di Dario Zanuso e Aldo Zoppo
Whiplash, di Damien Chazelle, USA 2014. Andrew è un giovane studente di batteria del Conservatorio di New York. Goffo ed insicuro nelle relazioni sociali, è tuttavia animato da una fortissima determinazione ad affermarsi nella vita come il migliore musicista jazz nel suo strumento. Viene notato dal più influente e temuto insegnate della scuola, il prof. Fletcher, e reclutato come secondo batterista nella sua jazz band. L’approccio pedagogico di Fletcher, alla ricerca della perfezione assoluta, è autoritario e brutale, sempre pronto a mortificare ed umiliare i suoi musicisti. Sembra accanirsi in particolare con chi mostra le maggiori potenzialità. Tra allievo e maestro inizia un confronto senza esclusione di colpi, raccontato con la tensione ed il crescendo emotivo di un incontro di boxe (sullo schermo vedremo anche scorrere il sangue). Non riveliamo il suo esito, basti dire che il finale è davvero sorprendente ed emozionante.
Geni si nasce o si diventa con la fatica e il sacrificio? È questo il tema su cui ruota il film. La filosofia di Fletcher è racchiusa in un aneddoto che più volte sentiamo raccontargli. Come ha fatto Charlie Parker a diventare il più grande musicista di jazz? Era giovanissimo quando, in uno dei suoi primi concerti con una band di professionisti e al termine di una performance non entusiasmante, il batterista gli gettò addosso un piatto della batteria, gridandogli di lasciare il palco. L’umiliazione fu tale da indurlo ad esercitarsi in modo ossessivo, fino a diventare l’artista che oggi conosciamo. Sempre secondo la filosofia di Fletcher, una delle frasi che nelle scuole ha fatto i maggiori danni è “good job”, emblema di una generale tendenza delle nostre società al livellamento verso il basso e alla mediocrità.
Chazelle, autore anche della sceneggiatura, semplifica forse troppo questioni piuttosto complesse e tende a portare fino a conseguenze estreme gli assunti che scandaglia. Certo è che il film non lascia indifferenti ed è forse quello che più ci ha colpito dei tanti visti al Torino Film Festival, dove ha avuto la sua anteprima italiana. Va anche detto che si tratta di un piccolo film indipendente, che segna l’esordio di un giovanissimo regista. È stato accolto con entusiasmo in giro per il mondo, da Cannes dove è stato presentato in anteprima, al Sundance dove ha ottenuto il premio come miglior film. Cinque nomination agli Oscar, tra cui quello per miglior film.