non compromette in alcun modo il significato di quanto riportato.
Questo articolo è stato pubblicato da LaPressa.it il 15 novembre 2017

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