Caro sindaco, a Bologna non mescoliamo la musica con l'alcol

11 Luglio 2017 /

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di Alice Facchini
Caro sindaco, chissà dove passava le serate lei quando aveva 27 anni, l’età che ho io oggi. Nel 1982, quando lei aveva 27 anni, nei cinema veniva trasmesso Blade Runner e veniva coniata per la prima volta la moneta da 500 lire. Il Bologna era retrocesso in serie B e alla trattoria Vito Guccini si trovava a bere un bicchiere di vino con Lucio Dalla, incontrando musicisti emergenti della scena bolognese.
Chissà lei dove si incontrava con i suoi amici, chissà se preferiva stare in centro o girare in macchina sui colli, chissà se faceva parte di qualche gruppo politico o associazione. Oggi, nel 2017, sono io ad avere 27 anni, e la sera mi piace godermi la mia meravigliosa città nelle poche ore che mi permettono di fare una passeggiata senza morire di caldo. Mi piace guardare le torri da sotto, dal punto in cui sembra che mi cadano addosso, mi piace infilarmi nei vicoletti del Ghetto ebraico e poi mi piace sedermi in una piazza con i miei amici a chiacchierare e a cantare.
Giovedì scorso è entrata in vigore una nuova ordinanza che coinvolge l’area di piazza San Francesco e che vieta di consumare bevande alcoliche o bevande in lattine o vetro dalle ore 17 alle 6 del giorno dopo. In più, è vietato suonare qualsiasi strumento musicale. Quella piazza è un luogo speciale di Bologna, un cuore pulsante, lì c’è un potenziale creativo forte che non va limitato.

L’ordinanza si chiama “Misure di contrasto all’abuso di alcol in piazza San Francesco e aree limitrofe”. Ma allora mi chiedo: cosa c’entra la musica, se le misure sono contro l’abuso di alcol? Io sono astemia, però canto. La musica è importante, è importante per me e per tanti altri che come me amano emozionarsi. La musica è la colonna sonora della vita, conferisce bellezza a tutto ciò che sta intorno. La musica crea aggregazione, genera incontri, permette a persone che parlano lingue diverse di comunicare. Permette di superare l’individualismo attraverso il collante delle note.
Caro sindaco, non usi il pretesto dell’alcol per toglierci la musica. È vero, anche la musica può ubriacare, ma di gioia. Anche la musica crea dipendenza, ma senza effetti collaterali. Noi non vogliamo suonare i tamburi fino alle 4 del mattino, sappiamo bene che disturberemmo le persone che vivono in zona, ma perché non possiamo cantare con la chitarra alle 5 del pomeriggio? Chi ha deciso che quello si chiama degrado? Il degrado allora sono io?
Piazza San Francesco è stata da poco restaurata con l’obiettivo di renderla più accogliente, ci sono più panchine e spazi verdi. Ma accogliente per chi, se noi giovani non possiamo sentirci a casa in quel posto? Una casa è un luogo dove si è liberi nel rispetto reciproco, e a me piacerebbe continuare a sentirmi libera lì, sempre nel rispetto dell’altro. Non voglio che questa piazza, come già è successo ad altre prima di lei, diventi l’ennesima vetrina di Bologna, perfettamente tirata a lucido, il posto bello da vedere ma da non toccare, dove i cittadini non vanno più e i turisti passano solo per scattare una foto.
Io sono nata in questa città 27 anni fa e vorrei che quando mia figlia avrà 27 anni potrà avere l’opportunità di sedersi sulle pietre di piazza San Francesco. Vorrei che lì potesse suonare, cantare, conoscere nuova gente, innamorarsi. Che imparasse a sentirsi parte della comunità attraverso la partecipazione a spazi pubblici condivisi. Che non abbia paura dell’altro perché gli è così vicino che finisce per conoscerlo bene come se stessa.
Questo articolo è stato pubblicato da Giornalismo d’altra parte il 7 luglio 2017

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