Lui si definisce l’Elevato, l’Altro lo chiama Sopraelevato. Lui si è mostrato alla guida di un carro funebre per simboleggiare la morte del Movimento di cui predica l’estinzione. Quel che resta, però, è compostabile e vedrete quel che ne farò, dice l’Elevato o Sopraelevato che dir si voglia. Lui è Beppe Grillo, il comico che con un rumoroso “vaffa day” si è inventato una forza politica antisistema – per i critici antipolitica – che in un battibaleno ha conquistato un terzo degli elettori italiani; l’ha portata al governo prima con la Lega di Salvini e poi con il PD tirando fuori dal suo cappello da prestigiatore l’Altro che ora chiama il mago di Oz, l’azzeccagarbugli pugliese Giuseppe Conte detto Giuseppi negli USA di Trump. Giuseppi ha fatto strada, due volte premier, mentre il Movimento cominciava a battere in testa perché chi aveva imparato a fare politica si era dovuto fare da parte (la regola dei due mandati) e perché non si può continuare a lungo a dire né di destra né di sinistra a meno che non sei Perón. Il M5S che assomiglia sempre più a un partito-partito e non al partito-azienda di Grillo e Casaleggio e troppo spesso si ritrova a braccetto con il centrosinistra fa incazzare l’Elevato, cioè il Fondatore e dunque il Garante pagato 300mila euro l’anno per il disturbo. Dopo essersi fatto un po’ da parte anche per seguire le imprese del suo figliolo accusato di stupro (con una caduta di stile Lui se l’è presa con la vittima, perché si sa, prima “quelle ragazze lì” provocano, poi ci stanno, poi ti accusano ingiustamente), adesso è tornato rumorosamente in pista alla guida del carro funebre.
Lui che aveva conquistato un terzo d’Italia con la difesa dei beni comuni e la democrazia diretta ora contesta il voto degli iscritti, che in 50mila hanno deciso di liberarsi di lui, scegliere il campo progressista, cancellare la regola dei due mandati e persino modificare il nome del Movimento, e ne impone la ripetizione. Spera nelle diserzioni (“andate per funghi”) per far mancare il quorum del 50% degli iscritti e lascia comunque intendere che se anche andasse male ci sarebbe sempre la possibilità di vedersela in tribunale. E chiede all’Altro, il nemico, di togliersi dai cabasisi e fondarsi un suo partito così che poi Lui possa compostare le ceneri del Movimento, magari insieme ai fedelissimi Toninelli e Raggi per farne chissà cosa. L’Azzeccagarbugli resiste, ha dalla sua la volontà dei primi eletti del M5S di tornare a combattere in Parlamento e nelle amministrazioni locali. Conte rivendica l’autonomia, stare nell’area dei progressisti non vuol dire accodarsi a Elly Schlein, fare l’occhiolino all’Alleanza Verdi Sinistra non vuol dire legarsi le mani in Europa, e alla sua Costituente che ha (avrebbe, Grillo permettendo) cambiato il volto del M5S ha invitato Sahra Wagenknecht, leader della BSW tedesca nata da una scissione della Linke. I media e il mainstream la incasellano tra i rosso-bruni. Come Sahra, Giuseppi è contro il sostegno militare all’Ucraina e il riarmo dell’Europa, è contro le guerre, guarda storto la NATO. Come Sahra preferisce occuparsi di struttura (povertà, salari, diseguaglianze) che di diritti individuali e come lei mette un argine al sostegno ai migranti. Conte si attiva per un problema che non sembra scaldare il cuore dell’Elevato: lo scempio della sanità pubblica, che comporta l’abbandono di chi non ha i soldi per curarsi nel privato.
Il M5S attraversa il suo momento più difficile, ha perso milioni di voti e tanti suoi elettori sono andati a ingrossare le file degli astenuti, in un Paese in cui ormai vota regolarmente meno della metà degli iscritti e iscritte alle liste elettorali. È come se la spinta propulsiva delle origini si fosse esaurita. L’indeterminatezza delle scelte politiche, i limiti di un campo largo che non riesce a nascere, l’insostenibilità di alcune posizioni del Partito democratico in particolare in politica estera e la guerra senza esclusione di colpi dichiarata da Grillo a Conte sono alla base delle difficoltà a far ripartire il treno del cambiamento di un movimento nato per aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno e ridare la parola ai cittadini. Il M5S, pur con tutte le sue contraddizioni, ha avuto un ruolo importante nella vita politica italiana. È grazie a Conte e ai contiani se la parola pace non è stata regalata in toto all’estrema destra degli ungheresi d’Italia (Salvini), con un PD ultra-atlantico che neutralizza ogni timido tentativo di Elly Schlein di marcare l’accento sulla diplomazia e non solo su missili e cannoni da spedire a Kiev per allungarne l’agonia.
E poi, per sconfiggere le destre sempre più pericolose per la democrazia e dannose per le fasce più deboli della popolazione bisogna prendere più voti, e quelli del M5S sono determinanti. Lo si è visto, solo per fare un esempio, alle elezioni in Umbria che è stata finalmente riconquistata dalle forze democratiche. Solo con un programma credibile che non cancelli le differenze ma fissi degli obiettivi comuni si può richiamare alla partecipazione i cittadini che, con qualche ragione, hanno smesso di credere nella politica. Non bisogna dimenticare che, pur con tutte le sue contraddizioni, il M5S per una fase ha rappresentato un argine allo smottamento a destra del paese, sollecitato dalle sirene sovraniste e dal ritorno del mito eterno dell’uomo forte. Per questo l’esito dello scontro interno al Movimento deve interessare tutti i democratici.
Questo articolo è stato pubblicato su Area il 5 dicembre 2024