Parliamo degli impianti sportivi a Bologna (seconda parte)

29 Settembre 2017 /

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di Silvia R. Lolli
Esaminiamo quello che ancora sui documenti comunali viene definita “Associazione dilettantistica Nettuno Tennis Club” (ultimo in ordine di tempo PG 26954/17 N. odg 86/17, atto del Consiglio Servizi per l’Edilizia). Se guardiamo il sito dell’Osservatorio Regionale, il centro, che come vedremo si è espanso molto nel corso degli anni, è menzionato tra gli spazi adibiti al tennis con due campi di tennis ed anche con spazi per il calcio: sono censiti qui due campi di calcio, di cui uno dovrebbe essere adibito a calcetto.
Se guardiamo però la relazione dell’ingegnere, che accompagna la richiesta per l’ultimo ampliamento, ci sembrano indicati più campi di tennis e meno di calcio; non sappiamo se questa mappa proviene da google, oppure dai dati di catasto indicati nel documento. Cambiamenti comunque si notano: i campi di tennis ci sembrano almeno 4, vengono anche richiamati nella relazione quando si prospetta l’uso dei palloni pressostatici, relazione che all’inizio richiama appunto il catasto di Bologna.
Dai rilevamenti fotografici, presi dal parco Nicholas Green – orti di Villa Contri, si possono osservare vari edifici, uno dei quali in costruzione proprio in questi mesi, ed uno spazio/parete per il tennis che supponiamo già in essere e costruito con precedenti manutenzioni del centro. Ricordiamo per esempio che è da almeno vent’anni che questa associazione dilettantistica fa richieste di ampliamento e vengono tutte puntualmente soddisfatte. Forse solo quella di incorporare uno spazio di parco per costruire un campo di beach volley pensiamo sia stata bocciata dal quartiere all’inizio del 2000.

Allora comunque si fecero anche altre richieste di ampliamento, di spogliatoi pensiamo nella palazzina attigua al manufatto di oggi e grazie a queste la convenzione in essere si prolungò fino ai 25 anni; non ci sembra in nessun documento in nostro possesso per la nuova richiesta di ampliamento ci sia il riferimento alle altre richieste, neppure nella mappa del documento.
Ora ci possiamo tante domande. L’attuale nuovo edificio (si parla ancora di “ampliamento della struttura”) ha prorogato gli anni di convenzione dal 2004, oppure se si è firmata una nuova convenzione per 25 anni a partire dal 2017? Chissà. Nell’atto dell’assessorato all’Edilizia, arrivato a febbraio 2017 ci sono indicate varie date e sembra si tratti di convenzioni nuove: una data è del 2015 e una del 2013.
Sappiamo di certo che nel 2002 si approvò per l’ampliamento della palazzina e che la convenzione fu rinnovata per 25 anni, dovevano essere spogliatoi, ma oggi dalla relazione tecnica dell’ingegnere dell’associazione capiamo che l’ampliamento c’è stato almeno anche per la zona ristoro-ristorante del centro che per noi inizialmente doveva essere usata anche da spogliatoi per il tennis e da zona di ristoro per i soci ed i maestri. Osserviamo che l’ampliamento degli spogliatoi è una richiesta continua del centro: ci dice che si ingrandisce. Sarà ancora un’associazione dilettantistica?
Oltre alla domanda principale più di carattere politico-sportivo: le convenzioni con il Comune per l’uso dell’area, venticinquennali, ripartono sempre daccapo? Se così fosse non vorremmo che la società richiedesse negli anni un diritto di usucapione sul terreno ancora pubblico. Osserviamo inoltre che questa società ha un privilegio rispetto alle altre società di quartiere, perché il centro non è mai conteggiato con gli altri centri di per la distribuzione degli spazi; c’è una sorta di deroga silenziosa rispetto al regolamento di assegnazione degli spazi sportivi pubblici. Questo lo verifichiamo da anni e lo abbiamo visto anche all’incontro del 5 luglio alla sala Falcone e Borsellino; quando si fanno vedere gli impianti sportivi pubblici della zona il centro Nettuno non figura mai.
Si parlò del comprensorio Stadio/Cierrebi. Abbiamo chiesto delucidazioni ai tecnici dell’Urban Center presenti; nessuno ne sa nulla. Non crediamo che neppure Nomisma, presente soltanto all’evento iniziale della presentazione di Bologna città dello sport, inserisca il centro fra gli impianti pubblici.
Sappiamo però che tutte le volte che in questi vent’anni abbiamo chiesto in quartiere informazioni sul centro non ci sono state date. Non capiamo perché questo impianto, che pure in catasto (leggendo l’ultima relazione per l’ampliamento) sia di proprietà del Comune di Bologna e viene indicato il gestore nell’associazione Nettuno Tennis Club, non venga inglobato fra l’impiantistica a disposizione del sistema sportivo di quartiere. Quando poi si ragione sul comprensorio sportivo Stadio/Cierrebi/Zoni dovrebbe obbligatoriamente comparire anche questo centro. Il Cierrebi non ha campi di tennis? Come faceva ad essere in deficit come ci hanno raccontato, questo centro non appare tale.
Comunque anche questa è una delle tante situazioni che ci sembrano strane; crediamo perciò si debba conoscere ancora per capire di più sulle non risposte avute finora e sulle scelte di politica sportiva a Bologna. Per esempio nel 2004 ci opponemmo, quale unico membro di commissione all’ultimo incontro di quartiere, per la richiesta dell’associazione di acquisire una parte del parco pubblico al fine di farne un campo di beach volley.
Ci opponemmo, ma sinceramente non sappiamo se una fetta del parco, solo pochi mesi fa aperto al pubblico nella zona sud, non sia stata data dal comune di Bologna in quell’occasione per un’altra attività sportiva, per esempio per il muro di allenamento di tennis. Non seguimmo l’iter dell’eventuale procedimento amministrativo. E’ comunque una situazione che potrebbe fare bene da esempio sul futuro di molti altri impianti comunali: l’uso al privato di beni pubblici, con varie garanzie da parte pubblica.
Dopo un certo periodo di tempo si potrebbe avere un’usucapione del bene da parte di questi soggetti, sì da configurare un passaggio definitivo di proprietà anche dei terreni in mano dei privati. Non è ciò che sta succedendo con gli spazi delle caserme. Il fondo Invimit sarà anche di proprietà pubblica, ma negli anni la costruzione e quindi la vendita di abitazioni passerà direttamente sui mercati privato. Ricordiamo che per tante abitazioni costruite con fondi pubblici e da cooperative, inizialmente a proprietà indivisa, la legge ha permesso di rendere vendibili sui liberi mercati immobiliari questi beni.
Siamo solo catastrofisti e sbagliamo completamente nella valutazione della situazione? Speriamo sempre di essere smentiti. Oggi però vediamo nel parco il nuovo edificio grigio (vedi foto) in cemento; è tra l’altro stato autorizzato in deroga agli artt. 45 e 46 del Regolamento Urbanistico Edilizio (RUE) vigente (deroga per la costruzione di edifici adiacenti ai cimiteri), per “la realizzazione di edificio ad uso spogliatoio tennis, sala di ricreazione e magazzino…”. Con la stessa richiesta del 07/08/15, prot. Comune n. 249027/15, l’associazione Nettuno Tennis chiede al Comune di poter realizzare una tribuna per i campi da tennis, crediamo già terminata.
Per inciso passando nel parco si può osservare la nuova struttura, esteticamente poco bella, ubicata più vicina al muro cimiteriale, ma già più alta rispetto al vecchio caseggiato, che ha un tetto spiovente come erano molti fabbricati in questa zona della città di Bologna, tutti agricoli fino agli anni Sessanta/Settanta. Vecchio caseggiato, ricordiamo, per il quale negli anni passati si erano già chiesti altri ampliamenti e ristrutturazioni.
Nei documenti del Comune, forse sono passati inosservati al momento dell’approvazione definitiva in Giunta – 7/2/17 – in Consiglio comunale – 20/2/17 – data di esecutività è così il 4/3/17, possiamo leggere: “- interventi di ampliamento pari al 10% su edifici esistenti (art. 338 TU leggi sanitarie)”. Questa sottolineatura dell’ufficio Igiene per facilitare il passaggio della deroga e per rispondere alle norme. Dunque la nuova superficie (SU di progetto pari a 120,46 mq.) con volumetria pari a mc 634,62 deve essere solo il 10% dell’esistente precedente. Ma se l’esistente è stato ampliato solo nel 2002? In base a quali calcoli viene stabilito il 10%. Si opta per un ampliamento all’infinito e continue deroghe?
Ecco l’altra riflessione-domanda: il comune di Bologna, e non solo per gli aspetti sportivi, è già pienamente funzionante con gli indirizzi sia della legge regionale sullo sport sia con quella, ancora da approvare, urbanistica. Nello sport si continua a costruire, ampliando gli spazi dei campi sportivi già in essere, non solo ristrutturandoli. Non si prefigura anche in questo caso un consumo di suolo tra l’altro in mancanza di politiche e di conoscenze precise?
In questo caso, e vorremmo sempre essere dalla parte del torto e quindi continuare a sbagliarci, osserviamo appunto ad occhio nudo l’altezza finita del nuovo spazio di cemento costruito più alta dell’edificio esistente; in esso c’è ora la parte ristoro, ma soprattutto la sala ristorante aperta anche ad esterni.
I locali di ristoro negli impianti sportivi non ci sembra siano stati censiti dall’Osservatorio regionale sull’impiantistica. Vista la situazione che si sta creando questo strumento ci appare ancora con molti deficit, voluti o causali? I diversi uffici comunali non sono stati troppo solerti con le informazioni, soprattutto, come visto, con le reali informazioni; il CONI ha assicurato ad un suo esperto un lavoro senza neppure incrociare troppi dati. Poi ci sembra che, nonostante la data d’inserimento, il 2017, degli spazi di atletica allo Stadio Dall’Ara, la Regione indichi nell’anno sportivo 2015/16 l’ultimo inserimento dei dati. Solo confusione?
Torniamo comunque ai documenti presentati dalla Giunta in Consiglio Comunale ed approvati qui il 20/02/17; leggiamo che il documento prodotto dagli uffici è firmato con doppia firma dalla stessa dirigente, Marika Milani; risulta Capo Dipartimento e allo stesso tempo Direttore del settore del servizio Edilizia (vedi atto esecutivo approvato dalla giunta di Bologna il 7/2/17).
Nulla da obiettare sulla persona, non conosciamo l’organizzazione e i livelli di responsabilità in capo ai vari servizi del Comune, ma ci sembra che su questi importanti atti sarebbe meglio avere una vera doppia firma, cioè di due persone distinte. O siamo solo troppo esigenti?

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