Un gruppo di psicoterapeuti dell’infanzia e adolescenza ha preparato un documento che riguarda il destino delle scuole medie di Viale Aldo Moro in considerazione del fatto che tra giorni inizierà il percorso partecipato che ne deciderà il futuro. Dal loro osservatorio registrano «una situazione preoccupante relativamente alla salute dei giovani e al loro investimento sulla scuola»
Siamo un gruppo di psicoterapeuti afferenti alla sezione bolognese di Amhppia, presente in tutto il territorio nazionale con psicoterapeuti specializzati in età evolutiva che lavorano in ambito sia pubblico che privato.
A Bologna la nostra associazione, con il progetto “Oltre La Burrasca”, ha lavorato negli anni con tante scuole del territorio e ha collaborato con i quartieri San Donato e San Vitale alla realizzazione dello spazio “La Casa sull’Albero”.
Ci sentiamo di intervenire sulla questione della dismissione delle scuole Besta poiché, dal nostro osservatorio, registriamo una situazione preoccupante relativamente alla salute dei giovani e al loro investimento sulla scuola.
I ragazzi in questi anni vivono una grandissima crisi: c’è un’emergenza per quanto riguarda fobie scolari (sempre più precoci), ritiri sociali, comportamenti autolesionistici, disturbi alimentari, gravi problemi di ansia, di depressione e di relazione in generale, disturbi rispetto a cui la scuola è dirimente. La scuola ha il compito di includere quanto più possibile, di evitare la dispersione scolastica, di offrire ai ragazzi un contesto in cui crescere in presenza di adulti capaci di sostenerli.
Le scuole Besta, costruite in anni in cui la Pedagogia era applicata alla vita sociale, presentano spazi di vita in cui è dato per certo che i ragazzi abbiano bisogni diversi, tempi di sviluppo e di apprendimento diversi, e questo è rispettato, accolto, gestito attraverso una scuola che consente all’insegnante di prestare attenzione alla classe e contemporaneamente avere uno sguardo sullo spazio adiacente, l’atelier, dove chi ha bisogni particolari (recuperi, studio di gruppo o altro) può svolgere il proprio lavoro. L’atelier può essere usato anche come spazio ricreativo, come zona di lavoro per piccoli gruppi costruiti intorno a ragazzi con bisogni speciali, o spazio mensa più contenuto, rispetto al refettorio, così da favorire la comunicazione tra i ragazzi.
Questo non è poco, perché indica un’idea politica di quello che è un gruppo e di come un gruppo di ragazzi possa evolvere nel rispetto di ciascuno.
Un altro aspetto che è fondamentale ora, molto più che negli anni ’80, è la possibilità, per ciascuna classe, di accedere a uno spazio di “realtà naturale” di pertinenza: l’aula all’aperto.
L’attuale generazione e sempre più quelle a venire avranno bisogno di esperienze concrete che permettano ai bambini di conoscere/conoscersi nel “fare”. Il problema dell’uso di dispositivi elettronici anche da parte di bambini molto piccoli porta a difficoltà di concentrazione, difficoltà nel tollerare le frustrazioni e quindi nel mettersi in gioco per affrontare la realtà e l’altro da sé. Una scuola che strutturalmente offra spazi all’aperto per ciascuna classe ha un valore aggiunto incommensurabile, può sostenere una didattica che davvero faccia crescere culturalmente ed emotivamente ragazzi che sapranno esplorare, conoscere e conoscersi in un’esperienza gratificante, dove la curiosità sia coltivata e incoraggiata.
La curiosità è ciò che permette di apprendere, ma anche di conoscere e accettare il diverso da noi. E certamente l’integrazione del diverso, dello sconosciuto, è un tema fondamentale ora e per gli anni a venire.
Perché dobbiamo rinunciare a tutto questo e tornare a una situazione peggiorativa?
Si decide di chiudere una scuola e progettare un nuovo edificio senza avere in mente una pianificazione concordata con i soggetti interessati e specializzati nel pensare gli spazi per l’insegnamento/apprendimento. Si sostituisce l’esistente con strutture esteriormente accattivanti ma non utili internamente. Un’operazione che avalla un approccio “di superficie” e non attento ai contenuti. Il “contenitore” definisce l’uso che se ne fa, la sua forma ne determina le potenzialità di utilizzo. L’esteriorità è solo una parte e, nella scuola, nemmeno la più rilevante.
Lo spazio in cui si articola e il contesto in cui la scuola è situata, favorisce e veicola la relazione alunno-insegnante e permette un lavoro diverso, come testimoniato dagli insegnanti che in questi anni hanno lavorato nella scuola Besta.
La scelta di eliminare uno spazio scuola nel verde, anziché ristrutturarlo, comunica un atteggiamento distruttivo nei confronti della scuola stessa.
In generale, l’attitudine a buttare via il vecchio, anche se buono, è il contrario di quello che si tenta di insegnare ai ragazzi: sistemare, lavorare con impegno per riparare quando c’è un danno. Le cose buone si tengono, si aggiustano. Le cose nuove non sono buone in sé e certamente una progettazione scolastica fatta senza riflettere sugli spazi interni insieme a insegnanti e pedagogisti è un piano superficiale e inutile. Quanto pensato e progettato in passato non è superato, è ancora attuale e prezioso, in particolare se poi viene sostituito con una tipologia architettonica da anteguerra, letteralmente.
La scuola ha una responsabilità nel favorire la crescita dei giovani e l’Amministrazione comunale ha una responsabilità nel decidere come l’Istituzione scolastica opera. Il come opera dipende in grande parte dal dove lo fa.
Noi come psicoterapeuti riteniamo che la scuola sia uno spazio irrinunciabile dove far crescere i ragazzi e che possa favorire la loro salute mentale. Pensiamo che una scuola progettata tenendo conto delle differenze individuali e che offra una plasticità fisica su cui poggiare nel personalizzare e modulare i diversi momenti di relazione degli insegnanti con gli alunni sia qualcosa a cui non si possa rinunciare e che debba, altresì, essere valorizzato.
Ci domandiamo quale sia il pensiero che sottende la scelta di dismettere una scuola nel parco, funzionale e attenta alla complessità con cui l’adolescenza sfida il mondo degli adulti, in favore di una scuola che anche se all’esterno accattivante al suo interno ha una rigida struttura aula e corridoi.
Partirà tra poco un percorso partecipato per decidere il destino della Zona San Donato Vecchio e Parco Don Bosco al cui interno sono collocate le ex scuole Besta. A noi sembra molto naturale che la progettazione dell’area comprenda che le ex scuole Besta vengano ristrutturate per poter diventare le Nuove Scuole Besta, una scuola nel parco storicamente radicata in un territorio particolarmente bisognoso, molto popolato, apprezzata sia per la qualità dei progetti offerti dalla scuola ai suoi allievi che per i progetti realizzati per gli abitanti del quartiere