Bologna, l’invasione degli eventi sportivi e la salute della città

di Silvia R. Lolli /
20 Marzo 2024 /

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Venerdì 23 febbraio 2024 ore 18; sabato 9 marzo 2024 ore 15-17, Bologna zona sud-ovest: bloccata, un delirio. Domenica 3 marzo 2024: la maratona di Bologna con anticipazioni di eventi il sabato nel cuore della città. Cosa è successo? Semplicemente che il potere dello sport si manifesta nelle sue varie forme consumistiche e rende difficile una normale vita cittadina. Soprattutto rende difficile una mobilità, già messa in crisi dall’invasione di cantieri cittadini, di urbanizzazioni folli con mobilità pubblica rimasta pressoché uguale, quindi non rispondente alle nuove esigenze di una cittadinanza esigua diffusa su un territorio amplificato e con invasioni di non residenti poco programmabili. 

Territorio sempre più attraversato e consumato dove sono più importanti il marketing di una città che non esiste più rispetto ad innovazioni con uno sguardo di sostenibilità ambientale e sociale per permettere un sufficiente rispetto comunitario che ha sempre distinto nei secoli e più recentemente Bologna: una comunità integrata e più stabile. Nel turn over attuale di un buon numero di abitanti, ed è da tempo che le statistiche demografiche di Bologna ci dicono ciò, oltre al calo numerico di abitanti nel Comune e all’invecchiamento della popolazione, ci si frammenta in mille rivoli e appaiono sempre più comunità autoreferenziali. Tanti i migranti provenienti da numerosi paesi del mondo e da altre regioni italiane; chi è qui per lavoro, per povertà, per studio: quanta vera integrazione c’è? Ma chi è nato qui da anni ed è rimasto stabile trova gli stessi servizi di un tempo? No. Le scelte politiche si delegano spesso a partecipazioni civiche già inquadrate in uno sviluppo per il massacro territoriale. Poi sui servizi chi non è abituato all’eccellenza e rimane poco tempo qui, non si mette a fare critiche, consuma quello che passa il convento e basta…  

C’è una sorta di disimpegno sui temi sostanziali, da parte di chi abita e da parte della politica, con una vena di demagogia imparata dalle teorie aziendali di vendita!  

Tutto è finalizzato all’economico, appunto al marketing e quindi al consumo, anche lo sport, anzi soprattutto lo sport. Del resto, oggi che cosa è lo sport? È l’invasione quotidiana sui vari canali delle tante piattaforme e sui social delle tantissime discipline sportive che mostrano sempre nuovi campioni e nuovi eventi, campionati…rincorsa continua a cercare performance e a venderle in una proliferazione di iniziative, perché questo mondo ha bisogno, come tutte le industrie, di soldi. Allora occorre imporre questo sviluppo, quasi di rapina; soprattutto se si comincia a leggere il consumo di territori, risorse ambientali e temporali nella vita dei cittadini che non vi partecipano. Si evidenzia chiaramente un potere di questo sport che pervade ormai la vita di un territorio che appunto non si può più pensare con diritti di cittadinanza. Possibile che ci sia un’invasione di auto alla ricerca di un parcheggio, trovato poi su rotonde, aiuole strade pubbliche e dover per sicurezza avere bloccata una parte di città per più di tre ore prima e almeno due ore dopo l’evento calcistico? Nessuna multa? Quanto ci costano in termini di servizio pubblico di autobus (in ritardo, con linee deviate e senza la possibilità di poter scendere vicino a casa per molte persone spesso invalide e anziane), di polizia municipale (per bloccare strade e non elevare multe, perché, su mia domanda, non possono…), di polizia dello Stato (elicottero per almeno due-tre ore in funzione)? Senza contare poi le possibili violenze fatte dai tifosi soprattutto di alcune squadre di calcio.  

È questo lo sport che si è voluto inserire (e all’unanimità) in Costituzione all’art. 33 il primo che indica il principio al diritto universale all’istruzione: “L’arte e la scienza sono liberi e libero ne è l’insegnamento…”. 

Una forzatura per me, e purtroppo all’unanimità, perché su questo tema il Parlamento ha delegato a pochi l’analisi, evitando di impostare un’ampia discussione pubblica: solo momenti di auto-venerazione fra pochi e addetti ai lavori. Pochi, ma già troppi in percentuale, sono gli sportivi (o ex) seduti su questi scranni; hanno in mente soltanto la cultura sportiva “markettara” di cui hanno utilizzato le prebende, del resto al riparo di un sistema che gli ha permesso di fare facilmente politica ed essere eletti, perché la comunicazione pervasiva e invasiva dello sport li fanno conoscere e quindi sono eletti senza troppi sforzi. 

Così la politica diventa succube di una visione unica dello sport, quello di consumo che vuole, nonostante le questioni economiche imporrebbero altro, mantenere una sua autonomia giuridica, di potere, grazie anche all’ultima riforma dello sport. È l’invasione sportiva in tutti i gangli della società che ha il suo massimo nel potere di scelta di bloccare le città, sempre più urbanizzate da un ultraliberismo di rapina, per far giocare le partite, per esempio di calcio, ormai a qualsiasi ora di qualunque giorno della settimana. 

A Bologna e in regione Emilia-Romagna non ci resta che attendere (arriverà mai un’inversione di tendenza?) una visione più culturale e magari informata ad una decrescita e vera sostenibilità ambientale ed umana. Si dovrebbe intanto scardinare l’idea contenuta nella recente legge regionale dello sport che indica nei grandi impianti e nei grandi eventi sportivi i suoi principi cardine. Allora siamo costretti ad attendere il 30 giugno la tappa del Tour de France e l’investimento per la ristrutturazione dello stadio D’Allara di Bologna: resterà ancora comunale alla fine dei 99 anni di concessione al Bologna FC, e con una spesa prevista di 40 mln da parte del Comune?  

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