Gianluca Lalli, un talento che fa rima con Lolli

di Silvia Napoli /
28 Aprile 2022 /

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La vita riserva sorprese, diceva qualcuno, ma la provincia italiana, non è da meno, nel senso migliore del termine. E quanto ci sia di intentato, anzi spesso di studiato nel protrarsi di grandi sbilanciamenti e sperequazioni tra politiche culturali ( e non solo ), nelle diverse aree geografiche del nostro bel paese, non è certo dato che passi inosservato ai nostri lettori.

Bisogna anche ammettere che paradossalmente, tuttavia, esista un contrappunto positivo a queste disparità: evidentemente collocato nelle biodiversità culturali che comporta e nel fatto che, da lontano si vede bene il centro o che il “periferico“poi, abbia meno remore a confrontarsi con la globalità. Tutto questo, per motivi spesso apparentemente divergenti: ovvero, da un lato la forza di certe radici, dall’altro il bisogno di staccarsene e trovarsi una sorta di koinè comunicativa.

Direi che Gianluca Lalli, autore cantore, regista e interprete di ardua collocazione come spesso a noi piace, riassuma su di sé abbastanza bene queste caratteristiche. Ora che è recentissimamente uscita la sua ultima fatica discografica,dall’insolito titolo Letteratura in musica, mi sento autorizzata a parlarne direttamente con il suo artefice. È un fatto che la Musica in modalità indiretta, o forse proprio perché spesso si fa medium ideale e diretto di messaggi e istanze collettive, sia stata un po’ protagonista delle mie ultime giornate, ripensando al concertone in chiave pop ecumenico pacifista di un” certo elevato livello “organizzato in Piazza Maggiore in favore di Save the Children o alla proiezione di Bella ciao, produzione tutta nostrana per omaggiare la canzone delle canzoni regina della nostra Democrazia.

Gianluca Lalli si trova nella magia poetica del recanatese quando lo raggiungo telefonicamente e il suo raccontarsi rilassato rende subito evidente quanto non sgomitare dietro facili affermazioni di notorietà, sia una qualità dell’anima che favorisce per gemmazione, la comunicazione.

Cosa puoi dirmi della condizione esistenziale provinciale, che tipo di avvicinamento puoi avere da qui, dalle colline vicine al mare, alla tua vocazione?

“Interessante partire da qui per spiegare un po’ di cose, perché per esempio Leopardi, nume tutelare di questi luoghi, divulgato talvolta in modo stucchevole, quando invece era davvero un giovane arrabbiato dei tempi, è un esempio calzante nella sua stessa vicenda biografica, di una dialettica costante tra andare e stare. Qui si forma nello studio, ma poi necessariamente deve andare via e rinunciare ad un ruolo di possidente che era stato segnato per lui e trovare stimoli ed ispirazioni ulteriori, insieme a passioni, persone. Un giusto distacco etico -morale che noi definiamo pessimismo, lo manterrà sempre in un atteggiamento che noi definiamo di barra dritta anche per il portato di un certo tipo di radici identitarie. Alla fine è una modalità di sofferto equilibrio filosofico esistenziale. Io personalmente, sono nato ancora più giù di qui, in una piccola località verso il Lazio e questo mi ha influenzato in diverse forme. A seconda della fase d’età, naturalmente.

Ho attraversato il momento topico della merendina industriale a sfavore di un sano panino con la frittata fatta con le uova di casa, ho attraversato la fase dell’isolamento volontario dalle dinamiche di paese per immergermi nella maestà della natura e nella profondità di letture onnivore ma eminentemente poetiche.

Cosi ho incontrato Baudelaire, Rimbaud e la cultura francese in generale, magari anche nella rilettura cantautoriale italiana, sto pensando naturalmente a De André e al rapporto con Brel. In generale un rapporto intenso con gli spazi naturali favorisce un approccio contemplativo alle cose ma la gioventù, si sa, ti chiama sempre verso esperienze altre. Ad un certo punto, naturalmente è arrivata anche la letteratura americana o meglio anglofona mediata dal rock. Mi riferisco in particolare ai Doors, ovvero al loro ispirarsi alle Porte della Percezione. Sono stato attratto dai loro riferimenti esoterici, ma anche da quelli psico antropologici connessi al tema edipico. Una via popolare alla letteratura era quello che mi interessava sperimentare. E la musica che è un linguaggio universale e popolare per eccellenza, coltivata qui naturalmente e tradizionalmente come tutto il resto dei nostri prodotti, anche nelle contrade più sperdute, mi è sembrata essere un mezzo espressivo ideale per i miei intenti. Non mi interessava in modo particolare il successo per il successo, ma comunque ad un certo punto me ne sono andato a vivere a Roma.

D:Hai fatto qui qualche incontro particolarmente significativo per il tuo percorso?

R: in un certo senso si, perché ho trovato un disco in una bancarella. Sai quando vai a Porta Portese e trovi di tutto… il disco conteneva una canzone che avevo già sentito e non sapevo a chi attribuire esattamente. Ed era lui, quella che considero la mia più importante influenza, ovvero Claudio Lolli. Trovavo in lui quello straordinario rigore nell’aderire ai tempi e alla loro crudezza coniugato con una delicatezza poetica poco comune e ne ero affascinato”.

Puoi dirci qualcosa del rapporto con lui?

“Che dire? Ero, sono, un follower, per dirla alla maniera odierna, ovvero un fan, un allievo, un compagno di strada, un amico. La prima volta che l ho visto, ho pensato che c’era una discrepanza, almeno per la mia sbrigliata immaginazione, tra quello che lui riusciva a rappresentare e la sua attitudine fisica, cosi, defilata, schiva, minuta. Venivo spesso a Bologna allora. Ci bevevamo un bicchiere ed io imparavo che, per non scendere a compromessi, si può accettare di avere una esistenza di lavoro normale affiancata alla propria vocazione. In effetti, dopo la sua scomparsa, non vengo cosi spesso a Bologna. Ma, vorrei precisare, il nostro non era un rapporto gerarchizzato ed abbiamo lavorato insieme alla pari. Abbiamo lavorato insieme per esempio, al brano”Il grande freddo”, che io ho inserito nel mio album con gli Ucroniutopia, il mio gruppo storico. Brano che ha valso a Claudio la targa Tenco nel 2017, pensa, dopo decenni di carriera. Più di tutti di Claudio mi piaceva che fosse un poeta vero e nel contempo un coltissimo uomo di lettere. Anch’io come lui, sento una inclinazione imprescindibile per la pedagogia e, di fatto, mi considero un educatore. Tutta questa letteratura che vado inseguendo e perseguendo nel corso dei miei 5 dischi realizzati implementa senso e valore se riferita ad un pubblico anche giovanissimo, ad una funzione sociale e critica da salvaguardare.

Attenzione però, che io elaboro e trasmetto valori particolari o controvalori: mi chiama l’istituto di cultura italo canadese, il festival folk di Piadena cosi come le Scuole elementari di qui ed io, insegno a disobbedire: di fatto, insegno un pensiero critico, perché pacifista e antiautoritario sempre.

Non so dirti se mi considero propriamente “anarchiste”, perché certamente faccio riferimento a principi libertari, ma non mi nascondo che, da un lato, i tempi siano oscuri e non proprio favorevoli al dispiegamento delle migliori energie trasgressive creative, dall’altro, probabilmente sia da rinnovare un certo linguaggio ed armamentario ideologico.

Proprio in momenti storici come questo, la Poesia offre la sua migliore sponda perché in grado contemporaneamente di esprimere il dissenso e l’affermazione.

Da un lato outsider, da un altro, al passo con i tempi, sia per il tuo rapporto educativo con i giovanissimi, sia per la tua attenzione a circondarti dei musicisti migliori di una certa scena italiana, per costruire il disco. Ci puoi parlare di questo tuo particolarissimo equilibrio e di quali siano le tue fonti di formazione e informazione continua? Ma poi, per te, quale il rapporto tra musica e parole?

“Hai colto bene, mi dice ridendo con questa voce che realmente evoca la freschezza dei ruscelli, (sebbene so che possa suonare espressione zuccherosa da parte della sottoscritta), vari punti di eccentricità, rispetto al codice mainstream. Io ascolto e vedo poco in realtà. Non solo mi ostino a stare decentrato, anche con costi personali altissimi(ricordiamo che la casa nativa del nostro è stata distrutta dal terremoto e dunque ora vive sul mare sempre nella parte bassa delle Marche), ma non possiedo neppure la tv, non guardo San remo e, conseguentemente, neppure sono seguace dei talent. In generale, attirandomi forse qualche giudizio di elitarismo, penso siano programmi costruiti per gente dalle passioni spente e dai pochi interessi. Poi, certo, ci sono giovani con voci interessanti.. indirettamente veicolano però contenuti sulla miseria dei tempi attuali. Il rap, trovo che sia una forma espressiva interessante perché, a mio modo di vedere, riprende il canto a braccio e improvvisato dei poeti greci che diedero inizio alla nostra cultura.

La parte testuale e contenutistica avrai compreso bene essere per me fondante come per ogni cantastorie che si rispetti, tuttavia, per dire di aver creato una forma canzone efficace bisogna che la musica si fonda naturalmente con il contenuto ed è per questo che in questo mio ultimo disco trovi uno sforzo particolare per essere non tanto adeguato ai tempi, al mercato o ai suoni del momento, quanto per avere suoni belli e di valore e vari come sono esattamente le liriche e le opere di cui mi occupo. Considerando che le tracce sono tante e che ci sono novità, riscritture mie inedite concepite per l’occasione e ripescaggi da album e spettacoli precedenti. Il criterio con cui scelgo i musicisti a collaborare è lo stesso criterio empatico, erratico, quasi da rabdomante, da veggente con cui mi arrivano i temi, gli autori, le suggestioni e sono tutti amici incontrati nel corso di questi lunghi e velocissimi anni dal 2005 ad oggi, in cui ho alternato produzioni musicali a opere letterarie e regie vere e proprie.

La mia aderenza ai tempi si misura nel prediligere quegli autori che esprimono valori, sentimenti, orientamenti senza tempo rispetto al ricorrere di debolezze e fallimenti storici, chiamiamoli cosi. Pertanto nel mio carnet trovi Boris Vian da tempi non sospetti per esprimere la mia allergia antimilatarista a tutte le guerre, Gianni Rodari, con le sue Favole al telefono, per esprimere una sana mala educacion ovvero educazione allo spirito critico e disobbediente, Alda Merini, per esprimere la forza tellurica del femminile e dell’erotico che chiamiamo follia, Pasolini per esprimere la consapevolezza dolente del testimone, Silone per esprimere, la natura “cafona” in senso etimologico fondativo della nostra cultura antropologica.. Siamo un popolo di migranti, ci piaccia o no, non solo per curiosità o necessità, ma anche perché non riusciamo a trovare un modo ricompositivo, armonizzante, del nostro stare qui. In questo disco ho accentuato una certa vocazione alla denuncia e dunque abbiamo riferimenti al sempreverde 1984 di George Orwell e a cose italiane un tempo considerate molto popolari ed oggi di nicchia, mi riferisco ai poeti della Scapigliatura Emilio Praga e Arrigo Boito, al romagnolo Olindo Guerrini e al romano Trilussa. Silone dunque, già ne dicevamo, ma anche Carlo Levi, con il suo Cristo si è fermato ad Eboli. Se parliamo di brani come Tersite, abbiamo collaborazioni pregiate targate Leonardo Sgavetti dei Modena City Ramblers al piano insieme a Germini, storica chitarra di Vecchioni”.

La tua voce melodiosa e il tuo look un po’ alla Arlo Guthrie, richiamano l’idea del folksinger menestrello ed in effetti questi suoni di cui mi parli ora paiono comporre un tappeto musicale quasi liquido.. eppure i contenuti sono anche aspri…

“Infatti ci sono accenti molto diversi :acidissima e rock è per esempio Cristo si è fermato ad Eboli, con una sezione ritmica sostenuta e la chitarra rock di Stefano Sanguigni. Per Alda Merini e la sua Donna di avere ho scelto uno scarno pianoforte. Ma c’è anche spazio nell’insieme per il sax viscerale di Daniele Sepe o per l’Associazione delle arpe Viggianesi. In fondo stiamo parlando di una sorta di umana commedia. Gli arrangiamenti in un lavoro del genere sono fondamentali e affidati al Maestro dell’Opera di Roma Lorenzo De Angelis. Il disco è disponibile su Tunecore e si può rintracciare anche sui maggiori portali musicali.

Quanto al mio look è forse assimilabile un po a quello di Rino Gaetano, cui io ho dedicato del resto un fortunatissimo spettacolo teatrale che ha girato l’Italia. Sono affascinato da queste personalità della Cultura italiana cosi sottovalutate al momento eppoi assurte a postuma comprensione. Significa che hanno fatto un buon lavoro per le generazioni successive alla loro. Io considero tutti questi elementi di cultura alta e bassa strumenti per parlare da subito alle generazioni che abbiamo qui ora. Sono stato forse drastico sui concorsi, ma vorrei chiarire il fatto che io sono qui a fare e vivere di e per queste cose perché ho vinto diversi riconoscimenti all’inizio della mia carriera e vado a festival e rassegne, ma di un certo tipo selezionato. Quello che mi fa sorridere è il rincorrere da parte di premi di un certo tipo come alcune targhe citate sopra, l’idea di fungere da trampolino per la popolarità di massa”.

A questo punto, in attesa di vederti in giro fuori dalle strette pandemiche, voglio farti un’ultima domanda sulla accattivante grafica di copertina, che da un lato richiama un certo spirito dei primi Seventies, sto pensando ad un disco iconico come Teaser and the firecat di Cat Stevens, ma anche richiama alcune cover degli album del tuo amato mentore Lolli. Sembri anche un po’ il bagatto dei Tarocchi, in questo disegno misterioso e coloratissimo.

“L’opera di copertina è della pittrice ligure Federica Orsini, con cui avevo collaborato già per un precedente progetto che si chiama Lisistrata e le altre,contro la violenza di genere. In questo caso, la mia figura stilizzata si fa in effetti carico della nave dei Folli, tra vecchi stracci, libri e chitarra. Tieni presente che la nave dei Folli di Sebastian Brandt nella rilettura di Foucault è uno dei miei testi feticcio e lo considero emblematico del nostro assurdo vivere odierno. Tuttavia, l’immagine è anche beffarda e vitale: sembra indicarci una possibile via d’uscita nella semplicità dell’essere e nell’amore per la bellezza. Io ho vissuto con pazienza e profitto anche la durezza pandemica perché una certo relativo romitaggio mi appartiene già. Adesso è ora di mettere in comune cio che abbiamo compreso oppure no da questi tempi sorprendenti”.

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