Predazione del territorio: i liquami della provincia di Belluno

8 Aprile 2016 /

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Dalla provincia di Belluno
Dalla provincia di Belluno
di Raffaela D’Attilio e Leonardo Daddabbo
 
Scriviamo per sollecitare l’attenzione su un caso, che noi riteniamo significativo, di consumo del territorio e di predazione ambientale a danno dei beni comuni delle popolazioni locali. I fatti avvengono nella parte più debole ed emarginata del profondo Nord, ossia nella provincia di Belluno, che è un territorio lontano dai grandi centri della pianura veneta, duramente colpito dalla crisi economica e sostanzialmente ignorato dagli organismi politici regionali.
La Confindustria di Belluno, attraverso una delle sue società, il Cipa (Consorzio industriale protezione ambiente), ha presentato un progetto per riadattare un vecchio impianto per lo smaltimento dei liquidi di colorazione dei tessuti. L’impianto, che si trova nel comune di Lentiai, un piccolo centro di 3 mila abitanti accanto alla Piave, appartiene alla San Marco, società del gruppo tessile Orlandi, e fu costruito essenzialmente con i soldi erogati alla provincia di Belluno dopo il Vajont.
L’impianto, dopo la chiusura della fabbrica, è rimasto in disuso per molti anni, fino al momento in cui il Cipa ha presentato alla regione Veneto il progetto di trasformazione in un depuratore. In realtà, l’esame del progetto ne ha rivelato subito la mostruosità. Non si tratta di un depuratore, ma di una “piattaforma dei veleni” per il trattamento, lo stoccaggio e la diluizione nell’acqua della Piave di una serie immensa di rifiuti tossici e pericolosi (l’intero elenco prende otto pagine e lo si può leggere sul sito della regione Veneto).

Il progetto è mostruoso per vari motivi:

  • 1) non serve alle realtà produttive locali, che non producono quel tipo di rifiuti. È quindi ovvia l’intenzione di diventare una specie di attrattore (si può presumere assai remunerativo) di rifiuti tossici e pericolosi;
  • 2) l’aleatorietà e l’opacità dei controlli sui livelli di inquinamento;
  • 3) viene realizzata la privatizzazione di un bene pubblico, perché il depuratore pubblico di Lentiai, perfettamente funzionante e adeguato alle esigenze della comunità, verrebbe in pratica sostituito, nella sua funzione, da questo impianto gestito da privati;
  • 4) il sito si trova non solo a ridosso della Piave, ma in una zona abitata (a poche centinaia di metri vi sono una scuola elementare, abitazioni , eccetera);
  • 5) inoltre, la zona è di grande interesse naturalistico, perché ospita risorgive, una vicina oasi naturalistica ed è vicina al parco delle Dolomiti bellunesi.

Contro il progetto si è mobilitata la società civile e si è realizzata la cooperazione di varie associazioni (Comitato “No depuratore”, Gruppo natura Lentiai, campagna “Liberi dai veleni”, Acqua bene comune La Comune bellunese e molte altre). La quasi totalità dei partiti politici ha mostrato disinteresse e non ha avuto nemmeno il coraggio minimo di prendere posizione, mentre la regione Veneto si è affrettata a concedere le prime autorizzazioni. La lotta delle associazioni ha finora proceduto in ambito locale, con i soli mezzi del volontariato, cercando di sensibilizzare la coscienza civile e ambientale. Sarebbe quindi assai utile se anche voi poteste informare sulla questione e sulle iniziative di lotta, ampliandone così la risonanza.
Per sabato 9 aprile le associazioni hanno infatti organizzato una fiaccolata dal sito della piattaforma fino alla piazza di Lentiai. Potrete trovare informazioni sul progetto nel sito della regione Veneto e sulle iniziative di lotta su questo sito.

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