Matera 2019: il rapporto tra la città dei sassi e la bulgara Plovdiv dovrebbe essere la regola in un'Europa democratica e di base

16 Novembre 2019 /

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di Michele Fumagallo
Il 17 ottobre del 2014 la città di Plovdiv, in Bulgaria, meglio conosciuta in passato nel nostro mondo con il nome di Filippopoli, fu proclamata assieme a Matera capitale europea della cultura per il 2019. Dunque sono state due le località scelte per celebrare questo tipo di manifestazione europea inventata il 13 giugno del 1985 dalla ministra greca della cultura Melina Mercouri.
Da allora, e poi durante quest’anno, Matera ha organizzato alcune manifestazioni assieme alla città bulgara. Ora, senza voler approfondire il rapporto tra le due città che è del resto occasionale e dovuto a questa circostanza fortuita, il problema di un’Europa che nasce dalla partecipazione dei suoi Comuni è davvero centrale per la costruzione del Nuovo Stato. Ma sembra che non ci sia questa consapevolezza politica nonostante i rapporti che continuano. Ultimamente a Reggio Emilia è stato presentato il docufilm “Matera Plovdiv la retta via della cultura”.
Ha ricevuto anche il saluto entusiasta del ministro della cultura Dario Franceschini che ha dichiarato: “Il viaggio che avete compiuto attraverso la Puglia, il mare Adriatico, l’Albania e la Macedonia del Nord fino alla Bulgaria rende concreto il legame tra le due Capitali europee della cultura 2019, una storia di umanità e di rapporti che simboleggia l’essenza stessa del nostro essere europei”. Bene. Anzi non bene. E non mi riferisco alle manifestazioni culturali e alla loro qualità ma a un comportamento nei rapporti tra città che è rimasto fermo nel tempo ad anni lontani che non vedevano la costruzione europea come sfondo reale e centrale dei vecchi Stati ma soltanto un processo appena alla fase iniziale.
Senonché, dal trattato di Maastricht e dall’introduzione in molti Stati della moneta unica – ma anche l’intuizione della magnifica attrice greca sulla centralità della cultura in ambito europeo era significativa -, le cose hanno preso un’altra piega più spostata verso un tentativo di costruzione “vera” dell’Unione Europea. Evidentemente oggi viviamo un periodo di blocco di questa realizzazione, un problema gigantesco che può diventare tragico se non si corre ai ripari e non riprende subito una lotta radicale per la costruzione del Nuovo Stato Europeo.
Ma perché è bloccato questo processo? Per tante ragioni che qui non possiamo trattare. Ma di una possiamo parlare: è il tragitto democratico e di base di questa Unione. L’Europa intesa come Stato Nuovo non nascerà, o nascerà molto male, senza la centralità dei Comuni Europei, senza il loro protagonismo attivo, e naturalmente il loro cambiamento soprattutto con aggregazioni e funzioni all’altezza del nuovo territorio di riferimento. E anzi, a pensarci bene, è proprio dalla mancanza di questa linea fortemente di base e municipale che la costruzione europea si è arenata.
Il rapporto tra città, e cioè tra Comuni europei, è la base per un’Europa democratica. Urge insomma una rivoluzione dei Comuni in Europa. Soltanto lì, dove la gente vive la vita di tutti i giorni e si confronta con l’istituzione più vicina ai propri interessi e bisogni, può riprendere un cammino che porta democraticamente alla nascita del Nuovo Stato. Ecco perché i rapporti culturali, le manifestazioni fatte insieme e gli scambi costruiti a Matera con Plovdiv sono utili e magari simpatici ma molto lontani da ciò che bisognerebbe fare (ovunque) nel territorio europeo. Perché, ben al di là degli “scambi”, il problema è tutto squisitamente politico e si tratta sempre della costruzione dell’ossatura di base dello Stato Nuovo.
Ma una politica esplicita, dichiarata, non mediata, perché oggi siamo in un altro tempo storico. È un peccato che tutto questo, nell’anno di capitale europea della cultura, non sia stato urlato ai quattro venti a Matera.

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