di Sandro Nanetti
13 aprile: il Comitato per l’alternativa al passante Nord ha organizzato un convegno per fare il punto su “Consumo di suolo e infrastrutture”. È un’iniziativa che si aggiunge alle tante assemblee pubbliche che, da dodici anni a questa parte, sono convocate dai due promotori, Gianni Galli e Severino Ghini, nei diversi comuni della cintura bolognese interessati dalla nuova autostrada progettata, per l’appunto, dodici anni or sono.
Il disegno del percorso ha subito alcune modifiche nel tempo in funzione delle valutazioni negative che sono state via via espresse dall’Unione Europea o dalle amministrazioni locali coinvolte. L’ultimo tracciato, oggetto di un accordo datato luglio 2014, tra l’allora Ministro Lupi ed esponenti di primo piano di comune, provincia e regione, si snoda per meno di quaranta chilometri ed è quindi più corto del passante originario ma più lungo del cosiddetto “passantino”. E comunque neppure quest’ultima variante riscuote il consenso di un variegato schieramento di forze che in questa occasione si sono ritrovate per ribadire le ragioni di un no.
Erano presenti i rappresentanti di tutte le espressioni associative del mondo dell’agricoltura e anche il presidente regionale di Legambiente. C’è stata anche l’autorevole partecipazione di Mario Catania, oggi parlamentare di Scelta Civica, che fu Ministro dell’Agricoltura nel governo Monti. I dati che ha esposto sono eloquenti: nel 1971 l’Italia poteva contare su 18 milioni di ettari di terreno coltivato.
Oggi sono ridotti a 12 milioni e mezzo. I 5 milioni e mezzo andati perduti sono in parte il frutto dell’abbandono, soprattutto nelle zone montane, ma per una buona porzione, più di un terzo, sono stati irreversibilmente cementificati. E in questo caso è soprattutto la fertile pianura padana a essere stata sacrificata in nome di una distorta visione della crescita. Il valore creato dalla “filiera del cemento” – ha affermato Catania – è effimero, destinato a esaurire rapidamente i suoi effetti positivi sull’andamento economico.
Solo consolidando la filiera agricola è possibile assicurare una crescita reale e duratura. Gianni Galli ha tuttavia ricordato che chi è da poco al governo regionale e chi ricopre la carica di Sindaco della Città Metropolitana si sono detti d’accordo sulla necessità di invertire la rotta rispetto a scelte amministrative che hanno permesso all’Emilia Romagna di conquistare il terzo posto nella classifica delle regioni italiane che più hanno cementificato il territorio. Quando però dalle parole si passa ai fatti costoro continuano ad avallare realizzazioni perfettamente allineate con le devastanti decisioni del passato.
Tant’è che il Sindaco di Castenaso, Stefano Sermenghi, aveva convinto altri nove colleghi di altrettanti comuni toccati dal passante nord a esprimere con una comunicazione congiunta il disagio dei loro concittadini e a sottoscrivere la richiesta di sospendere questa opera per procedere ad approfondimenti sulla effettiva utilità. Tanto più che la stessa società Autostrade, in uno studio commissionato dalla regione, aveva rilevato come questo progetto di passante nord non servisse a diminuire il traffico in tangenziale a Bologna.
A seguito della lettera, i dieci Sindaci – ha riferito Sermenghi -sono stati cortesemente ricevuti in Regione ed è stata data assicurazione che le loro istanze avrebbero ottenuto la dovuta attenzione. Poi più nulla. Intanto ci sono società che hanno iniziato ad effettuare carotaggi e rilevazioni varie nei territori a nord di Bologna. Il che dà l’idea che ci si trovi ormai nella fase attuativa del piano preliminare.
Per questo l’avvocato Federico Gualandi, che da anni segue i lavori del comitato, ha lanciato l’allarme. Se è vero che questo passante, attualmente sul binario di partenza, continua a non rispettare una serie di parametri indicati dalla Commissione Europea che ne motivarono la bocciatura della prima versione, è altrettanto vero che se le diverse fasi attuative procedono, difficilmente un ricorso amministrativo presentato in corso d’opera potrà ottenere un qualche effetto.
Lo stato della giustizia amministrativa nel nostro paese – sostiene Gualandi – è tale da togliere ogni illusione di efficacia a chi vi ricorre e quindi il tempo stringe davvero: se il treno del passante parte difficilmente lo si potrà arrestare. Da questo convegno ricaviamo l’impressione che esistano due mondi: uno che ritiene fondamentale, nell’esaminare ogni progetto, che se ne valuti la sostenibilità ambientale nel lungo periodo.
Per questo il comitato continua a dichiarare di non essere una organizzazione “contro” ma di avere una proposta alternativa di soluzione ai problemi del traffico che prevede l’ampliamento di tangenziale e autostrada in sede, con minori costi e un minimo impatto sull’ambiente; sostiene inoltre la necessità di completare alcune infrastrutture esistenti e da anni incompiute (tipo la trasversale di pianura o la Lungosavena).
Dall’altra parte sta chi persegue effetti economici, reali o presunti, nel breve periodo, nel segno di un decisionismo che considera alla stregua di lacci e lacciuoli qualsiasi considerazione critica e che evita accuratamente di affrontare il confronto. Il fatto che su questo secondo fronte, insieme alle aziende costruttrici, si trovi gran parte del PD (oltre che dei sindacati) non rende facile per un comitato apartitico che si regge su basi di volontariato rompere il muro del silenzio e della disinformazione. Ci proverà comunque ancora una volta con una manifestazione pubblica a Bologna che sarà convocata nella seconda metà del mese di maggio.