Sulla scuola, la musica non cambia

27 Febbraio 2017 /

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di Marina Boscaino
Si ha davvero l’impressione che la faccia da persona perbene e i modi pacati e urbani di Paolo Gentiloni abbiano prodotto una straordinaria e curiosa opera di revisionismo e di rimozione collettivi. Come se nel governo che questo presidente del consiglio – che si comporta come tale e che è stato messo forse lì per far dimenticare la sguaiataggine di certe uscite, l’arroganza dei toni e dei modi, il giovanilismo urlato e l’inopportuna guasconeria di Matteo Renzi – non fossero presenti personaggi come Marianna Madia, Maria Elena Boschi, Giuliano Poletti, Luca Lotti.
Li abbiamo davvero dimenticati? L’ignoranza, l’arroganza, l’imperizia di questi oscuri personaggi emersi dal nulla, imposti da Renzi al Parlamento e all’opinione pubblica e ancora tenacemente presenti a gestire le sorti di questo Paese, sono davvero entrate nell’oblio?
Non sono scomparsi, anche se una previdente regìa li ha silenziati, impedendone saggiamente la presenza inflazionata, in passato quasi sempre foriera di imbarazzo o di polemiche. Ma sono sempre lì, sono gli stessi che erano quando a capo del governo c’era esplicitamente Renzi. Sono sempre lì, nonostante il 4 dicembre sia stata emessa sulle loro capacità e sulla loro credibilità politica una sentenza inequivocabile. Sembriamo esserci dimenticati dei danni che questi signori hanno prodotto alle nostre esistenze individuali e alla vita collettiva, come del fatto che gli elettori hanno bocciato senza appello e in massa la politica di questi personaggi.

Che la musica non sia cambiata, del resto, lo ha mostrato chiaramente, l’approvazione in Consiglio dei Ministri il 14 gennaio, al limite della scadenza prevista dalla legge 107/15, di 8 delle 9 “deleghe in bianco” che la norma assegnava all’Esecutivo, e che adesso stanno seguendo l’iter per arrivare alla loro attuazione.
Per questo, giovedì 23 febbraio 65 associazioni per il sostegno (genitori, studenti, docenti) (una delle deleghe prevede la rivisitazione in chiave non inclusiva della normativa che ha configurato il nostro come l’unico Paese dell’UE in cui “la scuola è (davvero, NdR) aperta a tutti) hanno organizzato a Roma alle 14 un sit-in davanti a Montecitorio.
Si chiede il ritiro di tutte le deleghe, sprezzantemente presentate nonostante la negazione di consenso alle scelte politiche del governo e del PD, che la scuola ha segnalato prima con il voto alle amministrative, poi con quello del 4 dicembre.
È vero che la neo ministra dell’istruzione, che di scuola non capisce nulla e che ha ricevuto il dicastero di Viale Trastevere come premio di una super esposizione mediatica a favore del SÌ, continua come un disco rotto a recitare il mantra dell’ascolto e della conciliazione (Ebbene, ci ascolti: vogliamo il ritiro di tutte le deleghe!). Ma è vero anche che le deleghe sono state presentate in piena continuità con il perverso e sempre più evidente progetto di distruzione della scuola della Costituzione.
Del resto, se qualcuno ha seguito direzione e assemblea del Pd che si sono svolte la scorsa settimana, ha assistito alla drammatica liquefazione del partito che ha perso – in particolare negli ultimi tre anni – qualsiasi rapporto con la base e con le istanze concrete della società. Del partito che è responsabile di politiche sociali fallimentari e dell’accanita distruzione del Welfare in questo Paese. Del partito del Jobs Act, della riforma della Pubblica Amministrazione, che presentava un profilo di incostituzionalità. Del partito che ha accompagnato l’ascesa dell’uomo solo al comando, tentando addirittura di costituzionalizzarla, attraverso una revisione della Carta cui il popolo sovrano si è opposto in modo inconfutabile.
Ebbene, chi ha assistito ai due eventi non avrà mancato di osservare che sono venute meno completamente un’analisi onesta della débâcle del 4 dicembre e una assunzione di responsabilità collettiva da parte di quanti hanno assecondato non solo la deriva autoritaria che quella riforma avrebbe concretizzato, ma anche la lettura proprietaria e personalistica che il premier-segretario di partito ha voluto imprimere alla campagna e all’appuntamento referendari.
L’altro elemento che colpisce è per certi aspetti paradossale: il PD ha finalmente riconosciuto (almeno a parole) un imperdonabile inciampo del Governo precedente. Il Pd ha (finalmente, e a distanza di quasi due anni) non tanto capito che la legge 107 – la Buona Scuola – rappresenta il punto più basso (e ce ne voleva!) raggiunto dalla normativa scolastica in rapporto ai compiti costituzionali dell’istruzione e che essa concretizza una Pessima Scuola; ma che il mondo della scuola è adirato, scontento, ostile.
Era ora! Non era bastata una primavera, quella del 2015, in piazza, culminata nello sciopero più partecipato della storia della scuola; e nemmeno essere intervenuti in qualsiasi occasione pubblica per dire le proprie ragioni, chiedere ascolto, proporre alternative. Infine, non era bastata nemmeno la partecipazione esplicita alla campagna costituzionale che la scuola ha saputo mettere in campo con le proprie specifiche ragioni di difesa della Carta.
L’amica Sandra Zingaretti, attenta commentatrice delle disgrazie di casa nostra, mi ha consentito di utilizzare una puntualissima e strabiliante collazione di interventi di membri del PD, colti nell’atto di cospargersi il capo e di convincersi della violenza con cui il dispositivo è passato.
Ripropongo queste dichiarazioni ai lettori, perché vale davvero la pena di rileggerle. Esse testimoniano l’esistenza nel PD di un grottesco pentitismo trasversale. Se il numero maggiore di citazioni (non a caso con il verbo prevalentemente in prima persona singolare) è di Renzi, a ennesima conferma del suo irrinunciabile e ostinato protagonismo, la raffica di ravvedimenti proviene da diverse componenti, dai più oltranzisti e muscolari, alla minoranza più o meno autenticamente dissidente, agli ecumenico-opportunisti, ai teorici del clientelismo. Insomma, siamo di fronte alle diverse anime di quello che avrebbe dovuto essere (come, ormai quasi incredibilmente, recitava il programma sulla scuola per le elezioni del 2013) il partito che avrebbe abrogato la riforma Gelmini e avrebbe rispettato la scuola della Costituzione.
MATTEO RENZI:
– “Sulla scuola qualcosa non ha funzionato. Il colpevole sono io. Riaprirò la discussione” (06.06.15);
– “Rimedierò agli errori sulla scuola” (11.06.15);
– “Ho fatto un capolavoro a farli arrabbiare tutti” (6.02.2015);
– “Faccio tesoro del suggerimento di Lula: se sei convinto di aver ragione ma hai l’opinione pubblica contro fai una conferenza nazionale, racconti la tua proposta, ascolti le critiche e poi decidi. A inizio luglio faccio una conferenza sulla scuola, sento tutti, dai sindacati alle famiglie per un giorno e dopo si decide” (16.06.15);
– “Sulla scuola “siamo pronti a ragionare” (15.06.16);
– “Sulla scuola abbiamo preferito trovare le soluzioni per i professori che avrebbero dovuto muoversi … non tutte le ciambelle riescono con il buco. Se fossimo stati più bravi a gestire questa vicenda sarei stato più contento” (28.09.16);
– “Il mio errore più grosso è stata la riforma della Scuola”, a Gramellini (10.12.16);
– “Sulla scuola non ha funzionato molto” (25.10.16);
– “La scuola, un mio grande errore”, da Minoli (7.11.16).
DAVIDE FARAONE:
– “Errori fisiologici su assunzioni. Presto novità per il Concorso DS” (12.09.16);
– “Orgoglioso tra limiti ed errori… La legge sulla buona scuola, la più travagliata” (7.12.16);
– “Sapevamo che molti precari non avrebbero più lavorato” (15.12.16)
GIANNI CUPERLO:
– “La legge sulla scuola è una innovazione a metà, non puoi farla contro docenti e studenti” (16.05.15);
– “Mi sento in dovere di chiedere scusa come membro del PD: lo stato delle scuole è indegno di un paese civile, intervenire subito senza affidarsi ad un algoritmo” (29.09.16).
ROBERTO SPERANZA:
– “Ascoltare insegnanti e studenti è l’unica strada per ricucire lo strappo che c’è stato con il mondo della scuola. Serve umiltà. Non arroganza.”. (11.02.17)
VINCENZO DE LUCA (proprio lui, quello della “frittura di pesce”, ndr):
– “Nel voto il 90% dei NO hanno pesato alcune criticità di questo ultimo anno e mezzo … La prima è quella della ‘Buona scuola’. Il mondo della scuola, ha fatto un’opposizione durissima anche con posizioni di odio verso il Governo, autore di una riforma che ha scontentato tutti. La decisione degli algoritmi e dei trasferimenti è demenziale e su questo bisogna fare autocritica” (9.12.16);
– “Bisogna fare pace col mondo della scuola” (13.02.17).
Sappiamo per triste esperienza che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Attendiamo con ansia che alle parole (di cui siamo stanchi) seguano i fatti: ritiro delle deleghe, prima di tutto; tavolo di discussione reale sulla 107; assunzione della Lipscuola come proposta alternativa, che contempera e riconfigura – attraverso il rispetto scrupoloso del dettato degli artt 3, 9, 33 e 34 – la scuola della Costituzione.
Questo articolo è stato pubblicato da Micromega online il 22 febbraio 2017

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