di Silvia R. Lolli
(Prima parte) All’interno della questione Stadio e dello spezzettamento mono disciplinare che negli anni si è fatto (dai mondiali del Novanta si sono persi anche i campi da tennis, ricordate?) c’è il problema della piscina scoperta che ora, essendo coperta, ci rifiutiamo di chiamarla Carmen Longo, visto che è il nome attribuito dopo la tragedia di Brema, alla piscina coperta di 25 metri. Le ragioni della nostra analisi sono almeno di due ordini:
- 1) strutturale;
- 2) economico, sia di investimento, sia di gestione.
Struttura. Dalle foto scattate il 17 maggio a poco più di un mese dall’inaugurazione, si vedono chiaramente macchie di umidità; non ci ricordiamo di averle viste prima di 13 anni fa. Certo la copertura, anche se apribile, di una struttura leggera come può dirsi quella di base costruita nel 1927, potrà creare questi danni.
Nel resoconto dell’agenzia Dire del 15 aprile 2016 (vedi Bologna Today) si parla di copertura mobile; speriamo sia usata spesso. La soluzione dovrebbe essere buona visto che da anni abbiamo visto questa possibilità per esempio lo Sky Dome di Toronto, palazzo immenso, con tetto apribile; non c’è però qui una piscina olimpionica con la conegunte umidità creata da grandi volumi d’acqua abbastanza calda. Vedremo…
Economia. Le questioni da trattare in questo caso sono due, che poi sfociano in un esame di opportunità che avrebbe dovuto essere fatto per una buona politica che però sappiamo è introvabile da anni a Bologna:
- a) investimento per la manutenzione straordinaria di un bene pubblico;
- b) costi di gestione.
Per la prima voce proviamo a fare un po’ di conti; innanzi tutto di bilancio, anche se alcuni dati ci sfuggono: ci risultano accesi due mutui ed infine altri danari impegnati recentemente dalla RER per ripristinare il nuovo tetto, mai usato in dieci anni. Se aggiungiamo a questi costi quelli di minori entrate per il non uso per 13 anni della struttura la cifra si accresce.
Noi poi aggiungiamo i costi sociali: il non uso da parte dei cittadini di un importante patrimonio pubblico, possiamo quantificarlo? Non è anche questo un bene comune alla pari dello Stadio di calcio?
L’agenzia Dire di BolognaToday del 15 aprile, elencando i costi ci conforta, ma solo in parte, per il fatto che il Comune ha aperto un contenzioso con le ditte: “Per le fondazioni sono serviti 1,5 milioni di euro, altri cinque per gli impianti. Il primo intervento sul tetto fu finito nel 2005, ma solo nel 2014 il Comune si è accorto che i materiali erano stati posati male e quindi i pannelli della copertura (funzionante) si stavano sfaldando. Da qui è partito il contenzioso con la ditta, i progettisti e i tecnici che si sono occupati dei lavori. Il Tribunale di Bologna ha escluso qualsiasi responsabilità da parte del Comune, che ora chiede un milione di risarcimento”.
L’informativa del 15 aprile ci aiuta a riepilogare un po’ le cifre dei costi; qui si parla di 10 milioni di euro: “Il progetto iniziale, infatti, riguardava solo la copertura e ammontava a tre milioni…”
Dalle informazioni apprendiamo che i costi sono dunque lievitati; 1,5 milioni. era il mutuo BEI acceso nel 2005 (vedi foto), ma per il consolidamento statico e ripristino delle strutture di sostegno…quindi si devono aggiungere le spese per la copertura del tetto; c’è un altro mutuo da pagare, da parte di chi? Ci risultava esserci; sarà per la differenza fra queste cifre e i 10 milioni ricordati dall’agenzia Dire? Sapevamo infatti dell’esistenza di un altro mutuo BEI; chi pagherà questi interessi: Comune o Regione? La cifra è la stessa riportata nell’ultima informativa dell’agenzia Dire, cioè 5 milioni di euro? Dovremmo comunque sapere quanto stiamo pagando ogni anno di interessi per i mutui.
Dopo le elezioni amministrative speriamo di ottenere risposte certe e chiare attraverso i nuovi consiglieri comunali, per esempio quelli di Coalizione Civica; sarebbe opportuno aprire subito tavoli sul bilancio partecipato, ma tavoli veri in cui oltre alle elevate spese di staff per la comunicazione, i cittadini possono decidere quali costi essere prioritari. Per esempio chissà se tutte le spese che si sono fatte per lo sport (una delle prime scelte della passata gestione comunale fu l’acquisto della struttura dello Sterlino dal CUS Bologna, poi commissariato, scelta che non fece Cofferati direttamente dal Coni servizi, perché troppo costoso.) negli ultimi anni possono trovare d’accordo molti cittadini, soprattutto coloro che si vedono decurtati i servizi di Welfare. Un welfare che ci piace continuare a chiamare State, né society, né community nuovo termine usato da Merola all’insediamento del quartiere Borgo Panigale Reno.
Comunque dopo 12 anni i lavori della piscina scoperta dello Stadio hanno avuto bisogno di un’altra tranche di danari pubblici per mettere a posto il tetto dopo i lavori alla struttura esterna della COGEI (ricordiamo ultimati molti mesi dopo le previsioni da contratto); con la delibera n. 2219 del 30/11/2015 al Comune di Bologna sono stati assegnati, per la manutenzione straordinaria di elementi deteriorati, contributi per € 684.000 dalla regione Emilia-Romagna.
L’informativa di Bologna Today dell’agenzia Dire, oltre a dirci che l’appalto (per 5,571 milioni di euro) per i lavori per la struttura laterale eseguita per dare maggiore stabilità al tetto, iniziati nel Maggio 2013, è stato vinto da ATI (Associazione Temporanea d’Impresa), costituita da COGEI e Giorgio Benvenuto di Cernobbio (sugli appalti l’ennesima scatola cinese?) ci racconta poi di un altro problema: la copertura ad aprile 2016, cioè all’inaugurazione, doveva essere ancora verificata; poi si racconta genericamente di un “problema della buca da cinque metri per le attività subacquee e i tuffi”.
Da tempo abbiamo avuto il sospetto che dei tuffi a Bologna non se ne voglia parlare mai più. Già con la ristrutturazione della piscina coperta C. Longo si tolsero le piattaforme dei tuffi; ora, guardando le foto interne anche qui non sembrano più esserci; del resto ci sembra che sia stato ristretto notevolmente lo spazio del piano vasca, oltre alla larghezza vasca, seguendo i regolamenti della FINA (federazione internazionale di nuoto).
Tenendo conto che l’inaugurazione dell’impianto rinnovato si è fatta prima di avere il collaudo finale, ci sfugge qualche cosa della prassi dei nostri politici attuali, tra l’altro rieletti anche se con tanti voti persi. Politicamente non è solo questione di difficoltà del PD nazionale, ma anche locale, politici che fino a qualche mese fa incensavano Renzi, salvo, in vista del ballottaggio, cominciare a sfilarsi. I voti qui sono stati comunque persi, anche se la legge elettorale ci impone una maggioranza in consiglio comunale e nei quartieri schiacciante per questa minoranza eletta. Evviva la democrazia attuale che decide scelte importanti come quelle sull’impiantistica sportiva in luoghi ristretti di comitati più elettorali che altro.
La prima riguarda i costi di gestione elevatissimi per mantenere una struttura costruita tanti anni fa, contenente tantissima acqua, riscaldata e con vari disinfettanti, e destinata allora a non essere ricoperta.
La seconda riguarda ancora una volta l’appalto, cioè la convenzione che il Comune ha deciso di fare (che si è quasi conclusa nell’inetr regno dopo le ultime elezioni.) e la gara ha avuto un solo concorrente, ATI formata da So.Ge.Se e soci, come cita il Corriere di Bologna dell’8/7/16 a firma Pellerano. L’articolo è molto interessante, riprende molte questioni da noi affrontate da tempo e dà una versione dei costi ancora maggiore, spiegando però che i conti sono confusi e non si conoscono bene. Almeno qualcun altro cerca la verità.
So.Ge.Se. sembra che mantenga la gestione di tre piscine comunali importanti (Carmen Longo, Vandelli all’Arcoveggio e Cavina a Borgo Panigale); è un gruppo strutturato in grado di apportare maestranze competenti; è una società con pluriennale esperienza sulla manutenzione ordinaria e servizi di assistenza ai bagnanti, collegata fin dal suo nascere all’UISP di Bologna; questa società è affiancata, nella cura dei 7 impianti natatori da altre organizzazioni dell’ATI (Associazione Temporanea Impresa, la stessa di prima?) e per i prossimi 25 anni: sono i soliti enti di promozione sportiva ai quali si deve aggiungere una società afferente al consigliere regionale Vecchi già dirigente negli anni passati della Fiamma tricolore: AICS che avrà la gestione dello Sterlino, Libertas, gestione Spiraglio, CSI quella della piscina Tanari (non è fra l’altro di una scuola?); all’Akker Team, appunto del consigliere Vecchi, sarà affidata la gestione tecnica (cosa si vorrà dire con ciò, solo che sarà usata di più dagli atleti come scrive Pellerano?) della piscina dello Stadio appena finita.
Si sta facendo, sotto l’egida dell’ATI, la spartizione degli impianti sportivi natatori e con l’affido per convenzione per 25 anni a questo gruppo di pochi essi passeranno ad una gestione privata, mentre il pubblico ne rimane proprietario, dovendo mettere nel bilancio annuale 1,5 milioni di €, ma certamente pensare alle manutenzioni straordinarie future.
Si continua a fare lo spezzatino del patrimonio sportivo pubblico, come fu all’inizio delle convenzioni delle corsie, Dalle Nogare docet; oggi ha solo preso una forma più imprenditoriale. Intanto ci dicono che c’è un buco di bilancio di 880.000 € già a carico della piscina “ex scoperta”. In previsione poi abbiamo la ristrutturazione dello Sterlino (mutui che si prevedono attorno ai 5 milioni di €) che, si sapeva già da molto tempo, aveva bisogno di manutenzione; anche per questo la cessione da parte del CONI. Dall’articolo di Pellerano apprendiamo che è ancora aperto il problema manutenzione straordinaria e si cita “un organismo ad hoc (chiamato cda della società di progetto) nominato dall’ATI…”. Ci chiediamo con quali garanzia rispetto a manufatti pubblici, la manovra ci sembra ancora una volta fatta per aggirare le norme sugli appalti pubblici.
Ancora dall’articolo: “Subito dopo l’aggiudicazione che dovrebbe arrivare a luglio”. Ancora una domanda ai politici: il nuovo consiglio comunale potrà chiedere lumi su queste strane manovre o saranno già operative?
Registriamo che lo smantellamento pluriennali degli uffici comunali e dei relativi servizi sportivi (ma non solo.) ci portano a toccare con mano ciò che sta succedendo: il passaggio progressivo dal pubblico al privato, che di sociale ha sempre meno, evidenziando una sorta di consorteria per i servizi sportivi, oppure se vogliamo chiamarla in altro modo, di oligopolio.
È questa la sussidiarietà che l’Italia e Bologna in primis vogliono mettere in campo e non solo per lo sport? Tra le pieghe sul merito di tutte queste operazioni potremmo far intervenire la Corte dei Conti?