Emilia Romagna, "se citofonando io dovessi dirti addio…"

27 Gennaio 2020 /

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di Alessandro Canella
Alla fine lo sciopero del tiro ha funzionato. L’Emilia Romagna non ha aperto la porta di viale Aldo Moro, sede della Regione, alla Lega di Matteo Salvini e, prima regione dopo tante che ne sono cadute, lo ha sconfitto nelle urne.
La candidata del centrodestra, quasi completamente oscurata dalla campagna elettorale del leader nazionale, si è fermata al 43,7%, mentre Stefano Bonaccini viene confermato presidente della Regione con il 51,4%. Praticamente sparito dalla scena politica regionale, invece, è il M5S, che anche in Emilia Romagna ha confermato la grave emorragia nazionale.
Emilia Romagna, le ragioni del risultato
Il responso delle urne ha detto molte cose. Innanzitutto che l’Emilia Romagna non è una terra di conquista, così come invece l’aveva descritta Salvini con il suo slogan che vaneggiava di “liberazione”. Né una campagna elettorale che non ha toccato alcun reale tema locale, ma è stata tutta incentrata su temi da clickbait come Bibbiano, il culatello e gesti osceni e clamorosi come quello del citofono, sembra aver funzionato. La bonarietà emiliano romagnola non va confusa con le pagliacciate propagandistiche ed è una lezione che la Lega dovrebbe aver imparato.
A prevalere è stata anche la conservazione di uno status quo che rende, pur non senza problemi, l’Emilia Romagna una regione dove c’è più benessere in Italia. Dal punto di vista tecnico-strategico sono diversi gli elementi che hanno contribuito a fermare il centrodestra, che comunque, con quel 43,7%, non ha pochi consensi.
A salvare Bonaccini sono stati i voti disgiunti, arrivati dal M5S, qualcosa da sinistra, ma anche dal centrodestra, probabilmente da Forza Italia, dal momento che a Lucia Borgonzoni mancano voti rispetto a quelli della sua coalizione.
L’alta affluenza, che lambisce il 70%, è sicuramente un altro fattore che ha giocato a favore del governatore uscente e, in questa mobilitazione per il voto, qualche ruolo possono averlo giocato le sardine con la loro presenza nelle piazze e la grande visibilità che hanno avuto.
Non ha vinto la sinistra, tuttavia
La vittoria di Stefano Bonaccini, però, non può definirsi una vittoria della sinistra. Lo stesso governatore uscente, nel suo listino, ha inserito nomi del mondo industriale e i continui appelli al “voto utile” effettuati prima dell’apertura delle urne erano tutti indirizzati verso il voto moderato.
La prestazione delle formazioni alla sinistra del Pd, del resto, non è complessivamente soddisfacente. Se Emilia Romagna Coraggiosa, in coalizione con Bonaccini, tocca un 3,77% regionale, che è appena meglio del 3,23% di Sel e del 3,72% de L’Altra Emilia Romagna del 2014, la stessa ultima lista, in questa tornata, ha preso lo 0,36%. Molto male sono andate Potere al Popolo (0,37%) e Partito Comunista (0,47%).
In altre parole, il consenso della sinistra, fuori o dentro la coalizione di Bonaccini, non arriva al 5%. Quasi 7 se si vuole includere nella lista anche Europa Verde (1,96%).
Questo articolo è stato pubblicato da Radio Città Fujiko il 27 gennaio 2020

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