Dopo quella intervista su De Luca le dimissioni di Cantone sarebbero dovute

4 Giugno 2015 /

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Raffaele Cantone
Raffaele Cantone
di Alfonso Gianni
Mentre Vincenzo De Luca, trionfatore delle regionali campane con i voti determinanti del Centro democratico di Vassella Pisacane e dell’Udc, dell’intramontabile e inrottamabile Ciriaco De Mita, querela la Bindi per il semplice esercizio delle proprie istituzionali funzioni, Raffaele Cantone, Presidente nazionale anticorruzione, non trova di meglio che rilasciare un’ampia intervista a Repubblica in cui se la prende con la Bindi e con la Corte Costituzionale.
Eppure si tratta di una persona di cui si era fatta il nome persino per la carica di Presidente della Repubblica. E tutto ciò almeno ci consola dal punto di vista dello scampato pericolo. Che si possa criticare la legge Severino è non solo lecito, ma – per ciò che riguarda alcuni aspetti – anche comprensibile, come quelli che concernono differenze di trattamento fra vari livelli istituzionali a fronte di processi giudiziari in corso. Ma bisognerebbe averlo fatto prima. Ora, fin tanto che quella è legge, non può non essere applicata. De Luca l’ha voluta sfidare. Il suo partito si è messo al suo servizio, infilandosi in cul de sac da cui è difficile uscire. D’altro canto questa è stata una scelta cosciente di Renzi. Una regione in più val bene l’aggiramento di una legge e la tacitazione di ogni sensibilità etica. Il giovane è spregiudicato.
Ma che il Presidente nazionale anticorruzione corresse in aiuto all’uomo forte della Campania, questa, almeno, speravamo di potercela risparmiare. E ci va giù duro. La Bindi, secondo Cantone, avrebbe “istituzionalizzato” gli impresentabili. Cosa voglia dire non si capisce neppure, ma tant’è: si tratta di un’accusa destinata a fare effetto. In secondo luogo avrebbe dato il “bollino blu” a tutti quelli che non rientrano nella lista degli impresentabili. Qui siamo di fronte al capovolgimento radicale di ogni logica.

Secondo Cantone qualunque iniziativa tesa ad avvertire l’elettorato che sono stati inseriti nelle liste persone che non hanno requisiti a termine di legge per poterci stare o per potere svolgere le funzioni che deriverebbero dalla loro eventuale elezione, sarebbe campagna elettorale per tutti gli altri. Ma allora, caro Cantone, se le cose stessero davvero così, aboliamola questa Commissione antimafia.
Sarebbe più dignitoso per tutti. Oppure releghiamola per norma a un ruolo marginale, come lei stesso dice nella intervista: “La commissione deve studiare, cogliere nessi, indagare fenomeni” , ma evidentemente non interferire mai con la politica attiva. In quest’ultima, com’è noto, non ci sono nessi o fenomeni da indagare. Per Cantone non conta neppure la sentenza della Corte Costituzionale che ha recentemente stabilito che la sospensione dalla carica è “un atto vincolato” non sottoponibile a valutazioni di discrezionalità. Cantone la butta sui tempi. Quando il governatore dovrebbe essere allontanato? Al momento della nomina o dopo l’insediamento della Giunta?
Che siamo di fronte a cavilli utilizzati all’unico scopo di sostenere la continuità dell’esercizio del potere da parte di De Luca, risulta poi chiaro in chiusura di intervista, quando Cantone si lancia in un intemerato augurio: “Da cittadino mi augurerei che come governatore De Luca sarà puntuale e preciso con tutte le altre promesse come lo è stato nel depositare la denuncia”. Il riferimento alla querela di De Luca nei confronti della Bindi è esplicito. Se lei la pensa così, caro Cantone, sarebbe assai meglio che tornasse ad essere un semplice cittadino e che abbandonasse nel più breve tempo possibile quella carica di Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione. Non mi pare materia per lei.
Questo articolo è stato pubblicato sull’Huffington Post il 3 giugno 2015

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