La legge 107: ecco cosa si intende per scuola digitale

10 Settembre 2015 /

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La buona scuola che non vogliamo
La buona scuola che non vogliamo
di Silvia R. Lolli
Per concludere l’analisi della legge 107, prendiamo in considerazione alcuni aspetti non ancora esaminati in parte collegati alla didattica. Non abbiamo voluto approfondire le problematiche specifiche alle assunzioni docenti o dirigenti e le indicazioni per l’edilizia scolastica. Ci riferiamo alla scuola digitale e alla formazione dei docenti che avranno una ricaduta di lungo periodo.
Ricordiamo però che il futuro della scuola statale si giocherà subito, nei prossimi due mesi, quando gli organi collegiali, e in primis il dirigente scolastico, dovranno stabilire il loro piano triennale di offerta formativa (PTOF). Il futuro di ogni IS passerà dalla capacità di leggere i bisogni formativi degli studenti dei tre diversi livelli di scuola senza essere offuscati da interessi disciplinari, oppure senza essere contaminati da chi sta fuori dalla scuola, comprese le associazioni dei genitori.
Un altro pericolo potrà rilevarsi a regime se le valutazioni e i monitoraggi che si stanno sempre più estendendo nelle scuole non saranno solo per una valutazione comparativa funzionale alla ripartizione di risorse a livello nazionale, ma servirà a stabilire uno standard nazionale obbligatorio per le scuole statali, di livello appena sufficiente. Per ora osserviamo nelle scuole un gran fermento di proposte a livello associazionistico e di categorie; per tutte queste incertezze abbiamo manifestato la nostra contrarietà alla legge, ma soprattutto una legittima preoccupazione per la sua anti costituzionalità.

Abbiamo visto che alla scuola sono assegnati impegni nuovi, per esempio le scuole superiori di secondo grado dovranno essere in grado di organizzare formazioni sulla sicurezza nel lavoro per gli studenti che hanno l’obbligo, anche nei licei, di seguire percorsi di alternanza scuola-lavoro, c. 38. Perché dovrà essere la scuola ad assumere questa formazione? Forse perché si prevede a costo zero? In pratica si chiede alle IS di diventare responsabili anche di questo tipo di formazione, che dovrebbe invece essere tutta a carico delle aziende che hanno già molti benefici dalle ultime disposizioni sul lavoro e sulla scuola.
Vorremmo leggere la responsabilità per tutte le componenti scolastiche: per esempio di allievi e genitori, oltre che di organizzazioni aziendali o di terzo settore. In merito a questo tema ci piacerebbe che si eliminasse la legge sulla vigilanza che ormai evidenzia tutti i suoi limiti anacronistici, soprattutto nella scuola media di II grado, dove ci sono molti allievi maggiorenni, quindi pienamente responsabili per la legge; la giurisprudenza poi considera i sedicenni con una responsabilità giuridica, anche se non piena; invece i docenti devono ancora “vigilare” su di loro, anche al di fuori dell’ora di lezione.
La L. 107 assegna il compito di investire per la ristrutturazione, messa i sicurezza e la costruzione delle strutture scolastiche soprattutto agli enti locali, anche se con molti limiti di accentramento. Dalla questione impianti scolastici passa la così detta “buona scuola”; ma vedremo quanto tempo ci vorrà per questa attuazione, mentre le novità didattiche ed amministrative di questa legge dovranno essere messe in campo subito!
I commi che legiferano in merito all’edilizia scolastica sono tanti: dal 159 al 179. Perché non si è fatta una legge apposita?
Una novità che ben viene divulgata dai mass media ministeriali è relativa alla formazione dei docenti che, come abbiamo già visto, è obbligatoria e permanente: si distribuiscono risorse per la formazione di ogni docente per un massimo di € 500,00 annuale e, a tal fine, si istituisce la Carta elettronica per questo valore nominale; nello specifico serve:

“per l’acquisto di libri e di testi, anche in formato digitale, di pubblicazioni e di riviste comunque utili all’aggiornamento professionale, per l’acquisto di hardware e software, per l’iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, svolti da enti accreditati presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, ovvero a corsi post lauream o a master universitari inerenti al profile professionale, per rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l’ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo, nonché per iniziative coerenti con le attività individuate nell’ambito del piano triennale dell’offerta formativa delle scuole e del Piano nazionale di formazione di cui al comma 124. La somma di cui alla Carta non costituisce retribuzione accessoria né reddito imponibile” (c.121).

È prevista la spesa di 381,137 milioni di euro annui a decorrere dal 2015. Non si dice nulla sulla possibilità di detrarre già quest’anno spese fatte nei mesi passati per acquisto libri o aggiornamento, speriamo si preveda, qualora la cifra non venisse spesa totalmente dal docente, la possibilità di cumulo; per esempio sarebbe importante per sostenere formazioni con costi alti, ma anche in questa prima fase per non perdere l’ammontare di spesa previsto nel c. 123! Il c. 122 spiega che entro 60 giorni il Presidente del Consiglio, di concerto con il MIUR ed il MEF, fa il decreto per individuare i criteri e le modalità di “assegnazione e di utilizzo della Carta”, “l’importo da assegnare nell’ambito delle risorse disponibili di cui al c. 123”. Dunque ci aspettiamo a breve il decreto, sempre che il MEF decida che ci siano le risorse, che il c. 123 prevede: si autorizza infatti la spesa di 381,137 milioni (c. 123) e la spesa di 40 milioni dal 2016 (cc. 121-124). Quindi avremo l’investimento più consistente in questi primi mesi di scuola. Sarebbe un elemento positivo, se non fosse che il decreto dovrebbe uscire entro il 15 settembre, con la previsione di poter aver tutte le risorse scritte e spendibili appunto cumulativamente nei prossimi anni, quando fra l’altro la previsione di spesa, qui scritta, diminuisce.
Un altro specchietto per le allodole? Ci soffermiamo ora sul piano nazionale per la scuola digitale (cc. 56-60, 62, 7). Il MIUR “adotta” questo piano: “Al fine di sviluppare e di migliorare le competenze digitali degli studenti e di rendere la tecnologia digitale uno strumento didattico di costruzione delle competenze in generale” (c. 56).
Siamo ignoranti, perché non comprendiamo il linguaggio giuridico della presente legge, ma ci saremmo aspettati che il MIUR “predisponesse”, non “adotasse”, il piano nazionale per la scuola digitale seguendo, come cita ancora il c. 56, la programmazione europea e regionale e il progetto della banda ultralarga. Forse è solo una diversa lettura di senso per questo termine, ma, se si tratta di un piano nazionale, è il MIUR che lo dovrebbe predisporre mentre le IS lo adottano! Altrimenti una domanda è lecita: a chi si appalta la predispozione di questo piano? A quale azienda di consulenza? Quanto costerà? Visto che in molti punti si parla di formazione (anche per il personale amministrativo) le domande appunto sono tutte lecite. Comunque il c. 58 individua gli obiettivi del piano nazionale, dove forse tra le righe troviamo la risposta alla nostra domanda:

  • a) realizzazione di attività volte allo sviluppo delle competenze digitali degli studenti, anche attraverso la collaborazione con università, associazioni, organismi del terzo settore e imprese, nel rispetto dell’obiettivo di cui al comma 7, lettera h);
  • b) potenziamento degli strumenti didattici e laboratoriali necessari a migliorare la formazione e i processi di innovazione delle istituzioni scolastiche;
  • c) adozione di strumenti organizzativi e tecnologici per favorire la governance, la trasparenza e la condivisione di dati, nonché lo scambio di informazioni tra dirigenti, docenti e studenti e tra istituzioni scolastiche ed educative e articolazioni amministrative del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca;
  • d) formazione dei docenti per l’innovazione didattica e sviluppo della cultura digitale per l’insegnamento, l’apprendimento e la formazione delle competenze lavorative, cognitive e sociali degli studenti;
  • e) formazione dei direttori dei servizi generali e amministrativi, degli assistenti amministrativi e degli assistenti tecnici per l’innovazione digitale nell’amministrazione;
  • f) potenziamento delle infrastrutture di rete, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, con particolare riferimento alla connettività nelle scuole;
  • g) valorizzazione delle migliori esperienze delle istituzioni scolastiche anche attraverso la promozione di una rete nazionale di centri di ricerca e di formazione;
  • h) definizione dei criteri e delle finalità per l’adozione di testi didattici in formato digitale e per la produzione e la diffusione di opere e materiali per la didattica, anche prodotti autonomamente dagli istituti scolastici.

Terminiamo per ora l’analisi della legge, che merita certamente molte letture a causa della sua difficile impostazione e complicata scrittura, sapendo bene che abbiamo esaminato soltanto alcuni punti che ci sono sembrati i più rilevanti da affrontare subito. Abbiamo detto che non entravamo in merito all’edilizia scolastica, alle indicazioni per la messa in ruolo di docent e dirigenti e neppure all’elenco dei commi specifici di previsione di spese (ultimi commi della legge). Qusti ultimi poi ci sembrano abbastanza aleatori; la certezza potrà arrivare solo dall’ultima parola del MEF.
Ci sono poi altre parti della legge che definiscono aspetti che sono di forte conflittualità, come la costituzione del comitato di valutazione con il quale valutare il merito dei docent (cc. 126-130). Un elemento meno conflittuale è la indicazione di facilitare per molti obiettivi didattici e/o amministrativi la costituzione di reti di scuole. Questa modalità organizzativa è già presente in molte realtà territoriali e per tante finalità. Quindi nulla di nuovo rispetto a questo tema.
Concludiamo questo primo esame con la speranza che le tante manifestazioni di dissenso su questa legge, anticostituzionale e che vorremmo chiamare con il nome più appropriato, controriforma, possano far slittare di un anno la sua attuazione per tutte le attività che non siano la messa in ruolo di docenti, ricordiamo obbligatoria per il richiamo avuto dall’UE. Qualche mese fa ci eravamo espressi sulla possibilità che il Parlamento avesse la forza di stralciare dal sondaggio di settembre 2014 solo le norme per l’assunzione dei docenti e invece ci siamo ritrovati con una legge e legge-delega (sono presenti entrambi in questo unico articolo, che dobbiamo chiamare “commiato”!) dove si è messo di tutto e, soprattutto per le risorse, il contrario di tutto.
L’incapacità a scrivere le leggi che troviamo in questa non vorremmo constatare tra un po’ l’assuefazione al cambiamento costituzionale che sta avvenendo: avere un Senato non elettivo; ci sarebbe bisogno di trovare un numero minore di parlamentari competenti, bastano i “signor sì” nominati. Speriamo che l’attuale incapacità sia soltanto ascrivibile ad un obiettivo, ormai molto svelato: diminuire gli spazi democratici nel nostro paese in nome del neo liberalismo che però già in molti cercano di controbattere. Sappiamo però che arriviamo sempre a scoppio ritardato, soprattutto la sinistra italiana.

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