Ddl Condotta, un’altra legge della ginnastica d’obbedienza

di Alice Pettinari /
10 Ottobre 2024 /

Condividi su

Se dovessimo immaginare come trasformare il “Ddl Sicurezza” in un regolamento scolastico, ci basterebbe leggere il “Ddl Condotta” proposto dal ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, recentemente approvato anche al Senato. Questa che ora è legge, infatti, non ha altro risultato che inasprire le “pene” interne alla scuola, colpire di fatto chi protesta e trasformare la scuola in uno strumento punitivo.

Provando a schematizzare alcune delle norme previste da questa legge, potremmo dire che cambia il modo in cui gli studenti e le studentesse vengono valutati, aumentando il peso del voto in condotta: secondo la nuova legge infatti è prevista la bocciatura automatica dello studente in caso di voto inferiore a sei decimi, si introduce un “debito formativo” per chi ottiene una valutazione di sei decimi e collega la possibilità di ottenere il massimo dei crediti scolastici a un voto in comportamento pari o superiore a nove.

Prima di commentare le novità che questo Ddl introduce, è importante riflettere sul principio in sé di assegnare un voto al comportamento degli studenti. Se la valutazione numerica è incredibilmente riduttiva e incapace di analizzare tutti i punti deboli e i punti di forza dell’alunno quando parliamo di una qualsiasi materia didattica, figuriamoci quando parliamo di “condotta” o “comportamento”. Come si può pensare di ridurre la condotta di un ragazzo ad un numero tra 1 e 10? In base a cosa si assegna questo numero? Cosa si intende per buona condotta? Il rispetto delle regole a qualunque condizione?

Un esempio dei più comuni tra quelli che comportano un abbassamento del voto in condotta nei ragazzi e le ragazze è la loro attività politica nelle scuole. Quando gli studenti e le studentesse organizzano dei piccoli atti di disobbedienza dentro la scuola, come indire assemblee straordinarie senza l’autorizzazione del dirigente, organizzare sit in nei corridoi o anche occupare l’istituto, è prassi che il loro voto in condotta si abbassi.

Questo avviene nonostante la libertà di espressione e manifestazione sia pienamente tutelata dallo Statuto delle studentesse e degli studenti che recita, all’articolo 4: “In nessun caso può essere sanzionata, né direttamente né indirettamente, la libera espressione di opinioni correttamente manifestata e non lesiva dell’altrui personalità”. Perché il criterio più oggettivo che si ha per valutare la cattiva o buona condotta è l’osservanza dei regolamenti di istituto. Appare immediatamente evidente come questo strumento non sia solo inadatto, ma fondamentalmente sbagliato al principio: essere puniti se si protesta e si prova a far valere i propri diritti non dovrebbe essere qualcosa da insegnare a scuola.

Uscendo dalla particolarità dell’esempio, anche se molto comune, occorre sottolineare che la condotta di una persona non può essere giudicata numericamente da un’altra persona, perché le ragioni di un comportamento sono complesse e soprattutto hanno una multifattorialità impossibile da riassumere nel giudizio di un singolo insegnante attraverso una scala numerica.

La valutazione numerica, in questa materia ancora più che nelle altre, appiattisce la complessità dell’individuo che frequenta la scuola e che cresce al suo interno, riducendolo a un numero e non interessandosi delle ragioni del suo comportamento, continuando a punire producendo il semplice risultato di far provare inadeguatezza o isolamento.

In questo senso il Ddl Condotta sbaglia nel principio, dando al voto in comportamento una rilevanza maggiore nella valutazione dell’alunno.

La prima norma che viene introdotta è quella che prevede la bocciatura automatica per chi ha un voto inferiore a sei. Sostanzialmente il messaggio che il Ministero trasmette è che se uno studente – un ragazzo o una ragazza dai 14 ai 18 anni – infrange gravemente un regolamento, la scuola non si dota di nessuno strumento per approfondire le ragioni, per ascoltare o comprendere l’alunno, ma piuttosto decide di abbandonarlo estromettendolo dal suo gruppo classe e facendogli ripetere l’anno scolastico. Basta una veloce ricerca per scoprire che statisticamente la bocciatura rappresenta per molti studenti un motivo in più per abbandonare gli studi piuttosto che uno strumento di crescita e miglioramento. Con questa norma il Ministro sceglie di punire invece di fare ciò che servirebbe davvero agli studenti e alle studentesse più in difficoltà.

La seconda norma di questa legge è la previsione di un “debito formativo” per chi riceverà il sei in condotta, che si risolverà scrivendo un elaborato critico su temi di cittadinanza attiva e solidale da discutere durante il colloquio d’esame di riparazione, da cui dipenderà la promozione o bocciatura. Questa norma rappresenta la peggiore interpretazione del ruolo che la materia “Cittadinanza e Costituzione” dovrebbe avere nella scuola e la sua più grande svalutazione: questa materia dovrebbe promuovere la partecipazione e la formazione alla cittadinanza e invece diventa strumento punitivo.
Inoltre questa misura ancora una volta non si interroga su come aiutare lo studente o la studentessa, non si preoccupa di ascoltarlo e aiutarlo nel suo percorso di crescita ma lo punisce in modo sbrigativo e superficiale, assegnandogli un compito che, se non tarato sulle specifiche necessità dell’alunno, rischia di essere inutile.

Una punizione banale e semplicistica per rispondere a un problema complesso.

Infine con questa legge si impedisce di accedere al numero massimo di crediti scolastici per tutti gli alunni con un voto in condotta inferiore al nove. Quest’ultima norma, come anche le precedenti, viola apertamente l’articolo 4, comma 3, dello Statuto degli studenti e delle studentesse: “Nessuna infrazione disciplinare connessa al comportamento può influire sulla valutazione del profitto”.

Lo Statuto delle studentesse e degli studenti è una legge dello Stato, scritta con il contributo degli stessi studenti e con la loro partecipazione attiva. Ignorarlo e modificarlo senza consultarli è la perfetta rappresentazione della metodologia e dell’azione che questo ministero e questo Governo intendono perseguire: imponendo normative impopolari, evitando il confronto con le parti sociali e con chi sarà sottoposto direttamente alle conseguenze di queste scelte.

Se invece il ministro Valditara si fosse preoccupato di chiedere un parere ai sindacati studenteschi, avrebbe scoperto che la priorità degli studenti non è certo questa: avrebbe scoperto che nel nostro Paese c’è un enorme problema di caro scuola, che mette in difficoltà moltissime famiglie nel consentire ai figli di frequentare l’istruzione dell’obbligo. Che gli studenti e le studentesse hanno bisogno di supporto psicologico, dato che una delle principali cause di dispersione scolastica negli ultimi anni pare essere divenuta l’ansia da prestazione, che il numero di ragazzi che soffre di disturbi del comportamento alimentare è in aumento e che il nostro sistema scolastico è gravemente insufficiente nella prevenzione di queste situazioni. Il ministro avrebbe scoperto che la condizione degli edifici scolastici è vergognosa, spesso pericolosa e sostanzialmente sempre inaccessibile a persone disabili. Avrebbe infine scoperto che siamo uno dei pochissimi Paesi in tutta Europa a non prevedere l’educazione sessuo-affettiva e a non fare nulla per prevenire la violenza di genere o l’omobilesbotransfobia.

L’istruzione pubblica è un pilastro costituzionale fondativo del Paese ed esserne i titolari del ministero è una cosa seria.

Gli studenti e le studentesse di questo Paese non hanno bisogno dell’ennesima normativa propagandistica che non affronta i problemi alla radice ma che consegna soluzioni semplicistiche e incomplete a tematiche evidentemente complesse.
Avrebbero bisogno non di continui strumenti punitivi e limitanti, ma di un sistema scolastico a misura di studente che dia priorità allo sviluppo delle proprie libere personalità e alla formazione come cittadini e cittadine.

Questo articolo è stato pubblicato su Micro Mega il 7 ottobre 2024

Articoli correlati