Sergio Mattarella: biografia del nuovo presidente della Repubblica

31 Gennaio 2015 /

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Sergio Mattarella - Foto Wikipedia
Sergio Mattarella - Foto Wikipedia
di Giaime Garzia
Alla fine l’ha spuntata lui, Sergio Mattarella, dato ormai senza più dubbi come il favorito all’avvio della quarta tornata per l’elezione del dodicesimo presidente della Repubblica. E così, al termine dello spoglio che gli ha attribuito 665 voti dopo le 538 del primo scrutinio, le 531 del secondo e le 513 del terzo, ecco che inizia la sua epoca sul Colle.
Nato a Palermo il 23 luglio 1941, Sergio Mattarella è un politico con una carriera istituzionale che spicca il volo nel 1983, con l’elezione alla Camera in quota Zaccagnini, e qui sarà nel corso degli anni confermato fino all’aprile 2008, quando abbandona la scena politica per essere eletto dal parlamento in seduta comune giudice della Corte costituzionale. È il 5 ottobre 2011 e Mattarella, già esponente della sinistra democristiana, è l’avvocato e professore universitario che di incarichi istituzionali ne ha ricoperti molti.
Tra questi, uno di quelli che gli ha dato maggiore visibilità è stata la vicepresidenza durante il primo governo D’Alema (21 ottobre 1998-22 dicembre 1999) ed è divenuto ministro della Difesa nel secondo (22 dicembre 1999-20 giugno 2001). In questa veste, ha introdotto novità come l’abolizione della leva militare obbligatoria, ma non è stata la sua prima esperienza di governo. Già ministro del Rapporti con il parlamento tra il 1987 e il 1989 durante gli esecutivo di Giovanni Goria e Ciriaco De Mita, negli anni di Tangentopoli ha fatto parte della bicamerale venendo confermato nel 1996.

Figlio di Bernardo, esponente dell’Assemblea costituente e poi dei governi del dopoguerra, Sergio Mattarella ha militato in gioventù nell’Azione cattolica e poi nella Fuci (Federazione universitaria cattolica italiana). Tuttavia per anni è stato ai margini della scena cedendo campo al fratello maggiore Piersanti, divenuto presidente della Regione siciliana e assassinato il 6 gennaio 1980 per la sua volontà di allontanare Cosa nostra dai partiti e dalla pubblica amministrazione. Poi, un paio di anni più tardi, è entrato a pieno titolo nell’arena politica come ministro (titolare della Pubblica istruzione nel sesto governo Andreotti), è stato tra coloro che si sono dimessi nel 1990 per protestare contro la legge Mammì, quella che confermava un ruolo di primo piano a Silvio Berlusconi nel panorama televisivo nazionale.
Quando nel maggio 1982 Ciriaco De Mita diventa segretario nazionale della Dc, invia Sergio Mattarella in Sicilia per mettere ai margini due esponenti del partito fin troppo chiacchierati: l’ex sindaco di Palermo Salvo Lima e il suo assessore ai Lavori pubblici Vito Ciancimino negli anni delle speculazioni andate sotto il nome di “sacco di Palermo”. Il primo, leader sull’isola della corrente andreottiana Primavera, è stato assassinato da Cosa nostra il 12 marzo 1992 ponendo ufficialmente fine a una stagione politica e il secondo, uomo dei corleonesi, è tornato a far parlare di sé per la trattativa Stato-mafia. Quindi Mattarella, finito di rimbalzo in questi giorni nelle polemiche scatenate da un vecchio prestito da parte di Enrico Nicoletti, il cassiere della banda della Magliana, all’altro fratello, Antonino, a metà degli anni Novanta ha iniziato impegnarsi al fianco di un altro politico siciliano, Leoluca Orlando, divenuto primo cittadino del capoluogo nelle fila della Rete,
Anti-berlusconiano da sempre e vicesegretario della Democrazia cristiana tra il 1990 e il 1992 e direttore del quotidiano di riferimento “Il popolo”, è stato tra i fondatori del Partito popolare e nel 1996 ha affiancato Romano Prodi nell’avvio dell’esperienza dell’Ulivo. Inoltre già nel 1993 il suo nome si era legato alla riforma elettorale – chiamata anche “mattarellum” – che ha introdotto il sistema maggioritario misto nell’ordinamento italiano, legge che ha sostituito la precedente normativa di tipo proporzionale del 1946 e venendo poi superata nel 2005 dal “porcellum”, le nuove regole elettorali firmate dal leghista Roberto Calderoli. Improntata a un maggioritario più spinto per via dei quozienti e dei resti, nel 2013 è stata dichiarata incostituzionale e dunque si è tornati alla legge precedente.

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