Le difficoltà dell’urbanistica nel confronto tra Campania ed Emilia Romagna

8 Novembre 2023 /

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Venerdì 13 ottobre 2023 si è svolto l’incontro conferenza on lineEmilia Romagna e Campania a confronto. Visioni, leggi, prassi sul governo del territorio e consumo di suolopromosso dalle Associazioni Il Manifesto in rete, Infiniti Mondi e OsservaBO.

L’idea di uno scambio di informazioni e opinioni su ciò che sta accadendo nei territori di due regioni, la Campania e l’Emilia-Romagna, dal punto di vista delle principali emergenze climatico-ambientali e di gestione del territorio, è sorta dalla osservazione di come in questo ed in altri campi, la legislazione ed il governo regionale, in un ruolo sempre più assente dello Stato, stiano producendo non pochi problemi.

L’iniziativa è inserita anche nell’ambito della campagna RIGENERA, che la rivista INFINITI MONDI ha promosso insieme alla FILLEA CGIL, allo SPI CGIL ed altre cinquanta associazioni in Campania per promuovere una campagna ed una legge di iniziativa popolare di legge regionale contro i cambiamenti climatici.

Ne hanno discusso insieme, urbanisti, ambientalisti esponenti delle istituzioni per confrontar le rispettive esperienze. È stato un primo tentativo che potrebbe proseguire per ampliare il dibattito e la partecipazione su temi così rilevanti. Sono intervenuti in ordineSergio Caserta, Gianfranco Nappi, Piero Cavalcoli, Alessandro dal Piaz, Ivan Mantovani, Alfonso De Nardo, Rudi Fallaci, Immacolata Apreda, Ezio Righi e Stefania Caiazzo.

Il modello di urbanistica bolognese ed emiliano romagnola, orgoglio e vanto della classe dirigente di un tempo non troppo lontano, si mette a confronto con quello senza dubbio storicamente più discutibile di un territorio importante come la Campania che deve assolutamente cambiare strategia se non vuole subire ulteriori declassamenti.

 L’Emilia Romagna, colpita dalla recente tragica alluvione e dai precedenti terremoti, scopre quanto sia fragile ed esposto il proprio assetto idrogeologico in conseguenza di eventi calamitosi, non più imprevedibili e sempre più frequenti, mentre la Campania che di emergenze ne patisce da sempre per molteplici diverse ragioni, si misura con l’assoluta necessità di strumenti di pianificazione e intervento adeguati e non trova corrispondenza nei progetti legislativi regionali.

 L’Emilia Romagna è alle prese con la necessità di modificare non poco, dopo sei anni di applicazione, una legge urbanistica che direbbe Jovanotti “procede per eccezioni” e si ritrova così ai vertici nazionali del consumo di suolo e pure nel titolo della stessa legge, (con una buona dose di manicheismo) si propone di raggiungere “il consumo di suolo a saldo zero entro il 2050”.

La legge regionale dell’Emilia Romagna 24/17, è un modello per uscire dalla crisi dell’urbanistica? È la domanda retorica che si pongono gli urbanisti emiliano romagnoli.  La legge, a sei anni dall’approvazione e dall’entrata in vigore, non è stata ancora oggetto di una valutazione effettiva, dal momento che buona parte dei comuni non hanno ancora dato corso al principale adempimento prescritto, ovvero la definizione del proprio Piano Urbanistico Generale, sulla base della misurazione del territorio urbanizzato, al fine di poter computare il limite del 3% di edificabilità consentita entro e non oltre il 2050.

 In sostanza la legge che pure introduce obiettivi qualificati in relazione all’implementazione della rigenerazione energetica degli edifici, non interviene adeguatamente se non negli ambiti del territorio urbano, dove pure lascia mano libera alle proposte dei privati, per la definizione degli interventi, mentre lascia pressoché incontrollate le aree rurali dove l’assenza di qualsiasi riferimento alla legge, sta determinando uno sviluppo edilizio esteso e polverizzato, molto preoccupante. Non si può affidare al sistema degli accordi con i privati le decisioni che richiederebbero capacità di valutazione tecniche che molti comuni non possiedono mentre si è indebolita la funzione di pianificazione provinciale.

Pochi comuni hanno fatto i piani, ma anche quelli fatti sono molto diversi tra loro, proprio perché la legge ha sostanzialmente reso possibile, evitare di pianificare secondo criteri che definiscano obiettivi, priorità e/o limitazioni, tutto è affidato alla libera interpretazione e quindi dove il peso di interessi forti non conosce ostacoli si determinano condizioni di aumento di volumi o di squilibrio, mentre dove restano attitudini a definire criteri da parte delle pubbliche amministrazioni, si realizzano  risultati più condivisibili ma è proprio questo relativismo il problema.

 L’alluvione di maggio e giugno, con tutta la sua carica distruttiva ha messo in evidenza la necessità di una riprogettazione del sistema idrogeologico, di monitoraggio dei rischi di frane e di una viabilità più rispondente a criteri di sicurezza, ma soprattutto di intervenire dove gli argini dei fiumi, le insufficienti casse di espansione e le edificazioni in zone inappropriate determinano rischi ancor più gravi come si è avuto modo di constatare, quindi una predisposizione a cambiare impostazione e priorità.

In Campania si è cominciato tardi a legiferare in materia urbanistica e la prima legge regionale la numero 16 del 2004, fu varata dalla giunta Bassolino. Del resto, la Campania, forse anticipando i tempi, ha sempre avuto riluttanza a pianificare, in primo luogo attraverso la sistematica proroga dei termini di sostituzione dei vecchi piani regolatori comunali con quelli urbanistici previsti dalla legge, per il poco rispetto dell’obbligo di redigere i piani paesaggistici, oltre che per l’assoluta penuria di risorse economiche nei comuni per consentire di ottemperare agli obblighi. Fatto sta che la Campania è la terza regione d’Italia per consumo di suolo, e le caratteristiche di questo sviluppo sono prevalentemente finalizzate ad accrescere la rendita immobiliare e un terziario dequalificato.

Gli ultimi drammatici eventi disastrosi accaduti in Campania a Ischia come in Emilia Romagna, espressione dei cambiamenti climatici irreversibili ed inevitabili, hanno posto con evidenza il rischio crescente che costituisce l’impermeabilizzazione di aree contigue ai corsi fluviali, è  necessario un cambiamento radicale di politiche di governo dei sistemi fluviali e dell’assetto idrogeologico, il consumo di suolo soprattutto nelle aree contigue a corsi fluviali non può essere più consentito, è necessario realizzare progetti di rinaturalizzazione dei corsi d’acqua oggi costretti in alvei innaturali, non rinunciando anche ad opportune desigillazioni di aree importanti per il corretto defluire delle acque. Non è più solo un problema di intervenire nell’emergenza ma bensì di prevenzione attraverso una politica urbanistica orientata al riassetto delle intere aree interessate.

 Questi sono i problemi che quotidianamente i sindaci sono costretti ad affrontare, in una situazione in cui si avverte l’assenza dello Stato, il disorientamento delle Regioni, la mancanza di apparati tecnici. Le alluvioni hanno reso evidente come anche tutto il sistema viario in zone pedemontane deve essere programmato considerando alternative funzionali agli assi viari principali che possono essere interessati dai fenomeni franosi, sempre più frequenti e diffusi, così come non è più consentito che gli interessi privati, condizionino scelte di localizzazioni che non sono compatibili con l’esigenza di sicurezza del territorio.

Ciò rappresenta molte volte per i sindaci che hanno il coraggio di esporre la realtà delle cose, di fronte a contestazioni e a pressioni di ogni tipo, come se una sorta di irresponsabilità collettiva che obnubila le opinioni negando la realtà, soprattutto dei principali “portatori di interesse”.

Oggi noi siamo subissati di raccomandazioni e norme dei diversi organismi europei per adottare le misure necessarie a fronteggiare l’emergenza climatica per contrastarne e mitigarne gli effetti, L’European Green Deal e il Nextgeneration.eu, le legge europee sul clima, ma le risposte vanno in direzione del tutto contraria. Le condizioni dei piani incompiuti e in eterna transizione, il depauperamento degli strumenti di pianificazione, l’inadeguatezza delle risorse degli enti locali, la spinta alla edificazione ed al consumo illimitato di suolo come testimoniano le ultime rilevazioni ISPRA, 77 KM quadrati in più in un solo anno sono ben di più che un grido d’allarme. È necessario, indispensabile invertire la rotta.

Il confronto tra due realtà regionali importanti e complesse come la Campania e l’Emilia Romagna, ha evidenziato quanto sia sempre più necessario diffondere la conoscenza delle specificità e delle peculiarità, delle differenti situazioni e le analogie, tanto evidenti della necessità di fare fronte comune per un’opera di divulgazione di discussione ed anche di lotta per affrontare i troppi problemi irrisolti che rendono la situazione di governo del territorio sempre più problematica. Un confronto che continuerà certamente con altre iniziative di cui si è ravvisata l’utilità e la necessità

Qui la video registrazione del dibattito

Questo articolo è stato pubblicato su Il Fatto Quotidiano il 4 novembre 2023

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