Matera 2019: se la città dei sassi viene vista con gli occhi accomodanti del personaggio Imma Tataranni

28 Settembre 2019 /

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di Michele Fumagallo
Non c’è alcun dubbio e sembra quasi una iattura. Il vantaggio di arrivare in ritardo è quello di conoscere gli errori degli altri e quindi evitarli. Ma non accade mai e si ripetono sempre gli errori altrui.
Di visioni edulcorate e accomodanti è fatta oggi la pasta stessa delle fiction televisive. Le eccezioni si contano sulle dita di una sola mano. Si poteva sperare che il personaggio (televisivo, perché quello letterario è davvero modesto) del sostituto procuratore Imma Tataranni che investiga su di un delitto in quel di Matera e dintorni, fosse parte di queste eccezioni, perché nel rapporto tra scrittura e immagine possono avvenire “cose strane” (l’arte in tutte le sue espressioni e qualità è un gioco misterioso). Invece la fiction ha cavalcato il solco tradizionale e pacifico del modo di far televisione di questi ultimi anni.
Parliamo della prima puntata della serie incentrata su questa investigatrice inventata dalla penna della scrittrice di origini materane (di Grottole, per la verità) Mariolina Venezia, già vincitrice del premio Campiello nel 2007 (ah, i premi, ma quando si alza un movimento a sbeffeggiarli per il loro infantilismo) per il romanzo “Mille anni che sto qui”. Un libro su cui val la pena citare il giudizio sferzante di Carlo Freccero dopo quel premio: “Gli italiani sono di bocca buona, dato che ha vinto una sceneggiatrice”. E per stare alla battuta di Freccero, possiamo dire che anche come “sceneggiatrice” di libri gialli (siamo al quarto libro su Imma Tataranni, l’ultimo è in libreria in questi giorni) la Venezia non brilla per invenzioni stilistiche e contenutistiche strabilianti ma per storie semplificate e ammiccanti con lo sfondo oggi facile di Matera.
Domenica 22 settembre è andata su Rai Uno la prima delle sei puntate di “Imma Tataranni – Sostituto Procuratore” per la regia di Francesco Amato e l’interpretazione di Vanessa Scalera e ha avuto un grande successo di audience. Benissimo. Però che peccato questo personaggio femminile ridotto a simpatica e “domestica” (anche nel senso dell’economia domestica) investigatrice che si muove dentro un delitto che squarcia il velo della città e della provincia con una “simpatia” che di fatto sostituisce la grandezza poliziesca che è il sale di qualsiasi giallo che si rispetti. Un personaggio che vorrebbe essere leggero e nello stesso tempo introspettivo come non sanno essere i maschi della compagnia (un marito troppo dolce e in fondo banale, un capo troppo incredulo e formale), ma che invece ricalca i cliché abusati della commedia giallorosa tinta nello stile a volte insopportabile del “familismo meridionale”.
Ci sarebbe poi da discutere del rapporto fiction – location su cui pochi si soffermano convinti ormai che non ci possa essere nessuna invenzione tra luoghi e cinema e quindi nessuno “scambio” immaginifico. Il problema è semplicemente sfruttare la location per una visione (turistica) forse utile ma troppo facile. Eppure sarebbe giunta l’ora di pensare a un rapporto e un’invenzione del tutto nuovi tra immaginario artistico e immaginario dei luoghi. Persino il Comune di Matera, per bocca del suo ufficio cinema, ha cominciato a parlarne.

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