Matera 2019: se la città si distrae al bivio di una nuova trasformazione

6 Aprile 2019 /

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di Michele Fumagallo
Come Giorgi Ramorra, protagonista di un racconto di Rocco Scotellaro (“Uno si distrae al bivio”), Matera rischia di distrarsi al bivio di una nuova trasformazione e una nuova modernità. Questo è il pericolo che corre la città dei Sassi e, se questo avvenisse, non ci sono alibi: sarebbe soltanto responsabilità di Matera, delle sue classi dirigenti e dei suoi abitanti. Naturalmente le malattie della cosiddetta società moderna sono state tutte presenti nella realtà materana da molti anni. Non si inizia quindi da capo. Il ruolo (per un anno) di “capitale europea della cultura” non deve far dimenticare questo. Non c’è quindi un’anima antica da preservare e un’innocenza da custodire. Se c’erano (ammesso e non concesso che esistano anima e innocenza) sono state liquidate in anni lontani. Oggi è un altro giorno.
Dal dopoguerra Matera – parliamo della città intrecciata ai suoi quartieri antichi dei Sassi, senza di essi il discorso sarebbe più complesso ma meno interessante – ha avuto, si può dire, tre fondamentali trasformazioni.
La prima, negativa/positiva, è stata l’accelerazione dello svuotamento dei Sassi e la costruzione dei nuovi quartieri per gli abitanti. Qui Matera ha subito le trasformazioni classiche della società italiana con gli abbandoni dei centri storici e la costruzione frenetica di nuovi agglomerati. A quel bivio di cambiamento e modernità Matera non seppe decidere controcorrente e accettò la parte positiva del progresso montante negli anni 50 del secolo scorso che consisteva nella case nuove e più funzionanti. Ma, accanto a questo, accettò anche, invece che il risanamento e recupero per una parte più piccola di popolazione, lo svuotamento totale dei Sassi che avrebbero preparato anni di abbandono e mortificazione di una storia.
La seconda è il rilancio dei Sassi all’inizio degli anni 90 del secolo scorso. Qui finalmente si aprì una nuova prospettiva per i quartieri antichi – e per l’intera città, essendo essi l’anima e il motore di Matera. Iniziò anche una sequela di incongruenze che segnarono in modo non del tutto positivo la faccenda. Ne elenco due. La prima: l’apertura dei Sassi alle automobili private quando non c’era nessun motivo per farlo. I Sassi, proprietà pubblica, erano quartieri morti da anni e anni, e gli abitanti futuri non sarebbero stati che una piccola percentuale di materani che avrebbero scelto di viverci “con cognizione di causa ambientale”. Parliamo di un luogo del tutto particolare che si presta a passeggiate lente tra vicoli e stradine scoscese, a una nuova vita (per chi vuol provarci, sia chiaro). Immettere automobili lì dove si può sperimentare davvero solo il cammino a piedi e quello con mezzi pubblici non invasivi è stato il primo grande errore assolutamente non necessario, frutto di classi dirigenti amministrative sottomesse a idee di malintesa modernità, oltre che arretrate essendo già esploso in Italia il problema dell’intasamento automobilistico dei centri storici. La seconda: la mancanza di un tentativo forte di innestare l’antico con le nuove generazioni. Non aver puntato in modo massiccio su politiche giovanili per il rilancio abitativo dei Sassi (ben oltre alcuni localini) è stata l’altra grande incongruenza che ha segnato in modo maldestro il ripristino della vivibilità nuova nei Sassi, un problema che si trascina ancora adesso.
Il terzo bivio dove Matera rischia di “distrarsi” è quello odierno. La sfida di “Matera capitale europea della cultura” si vince soltanto se la nuova trasformazione e la nuova modernità si allontana dalle idee dominanti in questi ultimi decenni, quelle liberiste. Se cioè Matera spalanca le porte a una vita giornaliera in città ricca di aperture agli altri e orgogliosa di sé, dove i consumi culturali siano diffusi e propagati ovunque. Dove il turismo sia del tutto diverso da quello che abbiamo conosciuto nelle cosiddette “località turistiche”, cioè sostenibilità, rapporto vivo e costante col meglio della cultura del passato (a partire dall’arcaismo che è il mito di Matera), prodotti di qualità del luogo, scambi alla pari, saggezza; insomma il contrario del turismo neoliberista che sta soffocando e distruggendo tante città. Se insomma in altri luoghi d’Italia e d’Europa molti potranno dire: a Matera hanno intrapreso una nuova strada, quindi si può fare.
Ecco, tanti dovrebbero sapere, compresi i critici moralistici che si accontentato di “sparare contro” (a salve), che Matera ha questo davanti. Ce l’ha la sua classe dirigente che non può trovare scuse né addurre sempre la motivazione che “comunque ci sono passi avanti”. No, non sappiamo cosa farcene dei “cacasotto del male minore”, oggi è il tempo delle sfide “alla pari”, europee. Non “italiane”, tanto meno “meridionali”. Ma ce l’ha anche la sua popolazione che non può vivere eternamente di delega senza assumersi la sua parte di responsabilità. A partire dal mondo giovanile che deve decidere il proprio destino, senza fughe ma anche senza sottomissioni al “mondo dato” e alle vecchie generazioni. Forse è persino il caso di inventare una nuova e originale rivolta. E chi ha detto che questo deve per forza “partire” dalle grandi metropoli?

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