di Alfiero Grandi
Il rischio è che ci sia assuefazione alla legge elettorale approvata con ben 8 voti di fiducia per impedire che i parlamentari si prendessero la libertà di avere un’opinione, presentando e votando emendamenti. Questa forzatura è servita a creare un fatto compiuto e nel nostro paese questo spesso vuol dire assuefazione, tanto ormai…
Invece no, occorre contrastare la politica del fatto compiuto e dell’assuefazione facile. Questa legge elettorale probabilmente sarà quella con cui si voterà nelle prossime elezioni, se la Corte non accetterà prima del voto i rilievi di costituzionalità che sono stati presentati in diversi tribunali dagli avvocati del Cdc.
Dopo il voto le elettrici e gli elettori potranno far sentire di nuovo la loro voce sulla legge elettorale. Solo un’iniziativa forte dei cittadini potrà sbloccare la situazione allucinante che questa legge provocherà. Resta in parte un mistero perché il Pd abbia voluto questa legge fino a spingere il governo a mettere voti di fiducia a ripetizione sia alla Camera che al Senato per imporne l’approvazione. Certo si intuisce che è una legge elettorale studiata per fermare i 5 stelle e stroncare sul nascere la sinistra che ha rotto con il Pd a trazione renziana.
Al di fuori di questo è evidente che al Pd questa legge non porterà benefici, anche moltiplicando le liste civetta, perché il problema del Pd non è aumentare i richiami ma le elettrici e gli elettori che non perdonano scelte politiche sbagliate, a partire dal lavoro, e una condizione sociale reale che contraddice l’ottimismo propagandistico di facciata sulla situazione economica e sociale del nostro paese. Invece il centro destra avrà benefici importanti, al punto che anzichè un nuovo patto del Nazareno potrebbe ricomparire in grande spolvero un nuovo palazzo Grazioli.
Comunque sia è evidente che la maggioranza dei partiti che occuperanno le Camere con i loro parlamentari nominati non rimetteranno in discussione questa legge elettorale che anziché far scegliere i parlamentari dai cittadini li impone dall’alto. È già accaduto con il “porcellum” voluto dal centro destra e che il centro sinistra non ha cambiato quando avrebbe potuto e dovuto, perché la tentazione di decidere chi verrà eletto in parlamento per i capi partito è troppo forte, inarrestabile. Infatti ci siamo tenuti il porcellum per tre legislature, che sono state le peggiori degli ultimi decenni.
La questione di chi elegge i rappresentanti non è un’astratta questione di principio ma un concretissimo problema costituzionale. La nostra è una repubblica parlamentare, così afferma con forza la nostra Costituzione. Se il parlamento viene ridotto a mero votificio, per di più con l’uso spregiudicato del ricatto del voto di fiducia e dei decreti legge – quasi sempre approvati con il voto di fiducia – viene intaccato un caposaldo del nostro assetto costituzionale: il ruolo fondamentale del parlamento.
Da questa atrofizzazione del ruolo del parlamento è inevitabile che si arrivi ad un accentramento del potere in poche mani, ad una democrazia sbrigativa e decisionista. In sostanza si finirebbe con lo scivolare, prima o poi, verso qualche forma di presidenzialismo, come del resto era già implicito nelle modifiche costituzionali (da valutare sempre insieme all’Italicum) di Renzi, per fortuna bocciate il 4 dicembre 2016.
La questione in gioco è la qualità della nostra democrazia, tormentata da attacchi interni ed esterni che non a caso puntano a fare i conti definitivamente con il ruolo fondamentale del parlamento per scivolare verso oligarchie politiche e tecnocrazie nominate ogni 5 anni. Una democrazia rinsecchita.
Può essere che il colpo di mano dei voti di fiducia a raffica impedisca di votare tra pochi mesi con una legge elettorale degna di questo nome, ma non deve accadere che ci teniamo questo infernale meccanismo elettorale per sempre. Non sarà dal parlamento che verranno modifiche positive. Ancora una volta sarà solo dalla volontà attiva dei cittadini, come è stato il 4 dicembre 2016, che potrà venire la spallata per cambiare, completando idealmente il percorso iniziato con il referendum costituzionale.
È opportuno provare a smuovere la Corte costituzionale con le iniziative degli avvocati. Ci sono punti su cui è possibile ottenere risposte, ad esempio sul voto per i candidati nei collegi uninominali della Camera e del Senato che portano con sé l’elezione conseguente di altri parlamentari e potrebbero perfino aiutare l’elezione di candidati in aree molto lontane. La costrizione creata dal voto unico crea un serio problema di libertà del voto dell’elettore.
Tuttavia anche se le istanze degli avvocati trovassero ascolto presso la Corte, come è auspicabile, ci sono aspetti dewlla legge elettorale che per questa via difficilmente verrebbero risolti perché richiedono scelte politiche più impegnative. Quindi è inevitabile che per modificare la legge elettorale si arrivi a porsi seriamente il problema di usare lo strumento del referendum abrogativo in modo tale da arrivare per via partecipata a supplire a quanto è prevedibile il parlamento non farà.
I cittadini debbono rialzare la testa e, come nei momenti decisivi della nostra storia, debbono porsi il problema di modificare la legge elettorale per riportare i parlamentari ad un rapporto diretto con gli elettori e non ad una sorta di carriera per cooptazione dall’alto.
Sono possibili obiezioni ma ci sono altre soluzioni? Non ce ne sono. Se non vogliamo tenerci questa schifezza per chissà quanto tempo occorre spiegare, mobilitare, arrivare ad una prova di forza referendaria che obblighi a cambiare, piaccia o non piaccia. La qualità del parlamento è decisiva per le scelte concrete che ci aspettano. Le oligarchie hanno logiche contrastanti con i problemi della maggioranza delle persone ed è da queste che deve venire la spinta a cambiare.
Fateci eleggere i nostri rappresentanti, questa era la sintesi della nostra critica alla legge elettorale e resta la parola d’ordine fondamentale. Senza trascurare che questa legge elettorale potrebbe rivelarsi una pentola diabolica ma senza coperchio e quindi la prossima legislatura potrebbe non avere vita lunga e un’iniziativa referendaria che inizia il suo percorso dopo il voto potrebbe rivelarsi provvidenziale.
È aperta una grande questione democratica, la risposta deve essere un a risposta di massa per imporre il cambiamento di questa legge elettorale di cui tanti dicono male ma che troppi sembrano dare per scontato che resterà. Vedremo.
Questo articolo è stato pubblicato dal FattoQuotidiano.it il 22 novembre 2017