La candidatura di Dario Vassallo con il Movimento 5 Stelle per la Camera dei deputati nel collegio uninominale di Eboli-Cilento è un evento di particolare rilievo per il significato che rappresenta nel territorio, ma anche più in generale nel paese. Dario è il fratello di Angelo Vassallo, il sindaco pescatore di Pollica, ucciso il 5 settembre 2010 da mano ancora ignota, seppure le lunghe e tortuose indagini dopo dodici anni sembrano giunte alla fine a scovare i colpevoli, con il rinvio a giudizio di nove co-imputati tra cui tre uomini dei carabinieri.
L’omicidio del fratello Angelo è stato fin da subito per Dario e per il fratello Massimo, il suo alter ego, motivo di un grandissimo dolore, trasformatosi in un impegno straordinario per la verità e soprattutto perché la sua figura non venisse abbandonata all’oblio. Da dodici anni i due fratelli, che nel frattempo hanno costituito la “Fondazione Angelo Vassallo”, girano l’Italia intera e non solo, per far conoscere chi era il sindaco pescatore, quali le sue opere e le sue idee. È grazie soprattutto a quest’impegno instancabile se oggi si può dire che quasi nessuno ignora il suo nome, diventato simbolo di politica come lotta per la legalità, per l’ambiente, per il mare pulito, per la bellezza.
La candidatura di Dario nel suo territorio, dove è nato e non abita ma è luogo di sua attiva presenza, è un riconoscimento per questo impegno, ma anche un monito per una classe dirigente locale che non sempre ha brillato e brilla per analogo impegno nei confronti della legalità. In questo senso non bisogna nascondersi che in questi anni Dario e Massimo hanno incontrato non poche difficoltà a condividere la loro battaglia per verità e giustizia, in un clima non sempre favorevole alla collaborazione. Intendiamoci: il Sud è noto per essere terra difficile riguardo alla critica ai potentati e alla mobilitazione civile, pur se non mancano tanti luminosi episodi. È connaturata alla sua costituzione storico-politica e sociale la subalternità dei più allo strapotere delle élite, siano state nel tempo i latifondisti o le Curie oppure, in tempi recenti e attuali, prepotenti di professione come politici corrotti, camorristi e “gente di rispetto” dai colletti bianchi. È una tragedia nazionale, che non esiste più solo al Sud purtroppo, ma che lì assume i caratteri della rinuncia preventiva, dell’adattamento ai voleri del più forte, anche all’accettazione acritica – se non tante volte alla condivisione piena e all’immedesimazione nella subcultura mafiosa.
Angelo era ostico nel contrastare quelle mentalità e Dario, con Massimo, non sono da meno. Ciò non vuol dire certo che l’intera società meridionale, campana e tantomeno cilentana, siano amalgamate ai criteri del dominio criminale. Sarebbe un grave errore solo pensarlo: ci sono tanti cittadini onesti e anche tanti amministratori pubblici che fanno il loro dovere con serietà e senso delle istituzioni. A volte al Sud ci si divide pur stando dalla stessa parte della barricata, per mancanza di fiducia negli altri, per eccessiva asprezza delle condizioni di vita, per uno Stato troppe volte lontano o che si presenta col volto peggiore.
La storia di Angelo è proprio quella di un personaggio che stava cercando di superare quelle difficoltà e aveva messo il “dito nella piaga” di un sistema politico troppo assuefatto al compromesso deteriore: per questo, per il successo che stava mietendo, andava tolto di mezzo. Ora Dario si cimenta in un’impresa non facile, conquistare molti voti in questo territorio difficile, in un‘elezione tra le peggiori degli ultimi vent’anni, ma è un uomo molto coraggioso; nel Meridione c’è bisogno di riportare passione civile e volontà di riscatto. Un plauso al Movimento 5 Stelle e al suo parlamentare Luca Migliorino, tanto impegnato nella battaglia per Angelo. Una scommessa forte che si può vincere.
Questo articolo è stato pubblicato su Il Fatto Quotidiano il 26 Agosto 2022