di Silvia R. Lolli
Certamente si può essere molto felici quando arriva una pubblicità di Tper indirizzata “ai genitori di Silvia Lolli”. Peccato che non sia più studente da troppi anni e che i miei genitori siano morti da più di 15 anni. Tra l’altro nello stesso indirizzo è riportato un numero chiaramente sbagliato: 159/76, invece di 159/6.
Una lettera per la campagna abbonamenti 2017/18 con l’informazione delle convenzioni che Tper ha stipulato, per i possessori di abbonamento annuale personale, con associazioni, istituzioni e aziende di Bologna e Ferrara. Può far piacere sentirsi ringiovaniti di quasi cinquant’anni. Ci chiediamo però quale tipo di indirizzario usi Tper, settore marketing, e se in questa azienda, sulla via della definitiva privatizzazione, i vari settori operino collaborando fra loro, oppure siano scollegati e senza apporti tecnologici per costruire un data base senza errori.
Da quest’anno non siamo solo in possesso di abbonamento annuale personale, ma abbiamo e già da parecchi anni un contratto di car sharing. L’abbiamo rinnovato anche quest’anno e, avendo l’abbonamento annuale, ci è sembrato opportuno recarci direttamente agli uffici di car sharing, oggi non più nella stessa sede dell’ex Atc. La sua nuova localizzazione è poco distante da Via Saliceto, ma ci è sembrato un corpo annesso all’azienda e non più direttamente dipendente da essa. Non abbiamo ancora capito se anche questo servizio sia stato esternalizzato, ma abbiamo notato la difficoltà degli uffici a ricevere il pubblico e a dare risposte immediate.
Fare l’abbonamento annuale per il bus permette di non pagare la quota annuale del contratto di car sharing, però l’operatore Tper ci ha detto che dovevamo rivolgerci agli uffici del car sharing per ottenere lo sconto. Quando telefonammo per chiedere un appuntamento ci spiegarono che bastava inviare la documentazione dell’abbonamento. Abbiamo insistito per avere un appuntamento; ricordiamo che non fu immediato, ma aspettammo alcuni giorni o forse più di una settimana.
Anche quando stipulammo il contratto iniziale le procedure furono lunghe e gli uffici non sempre aperti; per questo motivo, pur se non usiamo da anni il servizio, non recediamo dal contratto, soprattutto sapendo che l’abbonamento all’autobus ci permetterà di non pagare la quota fissa annuale per l’auto.
Essere andate di persona negli uffici di car sharing ci ha permesso anche di modificare alcuni dati, ormai vecchi, come la patente appena rinnovata ed anche di esprimere, per l’ennesima volta, la richiesta di avere un punto di car sharing al deposito Battindarno (quando si costituì il servizio c’era) o alla sede dell’ex quartiere Reno.
Abbiamo fatto presente che questo servizio dovrebbe essere uniforme ed esteso soprattutto nelle periferie. Per esempio oltre al deposito Battindarno qui ora c’è la sede della polizia municipale e potrebbero essere disponibili postazioni auto senza problemi di spazio.
La risposta è stata ancora una volta negativa; è da almeno otto anni che la risposta a questa domanda ci viene rimpallata tra gli organi istituzionali del quartiere e gli uffici del servizio stesso. Questa volta ci hanno detto che avendo appena deciso le nuove postazioni dovremo aspettare e fare la richiesta per le prossime installazioni.
Ci hanno detto che i cittadini erano stati interpellati; infatti ricordiamo di aver risposto a un questionario telefonico sul servizio e di aver fatto questa specifica richiesta. A che cosa sarà servito il questionario? Non abbiamo capito. Abbiamo tentato di spiegare che sarebbe opportuno che il servizio fosse più pubblicizzato, perché sappiamo che molte persone non lo conoscono e potrebbero avere interesse per usarlo e magari vendere l’auto che usano solo sporadicamente.
Sogniamo da anni di vedere qualche incontro di quartiere su questo tema, ma c’è il vuoto pneumatico, vediamo solo un encefalogramma piatto da parte politica, ma anche del servizio. Questa sarebbe comunicazione pubblica e non solo l’invio di buste con indirizzi sbagliati.
Per completare poi questo racconto alcuni mesi fa ci è giunta l’e-mail con la fattura relativa alla quota annuale di car sharing e il conseguente addebito sul conto corrente a fine mese. Abbiamo subito risposto che avevamo l’abbonamento annuale all’autobus, quindi è arrivata la nota di accredito. Fortuna che ci eravamo recate agli uffici e la nostra presenza non crediamo che sia passata inosservata.
L’indirizzo della busta a noi indirizzata ci ha fatto sorridere, ma in fondo è un sorriso amaro. Come può un’azienda come Tper, che ha tutti i nostri dati immessi e da più settori, fare errori così banali? Poi un marketing non dovrebbe avere più accortezze, perché è la prima immagine che l’azienda vuol dare di sé? E’ quell’immagine che rende tutto bello, vero; tutto perfetto… Non siamo generalmente favorevoli al marketing, almeno a questo tipo di messaggio pubblicitario per i servizi pubblici.
Il marketing vuol dire anche informare per far conoscere e stimolare all’uso di un nuovo servizio, invece si usa spesso solo con le stesse finalità del privato; la comunicazione pubblica dovrebbe essere qualcosa che aiuta il cittadino a conoscere un servizio, non solo a consumarlo. Per un’azienda che “vende” un servizio pubblico l’avere efficienza ed economicità vuol dire anche abbassare i costi, per noi anche quelli di marketing per investire piuttosto di più sui settori primari dell’azienda stessa. In questo caso sono legati alla mobilità, ai trasporti.
Ci pare invece che stia succedendo ancora una volta la solita privatizzazione di un settore pubblico, tra l’altro sempre più nevralgico.
Invece in vari settori dell’azienda si sta privatizzando, cioè si delegano appaltando i servizi ad altri gruppi privati. Così non c’è nepure la necessaria, per evitare errori, comunicazione fra essi.
Vediamo, dopo l’accorpamento in Tper delle due aziende municipali di Bologna e Ferrara, che molte linee, soprattutto suburbane, sono state appaltate; basta leggere i nomi su molti autobus: Cosepuri, Saca… In pratica si sta ridisegnando una frammentazione del servizio di trasporti, ora tra l’altro per Bologna metropolitano, dei diversi percorsi, riportandoli nelle mani dei privati come era fino a venticinque o trent’anni fa in queste province.
L’obiettivo primario si dice è quello di diminuire i costi aziendali e far tornare i bilanci in pareggio. Sono però solo i costi correnti degli autisti di Tper? In genere non si assumono autisti rispetto ai fabbisogni, pensionamenti e nuove linee, ma si dà in appalto. Solita logica ormai da troppi anni in uso. Gli autisti di queste ditte pagheranno allo stesso modo, con lo stesso contratto i loro autisti?
Nel frattempo si è creata una grande azienda nella quale diventano importanti, si parla di core aziendale, i settori manageriale, amministrativo e commerciale, di marketing. Sono settori in cui normalmente i costi lievitano rispetto a quelli dei dipendenti specifici. La privatizzazione in questo settore ci fa vedere che di pubblico può rimanere soltanto il continuo investimento che la Regione Emilia-Romagna fa per l’acquisto di nuovi mezzi che magari vengono scelti dagli uffici e meno dalle maestranze.
Tra l’altro ci risulta che le officine aziendali dell’ex Atc di Bologna siano state smantellate o almeno ridotte all’essenziale da molto tempo. Erano considerate, ormai tanto tempo fa, un fiore all’occhiello dell’azienda municipalizzata. Si era capaci di mantenere in uso per parecchi anni automezzi molto vecchi. Si dirà che oggi i nuovi mezzi sono legati alle contenute emissioni inquinanti, tuttavia abbiamo constatato negli anni che spesso i nuovi mezzi sono rimasti bloccati soprattutto durante le giornate più calde. Ci sia permesso dubitare della competenza per le scelte fatte, purtroppo anche politiche, vedi le spese di investimento che i cittadini devono subire nelle incertezze progettuali per la mobilità pubblica di Bologna degli ultimi dieci-quindici anni: Civis, Crealis, rete per filobus….Per esempio quante volte si sono rifatti il manto stradale ed i marciapiedi di Via Marconi, senza far passare alcun mezzo nuovo ed avendo soltanto un discutibile, per la sicurezza, restringimento di carreggiata?
Il problema è sempre quello che chi sbaglia non paga mai di tasca propria, anzi le sue dimissioni vengono anche retribuite dalle aziende lautamente. Queste scelte, in linea con il neoliberismo e la decadenza della politica anche bolognese, in questo caso sono il frutto di poca conoscenza; questo succede se si dà più importanza a settori, come quello pubblicitario e si togliere personale specifico del servizio, il vero core dell’azienda. Chi più di meccanici e di autisti può verificare le potenzialità di un nuovo mezzo? Non certamente chi amministra o chi fa marketing, sbagliando poi anche nel suo settore.
Ci dissero che lo smantellamento delle officine di riparazione sempre causato dai troppi costi degli operai, sarebbe stato risolto perché con l’acquisto dei nuovi mezzi si acquistava anche la loro manutenzione. Sarà vero, ma continuiamo ad avere dei dubbi. Intanto comunque anche per l’industria cittadina, cioè il lavoro, si è dato un bel calcio allo sviluppo di un settore che piano piano è decaduto; in una regione che ora vende il prodotto turistico Motor Valley ci sembra contradditorio vedere la Breda Menarini in forte crisi da anni ed ormai finita.
Da alcuni anni è in atto, come per le altre aziende ex pubbliche, la privatizzazione, che le denomina “partecipate”. E in ogni situazione si ripete la stessa cosa: il depauperamento delle competenze del lavoro specifico, cioè quello che qualifica il servizio. Hera, diventato ormai un colosso (speriamo non con i piedi di argilla.) soprattutto finanziario, ha attualmente un numero di operai in percentuale molto inferiore ad anni fa, a fronte di numeri di colletti bianchi molto superiori. I lavori per l’efficienza dei vari servizi sono generalmente dati ad altre ditte, più o meno direttamente coinvolte nelle “scatole cinesi” che si possono leggere nella sua struttura societaria, oppure a ditte in appalto sempre più numerose.
Lo stesso vediamo sta avvenendo per Tper e intanto si creano per esempio situazioni come quelle che abbiamo raccontato che sono di poca importanza. Diventano invece situazioni più importanti per noi utenti se ciò che alcuni autisti ci dissero durante le manifestazioni di alcuni anni fa dovesse sussistere ancora.
Ci raccontarono che i dipendenti di Tper, e questo costituisce certamente una spesa onerosa per l’azienda, erano sottoposti continuamente a verifiche del loro stato di salute, soprattutto in funzione della sicurezza della non assunzione di droghe. Ci dissero che, almeno per gli appalti di allora, non c’era la stessa verifica. Questo problema ci pare molto più importante da sollevare in questo processo di costante privatizzazione.