di Adriana Pollice
Nei giorni in cui Sea Watch e Sea Eye erano bloccati nel Mediterraneo con i naufraghi a bordo senza un porto di attracco, il comune di Napoli il 4 gennaio lanciò un appello per raccogliere aiuti: in 24 ore arrivarono 3.376 mail, 1.769 dal capoluogo partenopeo, con offerte di alloggio, mediazione linguistica e formazione, in 216 misero a disposizione la barca per recuperali al largo e farli entrare in porto. E poi vestiario, sostegno economico e medico.
Le offerte sono arrivate anche quando alla fine i migranti sono sbarcati a Malta: 5.807 mail (fino a ieri pomeriggio) con circa 13mila disponibilità. Hanno offerto ospitalità anche i gestori di Sprar non solo in città ma nella provincia irpina e sannita. Il Coordinamento nazionale comunità di accoglienza, di ispirazione cattolica, tra le realtà che hanno scritto per offrire supporto: «Quando le leggi violano i diritti umani di solidarietà, attenzione agli ultimi e accoglienza umana vanno contestate e cambiate», si legge nella mail inviata all’amministrazione.
Per non disperdere questa esperienza, il sindaco Luigi de Magistris ha organizzato un incontro pubblico sabato prossimo a partire dalle 14 al teatro Augusteo di Napoli. Il titolo è «Simmo ggente ‘e core», cioè siamo gente di cuore, ed è una frase tratta da una delle mail arrivate. Hanno scritto studi medici, raccontano dall’amministrazione comunale, associazioni, gruppi ma anche tanti singoli cittadini che si sono ribellati a un’Italia chiusa nell’egoismo del salviniano «prima gli italiani».
Napoletani emigrati all’estero hanno offerto una donazione, molti hanno raccontato di avere un lavoro precario ma di voler contribuire perché educati al motto partenopeo «dove si mangia in due, si mangia anche in tre».
Sul sito del Comune è possibile compilare la scheda di partecipazione, lo scopo è «consolidare e attuare una rete di solidarietà, nata spontaneamente, che ha costruito un ponte ideale con le tante manifestazioni svoltesi in tutta Italia al grido di “Porti Aperti!”. Sarà un pomeriggio per mettere a sistema, per oggi e per il futuro, questi preziosi gesti di umanità che possano così diventare un vero supporto per le persone che sono in cerca di un nuovo inizio».
Di cosa si tratta lo spiega Laura Marmorale, assessora al Diritto alla cittadinanza con delega all’immigrazione: «Attualmente non c’è un provvedimento che chiude i porti, la città è decisa ad accogliere e, se si creeranno i presupposti, saremo pronti con un rete che si occupi della logistica a terra. Una rete attiva di supporto con il contributo dei cittadini per implementare l’accoglienza che per noi significa soprattutto inclusione. Proprio l’inclusione, per essere efficace, ha bisogno del coinvolgimento e della partecipazione del contesto sociale cittadino».
La solidarietà non è una novità per Napoli. Nel 2016 sbarcarono 465 migranti, tra i quali 98 minori non accompagnati, con l’autorizzazione del governo, recuperati al largo delle coste libiche ed entrati in rada sulla nave della Guardia costiera Ugo Gregoretti. Al porto trovarono lo striscione «Welcome refugees, Napoli is your home». Al porto c’era la macchina delle prefettura ma anche gli attivisti del territorio.
Il Comune lanciò un appello ai cittadini: servivano abiti, scarpe, pigiami, indumenti intimi, sapone, dentifricio, asciugamani, assorbenti. Scattò immediatamente il passaparola e i centri furono raggiunti dalla popolazione con tutto il necessario per aiutarli, tanto che il comune dovette fermare quasi subito le donazioni. Anche allora arrivarono le offerte non solo di beni ma anche di servizi, soprattutto per i minori, per farli sentire a loro agio.
Questo articolo è stato pubblicato dal quotidiano Il manifesto il 23 gennaio 2019