In ricordo di Paolo Prodi: un amico e un interlocutore di cui sentiremo la mancanza

19 Dicembre 2016 /

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di Amina Crisma
Ero andata a trovarlo con Vittorio il giugno scorso. Lo avevamo incontrato a casa sua in Via Galliera, insieme a sua moglie Adelaide, e mi avevano colpito la sua costante attenzione agli altri, la sua generosa disponibilità al dialogo, la sua cortesia, e, soprattutto, la sua inesausta energia intellettuale dentro un corpo che stava diventando fragile.
Ci eravamo ripromessi di incontrarci di nuovo prima delle vacanze di Natale, anche con l’intenzione di fargli un’intervista per Inchiesta sui temi dei suoi libri più recenti, come Profezia vs utopia (Il Mulino 2013), Homo europaeus (Il Mulino 2015), Occidente senza utopie (Il Mulino 2016, con Massimo Cacciari). Soprattutto, ci interessava la questione fondamentale che li attraversa tutti, e che riassumerei così: quale futuro ci attende se va perduta, come oggi accade, la capacità di immaginare e progettare un mondo diverso da quello esistente che ha incessantemente animato per più secoli la storia dell’Occidente?
In quell’occasione gli avevo consegnato il mio Neiye, il Tao dell’armonia interiore, ed era proseguita fra l’altro la conversazione sul suo libro Il tramonto della rivoluzione (Il Mulino 2015) a cui avevo dedicato un articolo su Inchiesta (a. 45/n. 189/2015,”Fine della rivoluzione e tramonto dell’Occidente: a chi andrà il Mandato Celeste?”), che più sotto viene riprodotto. Qualche giorno dopo mi aveva scritto una lettera gentile che qui trascrivo:

Cara Amina,
grazie per la visita e per la copia del Neiye.
Mi domando perché non ci siamo frequentati prima. Ricupereremo.
Il Neiye è bellissimo anche nell’edizione e nel commento.
Io sto come al solito sperando nella fisioterapia.
Un abbraccio a Vittorio: se vede mulino-on-line mi dice se vale la pena di continuare questi interventi.
Un abbraccio
Paolo

Nei suoi ultimi libri Paolo Prodi ci ha consegnato una densa e coraggiosa riflessione critica su questo nostro presente che credo interessi tutti coloro che non si arrendono al dispotismo impersonale dell’esistente, e che non smettono di interrogarsi sulle possibilità di un autentico progetto morale e politico di trasformazione. In questa chiave, ad esempio, egli propone di “ripartire da Max Weber” sottraendolo al weberismo di maniera e riprendendone i pregnanti interrogativi posti nella Premessa del 1920 alla raccolta di saggi sulla Sociologia della religione; in tale quadro, formula una significativa considerazione circa la funzione da assegnare alla storia, distanziandosi nettamente da ben note retoriche fin troppo diffuse:
Il nostro mestiere non può che consistere, più che nello studio del passato, nella de-mistificazione o de-legittimazione del potere in tutte le sue forme. (…) Il primo grande inganno che dobbiamo de-mistificare è il discorso sulle radici della civiltà europea. Negli ultimi anni l’affannosa ricerca delle “radici” è stata la manifestazione più evidente di una patologia di servizio al potere: quasi potessimo trarre motivo di sicurezza dall’aver individuato come siamo nati o come eravamo (…). Piaccia o no, la storia come esercizio critico sulle testimonianze del passato non può darci questa sicurezza. Caso mai ci mostra che gli uomini e le società, al contrario degli alberi, si muovono e si modificano, non hanno radici fisse: ci può aiutare (…) a individuare il percorso (…) che ci permette di pensare che la natura e la società non solo possono essere indagate, ma anche modificate e progettate al servizio dell’uomo. (Homo europaeus, pp. 11-12)
Mi piace ricordare Paolo Prodi con questo suo invito, limpido e forte, a tornare ad avere il coraggio di pensare in termini di progetto e di cambiamento: un tema che significativamente ricompare, fra l’altro, nelle parole conclusive dell’ampia intervista rilasciata ad Antonio Gnoli su Repubblica del 9 febbraio 2015, in cui dopo aver ripercorso l’esperienza di una vita intera, egli si chiede “se la coscienza individuale ritroverà la forza di progettare una nuova società, con la sua parte di utopia”.
Ma ben di più e meglio di queste mie povere righe, sono i vari suoi interventi ripresi su www.inchiestaonline.it , nella rubrica che gli è dedicata, a dar conto adeguato dell’articolata ricchezza della sua riflessione e dello stile peculiare della sua argomentazione.
Ne è una vivida testimonianza la bellissima conversazione su Homo europaeus del 13 ottobre 2015 che si trova sul sito di Radio Radicale, dove era presente Marco Pannella che alla fine gli diceva con affetto: “Paolo, non mollare! Se no te mozzico! Sei essenziale!”.
Questo articolo è stato pubblicato su Inchiesta online il 18 dicembre 2016

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