Bologna: le partecipate e i nodi che vengono al pettine

24 Giugno 2015 /

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Heradi Silvia R. Lolli
Martedì 16 giugno, mentre ascoltavamo la presentazione fatta ai cittadini del quartiere Barca sulla riqualificazione della centrale di teleriscaldamento COGEN di Via Nanni Costa e della riconfigurazione della centrale di via Rigola erano tante le domande che volevamo porre alla politica bolognese.
La presenza in massa dei politici, sindaco Merola, gli assessori Gabellini e Malagoli oltre al presidente di quartiere Vincenzo Naldi e ai consiglieri di quartiere Viola e Meliconi delle commissioni “ambiente, verde, qualità della vita, assetto del territorio e urbanistica” e “mobilità, viabilità e trasporti, infrastrutture, lavori pubblici”, ci ha fatto intanto pensare che il tema continua ad essere importante e deve essere accettato così come si propone; il progetto sembra essere già pronto, solo da attuare nel 2016.
Viste le tante domande dei cittadini dopo il ppt descritto dall’ingegnere di Hera, progettista della nuova struttura COGEN, avremmo appesantito il clima della serata con domande molto politiche, anche se potevano avere il compito di fare un po’ di storia recente su questi temi. Lo schema era già stato tentato nei primi mesi di insediamento del sindaco Cofferati, Merola assessore all’Urbanistica che poi si avvalse dell’opera della Gabellini: presentazione di una nuova centrale di teleriscaldamento da costruire sulla rotonda Romagnoli.
Solo la tempestiva e pervicace volontà di un gruppo di cittadini dei quartieri Porto e Reno (in due mesi raccolta di 4.000 firme) ed in parte l’aiuto del presidente del quartiere Porto di allora, costrinse a organizzare un laboratorio partecipato, chiamato Nord-Ovest. Dopo quattro incontri si pensò di chiudere il laboratorio che però arrivò a far cambiare idea al Comune e ad Hera.

Fu una vittoria per la democrazia, ma molto breve perché le politiche energetiche della città non sono cambiate, anche se fu organizzato un forum ambientale dall’assessore Patullo che portò a scrivere il PSE prima del PSC e, grazie a finanziamenti europei, si costituì uno showroom aperto ai cittadini per valorizzare il risparmio energetico nelle proprie abitazioni.
L’incontro di martedì ci ha confermato che i temi sollevati nella lettera firmata allora sono ancora tutti sul tappeto oggi, aggravati dalla gestione fallimentare del riscaldamento da parte di ACER-HERA-Comune di Bologna per le case popolari. Tema che in parte era emerso in tutta la sua gravità: la ristrutturazione avvenuta al “treno” e al comparto Barca da parte della neo-costituita azienda per la casa (ACER sulle macerie dello IACP) della fine del secolo aveva messo in luce l’incapacità gestionale dei nuovi gestori e l’assoluta indifferenza del Comune di Bologna nel controllare, soprattutto in chiave di un futuro sostenibile, il proprio patrimonio.
Per esempio ACER decise di lasciare boiler elettrici, nelle case degli assegnatari, per la produzione dell’acqua calda così da rendere difficile il pagamento delle bollette da parte di chi abitava in una casa popolare per problemi di reddito. Già allora sul tetto del treno sarebbe stato possibile investire meglio in pannelli solari, visto che i lavori furono fatti anche sui tetti per togliere l’amianto. Da allora la situazione si è aggravata, i nodi stanno venendo al pettine.
Inserire la centrale di Via Rigola, ancora ad olio combustibile quindi da riqualificare a gas metano, nella rete di teleriscaldamneto togliendone la gestione diretta ad ACER, ha fatto tuttavia aumentare i costi di riscaldamento. Gli abitanti, ormai molti proprietari, molti dei quali stanno pagando mutui per il recente acquisto, denunciano un costo mensile che va da € 146,00 a € 193,00 (cifre che aumentano ogni anno) più il conguaglio di agosto.
Si sono persi almeno dieci anni e la situazione è enormemente peggiorata. Rispetto al riscaldamento dimostrammo già allora che la rete era inefficiente, oltre che questa tecnica non esente da problemi di inquinamento di micro particelle. Oggi ancora Hera propone una nuova centrale costruita con tecniche nuove, anche di cogenerazione, più efficienti e meno inquinanti (chissà però se le verifiche sono veramente precise e continue sulle micro particelle di 2,5 micro).
La centrale di Segantini rimane come centrale di riserva, ovviamente per le giornate invernali più fredde, non se ne prevede lo smantellamento, come speravano gli abitanti del comparto ex-Calzoni. Mantenerla, aumentando enormemente la potenza della neo-costruenda centrale COGEN di Via N. Costa, riconfigurando, cioè aggiungendo una caldaia alla centrale di Via Rigola (comparto Barca) e mettendo pure la centrale di Via del Beccaccino in stand-by, dice solo che i piani economici di Hera continuano a farsi per l’interesse delle proprie quote di mercato e della Borsa. Investimenti i suoi per la città e i cittadini? In parte forse, ma aumentare le potenze del teleriscaldamento, in una zona ricca di abitazioni non ancora allacciate e in previsione di nuove abitazioni (oltre a quelle già costruite di là dalla ferrovia c’è la futura ri-urbanizzazione dell’ex-Sabiem) dice solo che l’azienda mira a nuovi clienti e a vendere pure l’elettricità che il teleriscaldamento produce.
Siamo in un mercato di concorrenza perfetta in questo caso? Il Comune di Bologna cosa potrebbe fare in questa caos? Invece di incentivare solo un’azienda produttrice, pur partecipata per alcune quote azionarie, e non controllare la gestione vecchia e nuova delle sue case popolari non dovrebbe impostare una vera politica energetica con lo sguardo al futuro, che è l’oggi da tempo, senza mantenere il monopolio in città di un’azienda che di partecipato ha solo l’offerta di posti precisi e che appalta i veri servizi pubblici? Basta leggere, negli anni, tra i documenti della società, la diminuzione degli addetti qualificati al suo reale core business, cioè la manutenzione degli impianti, che sono sostituiti con operai di ditte appaltate appositamente.
Anche in questa azienda si sono perse le competenze industriali per far posto ai colletti bianchi della finanza. Ascoltando le lamentele degli abitanti del comparto Barca, almeno di alcuni di loro, sorge un ulteriore dubbio: nei confronti di alcuni condomìni (per esempio chi ha dato la gestione dell’impianto ad Hera, vedi Beccaccino, oppure Ospedale Maggiore) sembrano in atto contratti di fornitura diversi, che magari fanno pesare su altri i costi della rete. Non è dato sapere il perché i proprietari e gli assegnatari (?) ex case popolari nella zona Barca abbiano forniture così costose. La trasparenza si perde in ACER.
Oggi si dice, in modo anche ironico (abbiamo interpretato così alcune risposte di Malagoli e di Hera impersonato da Bruschi), che l’azienda pagherà tutte le spese sulle dispersioni; ma come si farà a verificare questo dato? Perché l’abbinata Comune-Acer-Hera non prevede di mettere l’impianto di contabilizzazione (obbligatorio in tutti gli appartamenti con centrali comuni dal 2016) a zero spese per tutti? I 500 euro che l’assessore stabilisce come costo per singolo impianto è stato verificato sul mercato libero, oppure è l’ennesima fornitura per una gestione delle case che si è dimostrata solo fallimentare? Si dice però che Hera porta fino al condominio tutto ciò che serve per contabilizzare a sue spese. Come si possono verificare questi conti, se oggi non si sa effettivamente quanto consumano in termini di KW?
Dieci anni fa i cittadini non vollero dividersi in sottogruppi durante il laboratorio Nord Ovest e, come stabiliscono le regole di un vero laboratorio partecipato, cercarono di lasciare libertà di espressione e di far emergere più nodi possibile. Riuscirono, unendosi liberamente e non in ulteriori comitati (rimase solo il comitato Segantini), a sollevare questioni importanti e a dimostrare l’inefficienza delle reti di teleriscaldamento. oltre che ad evitare la deturpazione della rotonda Romagnoli, che possiamo vedere ancora con una vasta vegetazione. Ci riusciremo anche oggi?

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