Palermo: cinque volte donne migranti

30 Aprile 2015 /

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Cinque volte donne migranti
Cinque volte donne migranti

di Amalia Chiovaro
Palermo, da sempre crocevia di percorsi e incontri fra culture, si è trovata a far da culla ad un progetto caratterizzato da “cinque elle”: Lingue, Legalità, Lavoro, Latte, Libri. La città ha alle spalle una lunga storia rispetto ai temi dell’inclusione e questo anche grazie alle numerose comunità presenti sul territorio: se ne contano, infatti, circa centoventiquattro. Proprio all’interno di questa cornice troviamo una esperienza come I saperi per l’inclusione, un progetto realizzato grazie al Fondo Europeo per l’Integrazione di Cittadini di Paesi terzi, presentato alla fine del 2014 e che terminerà a giugno 2015.
Come capofila abbiamo la Scuola di Lingua Italiana per Stranieri (Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università degli studi di Palermo), in partenariato con le associazioni Pellegrino della terra Onlus, Incontrosenso, Casa di tutte le genti, Kappaelle Comunicazioni & Eventi ed in collaborazione con l’Associazione Le Balate, gli istituti comprensivi statali Perez – Madre Teresa di Calcutta, La Masa – Federico II e, infine, l’Assessorato alla cittadinanza sociale e quello alla scuola del Comune di Palermo.
Tanti nomi, dunque, che hanno avuto come primo risultato il potenziamento di una rete territoriale di intervento, con la realizzazione di diverse attività progettuali. Ma le vere protagoniste sono le donne, a cui è rivolto il progetto, pensato proprio per dare una opportunità di crescita, con l’accesso gratuito a percorsi di formazione linguistica e professionalizzante.

Sulle cinque elle sono stati attivati, infatti, corsi di lingua italiana, grazie ai quali è possibile ottenere una Certificazione di Italiano come Lingua Straniera (CILS), utile per la richiesta del permesso o carta di soggiorno e della cittadinanza italiana. E ancora, lezioni di educazione civica, laboratori di taglio e cucito e per la gestione di strutture d’accoglienza, ma anche uno sportello per la salute della donna e del bambino.
Un progetto ben strutturato, che lavora su più piani, e organizzato in modo da facilitare la frequenza alle attività formative. Due esempi fra tutti, il laboratorio di lettura ad alta voce e il servizio di baby-sitting, rivolti ai bambini che spesso “accompagnano” le mamme. Si tratta di donne provenienti da diverse parti del mondo, prevalentemente adulte, sposate e con figli. Tra di esse vi sono numerose vittime ed ex vittime di tratta. Storie diverse, accomunate da mille ostacoli ma anche dalla voglia di rimettersi in gioco e di riappropriarsi del proprio tempo, in quanto donne. Un momento, questo, in cui possono spogliarsi di tutti quei ruoli che giornalmente ricoprono e che le relegano esclusivamente ad un contesto casalingo.
Da qui un difficile inserimento nel tessuto socio-lavorativo e la conseguente difficoltà nell’apprendere una lingua, necessaria sia per i momenti di familiarizzazione ma anche per conoscere il funzionamento dei servizi territoriali scolastici, sanitari, sociali e lavorativi. Nel tempo abbiamo assistito ad una trasformazione delle migrazioni e sono sempre più le donne spinte ad emigrare: ricongiungimenti familiari, guerre ma anche aspirazioni personali le portano a lasciare la propria terra. Ricostruire una vita non è affatto semplice e la mancanza di un supporto familiare rende spesso tutto più complicato. Il risultato è, inevitabilmente, l’isolamento. Progetti come questi sono fondamentali per ridurre tali rischi, ma soprattutto per dare una possibilità di riscatto.
Tindara Ignazzitto, una delle coordinatrici del progetto, ci racconta le sensazioni di questi primi mesi: «Il fatto che il Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione del Ministero dell’Interno e il Fondo Europeo per l’Integrazione di Cittadini di Paesi terzi abbiano finanziato il nostro progetto, è un importante riconoscimento della qualità dei percorsi di inclusione sociale, che ormai da anni vengono realizzati dalla Scuola. Si tratta dell’unica Università ammessa al finanziamento, una delle poche realtà del Sud, fra le migliaia di progetti presentati.
Dall’inizio del progetto, cioè da novembre 2014, abbiamo incontrato più di duecento donne migranti provenienti soprattutto da Ghana, Bangladesh, Nigeria, Sri Lanka e Marocco, che hanno chiesto di partecipare alle attività formative. In particolare corsi di lingua italiana, di formazione civica, laboratori di taglio e cucito e gestione delle strutture di accoglienza». E il bilancio delle attività è netto: «Tra le circa centoventi donne iscritte ai corsi di italiano, più di trenta non sapevano né leggere né scrivere nella propria lingua di origine e stanno imparando a farlo adesso, nei due corsi di alfabetizzazione attivati; altre si avvicinano allo studio della lingua per la prima volta, pur risiedendo in Italia da molti anni, talvolta anche più di dieci.
Questo – prosegue Tindara – rappresenta un’occasione di crescita personale, oltre che un contributo alla gestione familiare. Tra i risultati più importanti, vi è il sostegno per la nascita di una piccola realtà di tipo imprenditoriale, scaturita dal laboratorio di taglio e cucito: un gruppo di circa otto donne, formate da un sarto professionista, anche egli migrante, ha deciso di puntare sulle competenze acquisite per continuare a lavorare insieme, con l’obiettivo di creare una concreta opportunità lavorativa per il futuro. Entro la fine del progetto, prevista per giugno 2015, le creazioni sartoriali realizzate verranno vendute attraverso il portale di merchandising dell’Università di Palermo, UnipaStore, il sito ufficiale del progetto e un’azione apposita di crowdfunding. I proventi costituiranno una base per sostenere anche economicamente il progetto delle neo-imprenditrici».
Il risultato reale di un simile impegno lo si potrà verificare quando il percorso di autonomizzazione di queste donne si sarà realizzato. La possibilità di tornare padrone del proprio destino sembra essere una speranza raccolta, ma necessita di un impegno non episodico.
Questo articolo è stato pubblicato sul Corriere delle migrazioni il 24 aprile 2015. Per sostenere la rivista online, si può disporre un bonifico sul conto corrente con Iban IT29 I010 3021 0010 0000 1231 240 intestato a “Giù le frontiere e con causale “Corriere delle Migrazioni”

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