Bologna: sport e strutture sportive, creiamo qualcosa di nuovo?

14 Agosto 2017 /

Condividi su


di Silvia R. Lolli
Vorremmo o dovremmo cominciare ad osservare e cambiare di conseguenza tutti i nostri vecchi modi di vivere la politica, per avviare il futuro, soprattutto nella sinistra. Questo pensiero ci perseguita da tempo e non si estende solo alla visione più generale, ma anche ad una più specifica e territoriale, della comunità in cui viviamo.
Si dovrebbero rivedere, alla luce dell’attualità, cioè dei bisogni di questa nostra povera Terra, le idee fondamentali sviluppatesi soprattutto con la rivoluzione francese, libertà uguaglianza e fraternità. Dovremmo continuare il percorso rivoluzionario, se si vuole passando anche da Marx, ma rivedendo alcune affermazioni, soprattutto aggiungendo a tutto ciò la parola sostenibilità. Dovremmo cioè non considerare solo l’uomo e la sua comunità o società di riferimento, che tra l’altro non è più solo di tipo industriale, per riprendere un percorso più sinergico con la Terra. Tra un po’ non ci sarà neppure più il tempo di filosofeggiare su tutto ciò; c’è un’evoluzione naturale in atto e comporterà la nostra scomparsa?
Da ormai tanti anni si sta cercando una nuova via, finora con pochi risultati positivi. Facendo un salto siderale rispetto a questi “grandi sistemi”, guardiamo alla politica di casa nostra e continuiamo ad occuparci o meglio a preoccuparci della vicenda Stadio Comunale e dintorni. Potremmo partire anche da qui per cominciare a mettere in atto la nuova politica?

Non sappiamo il valore estrinseco della foto vista qualche giorno fa e che ritrae i due consiglieri comunali e un consigliere di quartiere di Coalizione Civica con la maglia del Bologna FC. Immaginiamo che l’abbiano indossata per una buona causa, la solita partita per beneficenza giocata dai politici. Ben venga…?
Per noi in questo momento a Bologna, e non per avere la solita voce contraria, nell’ennesima partita c’è un valore intrinseco: l’accettazione della soluzione che si sta prospettando da prima delle elezioni e che vede la vicenda Stadio/Cierrebi/Prati di Caprara mantenere la scelta iniziale, fatta in piena campagna elettorale 2016, senza la partecipazione dei cittadini. Da qualunque punto di vista la si guardi darà come risultato solo la de-pauperizzazione del patrimonio pubblico.
Forse saremo troppo rigidi e chiusi e la politica, ci viene detto, deve andare a compromessi, e lo può essere anche giocare assieme a tutti gli altri amministratori. Tuttavia, al di là del l’appunto che si può giocare con maglie di colori diversi e che non sono riconducibili ad alcuna squadra, crediamo che per avere finalmente una nuova fase della politica si dovrebbe fare attenzione ai comportamenti che possono essere utili, per la loro visibilità mediatica, alle scelte per le quali si cerca una via politicamente e sostanzialmente molto diversa.
Da più di un anno la società Bologna FC si preoccupa, soprattutto per il progetto di rigenerazione-investimento – che comunque avrà un suo ritorno economico anche con meno tifosi allo Stadio -, di fidelizzare alla squadra più persone possibili. È il marketing che oggi la fa da padrone, anche in politica, è questo un sicuro, o almeno quasi sicuro finora, investimento di voti pronto per le prossime elezioni amministrative. È lo stesso tipo di marketing che viene usato anche per le ex-municipalizzate, ora partecipate come Hera, quando si preoccupano soprattutto della quantità di clienti da mettere in bilancio, per dare, in Borsa, più valorizzazione alle proprie azioni.
Il marketing si costruisce su immagine e comunicazione; aiuta a far passare tutto per vero e per buono. Può la politica, soprattutto di sinistra oggi, rischiare di mettersi al servizio della finanza? Ci chiediamo cioè quando e se un vero e nuovo percorso politico sarà in grado di prendere le dovute distanze da tutto ciò, soprattutto per questo discorso da uno sport che sta dimenticando anche da noi i suoi valori fondanti e diventa solo business, in sostanza un circo vero e proprio. Ricordiamo i romani e la funzione che aveva lo sport presso di loro.
Forse si potrebbe proporre, anche dall’opposizione politica, come sta tentando di fare il comitato “rigenerazione no speculazione” qualcosa di diverso, che mediaticamente provi a bucare. Intanto però mentre questo gruppo aveva fatto sapere a luglio di riprendere subito a settembre le manifestazioni dì contrarietà al progetto, il Comune ha lavorato anche nei giorni torridi per ingarbugliare una faccenda già abbastanza complicata, che dovrebbe ancora vedere aperta un’indagine della magistratura. Probabilmente si arriverà, come per molte delle ultime vicende bolognesi degli ultimi anni, ad un fatto che non sussiste?
Abbiamo intanto appreso che per il Cierrebi, che era un impianto privato, si sono trovati ben tre gestori che garantiranno a settembre la riapertura: Virtus pallacanestro, Virtus scherma e polisportiva Pontevecchio. Chissà perché la scelta è stata fatta sulla Pontevecchio, fra le tante polisportive della zona?
Non vogliamo peccare di dietrologia, quindi non ci interessa indagare troppo, ci va bene questa società sapendo che chi la dirige da anni ha dimostrato competenza, però molte domande, e ripetiamo nonostante il pubblico (a noi interessa mantenere questa visione) non debba mettervi il naso, c’è le facciamo. Le facciamo soprattutto perché la faccenda è sempre più ingarbugliata, perché pubblico e privato sportivo si confondono una volta di più a Bologna, evidenziando la delega da parte del pubblico a soggetti privati di varia natura. È per noi una delega che ci sembra senza ritorno rispetto alle buone pratiche che avevano portato l’amministrazione a costruire con l’aiuto del volontariato una notevole impiantistica sportiva aperta a tutti e della quale era l’unico gestore, lamento fino alla fine degli anni Ottanta.
È anche una delega con decisioni prese dagli amministratori delle parti. Il fatto di sapere che le palestre del Cierrebi siano pubbliche in cambio dell’utilizzo da parte della societa’ Seci di spazi della Zoni per il parcheggio del supermercato ci pare un atto in cui scompaia completamente l’idea di amministrazione della cosa pubblica.
Spazi nei quali far l’altro fino a poco tempo c’era un campo di basket all’aperto e giochi per bambini oltre a spazi verdi attorno ai vari impianti. Constatiamo sempre di più che anche il politico che decide lo fa come se amministrasse un bene privato, ne è l’amministratore delegato. Sotto l’aspetto puramente di politica sportiva ci sia poi permesso fare alcune domande rispetto alle prospettive lette sul giornale. Perché si sono scelte una polisportiva e due settori di un’altra polisportiva come la Virtus?
Perché non si è chiamata la casa madre Virtus in questa gestione? Forse le altre sezioni non sono interessate ad avere accesso ad impianti sportivi? Che fine faranno le società degli sport minori che ora hanno spazi nelle palestre sotto le tribune dello stadio comunale e nell’antistadio?
Dobbiamo chiedere quante ore alla settimana prevedono di utilizzare i diversi gestori e per quali palestre del Cierrebi e quante ore lasceranno alle altre società sportive? Per esempio alla società di basket femminile di Civolani che, per le carenze di investimenti privati nello sport, ha dovuto scegliere di rimanere in A2. Magari ci si poteva trovare per fare una partita di beneficenza a favore di una squadra i cui meriti sportivi deve cederli a qualcun’altra e con loro le giocatrici, ripartendo in definitiva da capo. L’amministrazione del Comune di Bologna ci aveva abituato ad altro, soprattutto ha sempre cercato anche di avere un impegno per quelle che si chiamano le pari opportunità.
Oltre alle ore che saranno disponibili per le altre società a quali costi verranno date le varie palestre? Si tratta poi di una cessione al comune che poi viene data in gestione a tre società diverse, ripetendo fra l’altro l’errore fatto negli anni per esempio per il centro sportivo Barca, impianto che non è mai voluto essere considerato grande impianto e la cui gestione è sempre stata molto difficile.
Alla fine di tutte le scelte, strane, poco trasparenti ed ingarbugliate, che cosa rimane alla collettività? Per noi molto poco e comunque, oltre alla perdita nei fatti di patrimonio pubblico (non solo i puri impianti, ma anche il territorio non costruito), ci sarà una perdita monetaria, dovuta a spese di bilancio che il comune fa comunque e ai non introiti diretti che per esempio la gestione dello stadio comunale può avere con i concerti.
Tra giugno e luglio 2017 si sono tenuti in pochi giorni due grandi concerti. Ci piacerebbe sapere a chi sono andati gli introiti e quanto è stato il puro guadagno. Questo è un calcolo che la collettività dovrebbe fare. Per esempio oggi il grande impianto di Casalecchio di Reno è gestito da un privato che ricava molto di più nell’organizzare concerti che non nel far giocare ogni quindici giorni partite di basket. Anche in questo caso ci piacerebbe ripercorre le vicende che hanno reso privato l’impianto.
Nella vicenda Stadio rimangono sul tappeto molte domande e, invece che essere sciolte, aumentano. Per esempio anche la questione dell’area acquisita dal BolognaFC, durante la precedente gestione societaria, nel comune di Granarolo, porta con sé domande politiche importanti e che riguardano la città metropolitana e la visione che le si vuole dare.
Non è solo una questione di mantenere semplicemente uno sguardo più allargato, ma è soprattutto chiedere prioritariamente quale idea di città metropolitana il presidente, carica per legge non elettiva, abbia in mente. Ci pare purtroppo che sia per il comune di Bologna sia per la città metropolitana si navighi a vista, lasciando gli occhiali o il binocolo agli imprenditori, soprattutto ai più furbi.
In tutto ciò l’opposizione, quella vera in comune ed anche, quando c’è e con tutti i suoi limiti nella città metropolitana, debba cercare di mantenere un suo ruolo politico in ogni situazione più distaccato, magari finalmente cercando di creare qualcosa di nuovo e di migliore.

Articoli correlati