Matera 2019: il vizio eterno (ma oggi più pericoloso) di nascondere la polvere sotto il tappeto

24 Agosto 2019 /

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di Michele Fumagallo
Sì, è comprensibile che durante uno sposalizio non sia bene parlare male della sposa o dello sposo. Bisogna farlo correttamente prima o dopo la festa, altrimenti si rischia di essere fraintesi, soprattutto di deviare da ciò su cui si vorrebbe portare l’attenzione.
Questa premessa per dire che a Matera e in Basilicata c’è un silenzio assordante su molte incongruenze, a partire dalla delinquenza organizzata presente da anni in regione e in città, e in tante realtà anche piccole del territorio. Per proseguire sul lavoro nero e sullo sfruttamento nei molteplici servizi di cui è piena Matera capitale della cultura 2019 (una denuncia già tentata dai sindacati, sia pure nella loro ormai strutturale postura burocratica), e per finire sull’inquinamento ambientale di vario tipo.
A vedere come vengono affrontate, anzi non affrontate, queste questioni sociali dirompenti vengono subito in mente alcune domande, per ora soltanto interlocutorie, da porre alle classi dirigenti locali ma anche alla popolazione. A partire da questa: fino a che punto la cultura può essere chiusa in uno scompartimento stagno dove cammina parallelamente alle degenerazioni sociali quasi fosse una cosa incontaminata?
Qui non mi riferisco al tentativo, che pure c’è, di produrre spettacoli e mostre “impegnate”, ma a una domanda ben più radicale: come può l’organizzazione politica della cultura e dell’arte intrecciarsi con una battaglia civile e politica?
Secondo me il distacco tra cultura e impegno civile non è possibile. È un’illusione che coltivano in tanti ma è, appunto, un’illusione. Certo, c’è un modo per intrecciare questioni così diverse che presuppone una tattica e un approccio del tutto particolari, che esclude, ad esempio, la pesantezza e l’unilateralità dell’intervento. Tuttavia deve essere chiaro che la cultura, se vuole avere un ruolo guida per lo meno sui consumi, non può esimersi dal dire chiaramente e “militantemente” la sua sulle cose del mondo.
Perché dunque si tace sullo scandalo (di questo si tratta perché era del tutto evitabile con un altro approccio al problema) di una delinquenza organizzata che ha assalito, da ormai molti anni, dall’esterno e dall’interno una piccola regione del Sud un tempo immune da questo tipo di devianza? E soprattutto perché se ne parla in genere così poco? E specificamente perché i promotori di cultura ne parlano così poco?
E sul lavoro nero e super sfruttato, causa non ultima dell’emigrazione giovanile dai territori del Mezzogiorno, perché se ne parla così poco? Perché nessuno prova ad aggredire questo nodo proprio a partire dalla civiltà nuova che una cultura diffusa vorrebbe “intromettere” in società?
E anche sul problema degli inquinamenti vari, a partire da quello petrolifero, perché la discussione, quando c’è, è così povera?
Ripeto: sono domande per ora soltanto interlocutorie, da porre in seguito in modo ben più profondo e strutturale. Intanto però non si era detto che Matera avrebbe fatto un grosso passo avanti nel vivere civile e nella ricchezza sociale con la proclamazione di capitale europea della cultura? Ma lo possiamo fare questo passo avanti senza aggredire direttamente le suddette questioni?

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