di Silvia Napoli
Ci sono domande cui non è facile talvolta dare risposta, specie ai giovanissimi, specie se sono nostri figli:le ragioni di imbarazzo, di non detto tra ruoli predefiniti e generazioni, si sa, sono molteplici e i pregiudizi reciproci si sprecano.
Se l’accusa dei giovani contestatori agli adulti di un tempo era di essere matusa, come chiosava Marcello Marchesi nelle sue fulminanti battute, oggi diciamo che si vive un pochino a compartimenti stagni, presi dalle propie cose e i ragazzi ci sembrano pigri e sdraiati, metaforicamente e non: una cosa ci accomuna tutti allegramente ed è l’abuso di dispositivi social che sfocia per tutte le categorie in casi di tastierismo trash.
Ma se invece dovesse capitarci di rispondere ad un quesito storico di quelli spiazzanti, di quelli più legati alle ragioni del nostro riconoscerci in società civile e molto meno pittoresco delle storie di piramidi e faraoni, come ci ritroveremmo?
Se nostro figlio fosse un tredicenne buffo e sveglio, un poco come Pin, il monello bambino protagonista del celebrato esordio di Italo Calvino, il Sentiero dei nidi di ragno, potremmo aspettarci invece, che, alla domanda: cos’è un gap, qualche risposta cerchi di darsela da solo, vivendo in parte l’adrenalinica seppur incomprensibile vita degli adulti, interpretandola come grande gioco collettivo da rimpallarci addosso, stimolando qualche riflessione non banale.
Tutto questo accade in uno dei più recenti lavori di Ateliersi in quanto compagnia, formata per questa occasione da Fiorenza Menni, Andrea Mochi Sismondi e loro figlio Marco. Varrebbe la pena di raccontare molte cose sulla concezione etica di Ateliersi, come spazio di residenze teatrale, accogliente casa di spettatori, amici, compagnie in prova, debutti di studi ed esperimenti e anche sul loro personale modo di intendere l’impegno politico che diventa tutt’uno con il fatto teatrale.
Mi limiterò qui a ricordare la straordinaria esperienza di qualche anno fa, di trasferta conoscitiva nella cultura romani, che ha prodotto un grande lavoro di scandaglio antropologico da parte della coppia Menni-Sismond sulla organizzazione sociale dei ROM, il loro lavoro sulla strage di Ustica, oppure ancora la loro esplorazione delle scritte sui muri, fenomeno sempre esistito ben prima delle tag, del graffittismo con polemiche annesse e connesse, o addirittura il costruire una pièce, cosi come Cocteau fece con la famosa telefonata interpretata da Anna Magnani, sugli inciampi interpersonali da uso e abuso di chat, comunicazioni interpersonali virtuali: insomma non si può dire che gli amici di Ateliersi non stiano sul pezzo, svicolando in tutti i modi da una concezione autoreferenziale della pratica artistica, con un’anima rockettara in senso largo, pronta a risvegliarsi nelle programmazioni musicali e di djsetting e nella attenta partitura elettronica che scandisce i loro spettacoli, affidata al grande talento di Vinx Scorza in questo caso specifico di Cos’è un GAP.
Facciamo dunque volentieri due chiacchiere con Fiorenza, una delle attrici più esperte e sensibili del nostro teatro di ricerca, se questa abusata espressione può ancora avere un senso. Anche perché possiamo ben dire questo sia un caso di felici ritrovamenti, più che di nebulose ricerche.
Cos’è un Gap intanto, quando leggerete questo articolo sarà già andato in pubblico il 13 luglio, sempre nell’ambito dell’estate bolognese, al parco di Montesole e si potrà rivedere in diversa modalità il 15 agosto presso casa Ariette, una grande situazione di affinità elettive, dunque, che comprenderà in quel caso una cena conviviale e una camminata forse alla ricerca dei nidi di ragno chissà, o delle lucciole, nei dintorni della magione teatro, casa ospitale e partigiana di civile e ambientale convivenza sempre. Ci sarà una navetta in partenza da Bologna per evitarsi lo stress automobilistico vacanziero in una giornata tanto topica.
In settembre, si approda invece a Bologna city, presso le serre dei Giardini Margherita, una delle più felici esperienze di hub innovativa, nonché uno dei luoghi più trendy della bella stagione cittadina, all’interno del contenitore festival Resilienze, dedicato insieme al resto delle programmazioni anche alle forme ludiche che ci permettono di avere un approccio empatico e trasformatore della realtà. La data sarà il 12 settembre, sempre al crepuscolo come nelle iniziative precedenti.
La molla creativa per questo lavoro, mi spiega Menni, ci viene da una suggestione della creatrice Elena Di Gioia, che cercava nell’ambito della sua stagione Agorà, qualcosa di fresco ed efficace per parlare della Liberazione e della ricorrenza del 25 Aprile nel senso di una trasmissione generazionale. Non è in effetti facile, evitare le incrostazioni retoriche e lo dico con cognizione di causa, da figlia di partigiano:per me è sempre stato naturale sentire un sacco di anedottica relativa alla vita della guerra alla macchia, ma mi rendo ben conto che altri vivono una serie di informazioni come nozionismo o ritualismo.
Si pensava di coinvolgere nostro figlio, se fosse stato concorde, ma ci voleva una traccia su cui lasciarlo libero di creare spunti a sua volta. Cosi abbiamo pensato al libro di Calvino, cosi realistico e fantastico insieme, cosi formativo e autoformativo, ricco delle contraddizioni di classe che poi si palesarono ben presto nell’ambito della Resistenza, già foriero delle questioni relative al ruolo degli intellettuali, innovativo per il linguaggio colloquiale, pieno di slang e acronimi. Volevamo creare anche comunità e attenzione: così è stato Marco a pensare di raccontare la storia smontandola nelle tessere di un gioco ed ha pensato alla tombola, perché istituisce, secondo il suo modo di vedere, una grande vicinanza tra le persone, proprio perché semplice, casuale nella gara, che richiede quel tanto di concentrazione che basta per competere lealmente senza cattiveria. Così, in scena siamo io e Andrea a interpretare parti del libro, in un interno borghese vintage, in questo aiutati dagli amici antiquari di Fricando, zeppo di strumentazioni scientifiche a ricordare la vocazione familiare dei Calvino, poi cosi evidente in controluce nel lavoro letterario di Italo e pure nelle sue scelte matrimoniali.
Marco dirige invece con interrogativi suoi personali il gioco con il pubblico che riceve in dotazione una cartella con frasi e domande di contesto che deve appunto dimostrare segnandole con una apposita matita in materiale riciclato, di avere in sequenza per vincere dei premi. Premi che sono dei libri e chi fa tombola ne riceve almeno otto. Sarebbe tutto piuttosto oneroso, se gli amici e compagni della libreria indipendente Infomodo non ci venissero incontro, chiosa Menni. Si tratta di una marea di testi in tema che abbiamo noi stessi letto per prepararci allo spettacolo.
Siccome in fondo il romanzo di Calvino è autobiografico, sdoppiandosi la figura dell’autore in parte in Pin, il ragazzo abbandonato che vive impropriamente da adulto e in parte in KIm il comandante partigiano borghese e consapevole, abbiamo pensato di suggellare la rappresentazione con un tocco fintamente personale. Viene messa in scena l’ascendenza familiare di Marco che immagina qui di aver trovato una lettera del nonno per lui:poteva esserci dentro una delle narrazioni preferite, riferite alla vicenda della battaglia di Casola Valsenio, in cui si scopre che un comandante alleato particolarmente tosto e combattivo, spogliatosi della divisa si rivela una donna, ma viene in realtà letto il testamento spirituale di Lorenzo Guerrini, “ORSO”, valoroso attivista caduto in Kurdistan le cui spoglie sono state accolte dal drappello d’onore dell’ANPI di Firenze e seppellite al sacrario partigiano.
Questo perché noi riteniamo che anche in questa liquida, paludosa società di oggi, si sia sempre chiamati a scelte di campo e di valori. I giovani devono armarsi di coraggio civile e fare delle scelte. In un momento cosi buio della nostra Storia per cosi tanti aspetti, consola vedere che gli idoli dei giovanissimi come mio figlio stiano cambiando e che Greta Thunberg sia considerata un grande modello positivo. Non resta che partecipare a questa tombola di civiltà il 12 settembre alle Serre dei Giardini sperando di vincere il massimo dei premi e pazienza se non tutti scopriranno in quella sede cosa fosse un Gap, peraltro alla fine centrale nello svolgimento drammatico dei fatti.