di Michele Fumagallo
Chiedo scusa al lettore se prendo questo discorso alla larga ma penso sia utile. Gli uomini si muovono condizionati innanzitutto da due cose: l’unità di luogo e l’unità di tempo. Cioè la geografia e la storia, le materie fondamentali della vita. E della politica.
Si muovono quindi (dovrebbero muoversi) gestendo la contraddizione, “governando gli opposti”. La contraddizione è presente in ogni anfratto della nostra vita ed è persino l’asse portante dell’unica cosa che abbiamo e da cui dovremmo sempre partire, cioè il nostro corpo. Nel piccolo “bagaglio” che ci portiamo dietro si mangia e si caca cioè si fanno due cose opposte. La gestione è qui facile perché è un dono della natura, ma quando si passa alle decisioni non più naturali ma sociali e storiche cominciano i dolori.
La contraddizione è stata la parola analizzata in tutte le analisi più grandi fatte dagli studiosi in ogni epoca storica. È stata anche il punto ideologico centrale di qualsiasi cambiamento o rivoluzione politica. C’è persino un grande delle rivoluzioni del passato, impropriamente dette “religiose”, a cui la parola contraddizione viene data come attributo fondamentale e imprescindibile. Parliamo del Nazareno che è, secondo gli evangelisti che ne raccontano le storie, “spirito di contraddizione e di verità”. Dunque la verità è nella contraddizione, cioè nel dire e fare due cose opposte e nel saper gestire questo “movimento”. Un esempio: odiare la violenza e non praticarla ma nello stesso tempo usarla per difendere i deboli. E così via.
Tutto questo vale anche per i territori.
Senza questa capacità di “gestire gli opposti” i territori (dai piccoli alle nazioni e oltre) sono destinati a vivere in balia del caso o sottomessi agli altri.
Ma adesso scendiamo nel concreto di Matera, città medio-piccola italiana ed europea. La città dei Sassi è ai confini della regione Puglia, e anzi fino a circa 4 secoli fa ne faceva parte come “Terra d’Otranto”. La sua cultura materiale, a partire dallo stile dei manufatti, è “pugliese”, la sua conformazione antica sul canion della Gravina (un torrente) ne fa la “capitale” di un numero notevole di cittadine (tutte in territorio pugliese) che si affacciano sullo stesso corso d’acqua e sul camminamento dello stesso burrone. Tuttavia questa “geografia” è stata piegata dagli uomini, cioè dalla storia, alle ragioni lucane, quindi la consuetudine di molti secoli ne ha “spostato” l’asse in questi termini che quindi diventano importanti perché le consuetudini nella storia umana sono importanti. La storia quindi, da lunghissimi anni, ha condizionato l’agire sociale e politico della città in termini “lucani”, marchiandola in modo imprescindibile.
Matera, dunque, sa gestire questa contraddizione? A me pare di no. Perché, da buon territorio di confine, è continuamente sbilanciata e indecisa tra la Lucania e la Puglia. La città è “dominata” da Potenza che la “tira” in Lucania e non le ha riconosciuto in passato il ruolo che le competeva (quello di guida culturale nella regione, adesso finalmente conquistato) ed è “dominata” dalla Puglia che la condiziona dal punto di vista commerciale e imprenditoriale (gli investitori per “Matera 2019” sono in parte pugliesi).
Come se ne può uscire? Ma con l’autonomia, altra parola magica, parente strettissima della “contraddizione” e della “gestione degli opposti”.
Guidare i processi del proprio territorio è fondamentale per guardare a testa alta agli altri territori italiani ed europei.
Matera ha invece oscillato continuamente su svariate questioni perché incapace di questa autonomia. Torna, come si vede, la questione dell’autonomia dei “Nuovi Municipi Europei”, fondamentale se si vuol costruire davvero un’Europa autentica e forte, un futuro partecipato e all’altezza di una democrazia matura.
Non c’è spazio per ragionare approfonditamente di due cose che hanno riguardato proprio “Matera capitale europea della cultura”: l’asse ferroviario e il teatro. Perciò mi limito ad accennarne soltanto.
Matera è l’unico capoluogo di provincia italiano a non avere una stazione ferroviaria dello stato ma un sito privato (la ferrovia appulo-lucana che lega la città a Bari). Grazie a finanziamenti e al ruolo che la città si è dato questa tratta sta mettendo in piedi una ristrutturazione che ne dovrebbe (a breve) aumentare velocità e comodità nei circa 70 chilometri di percorrenza. Questo dal versante adriatico. Dal versante tirrenico e ionico Matera è sprovvista di ferrovia perché manca il pezzo che dovrebbe collegarla alla stazione di Ferrandina (circa 30 chilometri di distanza). Questo tracciato, ripreso dopo interruzioni di anni che hanno sciupato un’infinità di risorse economiche, dovrebbe terminare nel 2023.
Ebbene, nei 4 e più anni di preparazione per “Matera capitale della cultura”, non solo questo accordo è stato raggiunto con un ritardo notevole ma ci sono state diatribe assurde sull’utilità del tracciato “occidentale” a dimostrazione della difficoltà della città di “gestire gli opposti”, di programmare il territorio.
Altro esempio: il teatro. In città praticamente non c’è teatro, quello privato, in funzione tempo fa, è malmesso e chiuso. Anche qui, nel mentre si discuteva di dotare finalmente la città di un teatro come si deve, non c’è stato qualcuno che ha obiettato: ma c’è già nella vicina e pugliese Altamura! Non capendo che una città come Matera e il suo hinterland può benissimo avere un proprio teatro. Quindi altro tempo perso. E la questione teatro è ancora in alto mare.
Ecco, si potrebbero portare altri esempi di questa difficoltà e incapacità di gestire gli opposti anche in termini territoriali, ma ci fermiamo qui.