di Dino Angelini
Cinque anni fa i dirigenti della sinistra radicale emiliano-romagnola preferirono affiancare in Regione i simboli di Rifondazione e di Sel a quello del Pd, sostenendo svogliati l’ormai logoro gruppo di potere emiliano già impelagato nel lungo processo di liquidazione dell’esperienza riformista della nostra regione. Svogliati e sostenuti da gruppi dirigenti nazionali che affrontavano quella importante scadenza amministrativa senza aver elaborato neanche uno straccio di programma intorno al quale chiamare a raccolta la propria base.
Questo vuoto programmatico non poteva che condurli a rimorchio di un Pd che un proprio programma invece lo aveva ed era incentrato su quattro grandi assi: la privatizzazione e – in alcuni casi – la dismissione del welfare; la cementificazione delle città e lo stupro del territorio (spesso in compagnia delle mafie!); la finanziarizzazione dell’economia; l’attacco ai beni comuni.
Tutti questi piani, tra l’altro, erano già stati sottoposti da una parte a un processo di precarizzazione del lavoro che vede gli stessi EELL protagonisti in prima persona di questo fenomeno; dall’altra a una politica degli appalti incentrata sugli amplissimi poteri discrezionali che dalla legge Bassanini in avanti hanno permesso qui, come nel resto d’Italia, di fare il bello e il cattivo tempo.
Con la conseguente formazione di nuove clientele, che lungo tutto il ventennio scorso hanno visto dapprima l’area ex Dc sempre più arrembante e sempre più capace di emarginare quelle sacche di resistenza che permanevano tra gli ex Ds; da ultimo, e proprio attraverso l’adesione in massa al renzismo, la formazione di una nuova classe dirigente “al seguito”, all’interno della quale ormai i vecchi profili identitari si scolorano e assumono i toni bruni e la viscosità della melassa.
Questa era fino al maggio scorso la penosa situazione in cui qui in Emilia versava la sinistra radicale. Cosa è successo nel maggio scorso? Direi un’inversione di tendenza che ha visto una sinistra unita nell’Altra Europa con Tsipras, riappacificata con la propria base e capace perfino di dragare tra i nuovi movimenti nel frattempo nati al di fuori e spesso in polemica con essa. Le immagini del 19 maggio con Tsipras in una gremita e pimpante Piazza Maggiore a Bologna penso parlino da sole.
L’inversione di tendenza era avvenuta a partire da un discorso radicalmente critico, e finalmente unitario, nei confronti dell’Europa delle banche. Un discorso che si articolava – come nel resto d’Europa – intorno a un programma unitario della Gue (Sinistra Unitaria Europea) che in positivo tracciava la strada per uscire dall’austerità, far ripartire gli investimenti e, attraverso la sospensione del Fiscal compact, far ripartire quell’insieme di tutele per i deboli e i lavoratori che è ormai una delle caratteristiche storiche del modo di vivere europeo.
Una delle caratteristiche di questo innovativo programma che portò alla vittoria del 25 maggio è nelle possibilità di coniugazione che esso offre a chi voglia e sappia riproporlo in sede locale.
È quello che è stato deciso di fare qui in Emilia-Romagna, lavorando alla composizione di una lista di L’Altra Emilia-Romagna che riprende molti dei temi europei e cerca di articolarli in modo che aderiscano alle nostre esigenze di rinnovamento. Esigenze che sono, né più né meno, che il rovesciamento dei quattro assi intorno ai quali si è incentrata l’azione dei governi locali nel ventennio scorso.
È questo che non hanno compreso coloro che, dopo Tsipras, pretendono di fare come se Tsipras non sia mai esistito. Che dopo l’Altra Europa tornano alla vecchia Emilia ormai neoliberista fin nel midollo, oltre che piena di scandali quotidiani, di rapporti non sempre chiari con le mafie, di politici sempre pronti a privatizzare e clericalizzare ciò che resta del nostro modello di welfare, di gente che sta facendo a pezzi la nostra sanità, che ha lasciato violentare il nostro fragile territorio, cementificare le città, privatizzare l’acqua in barba al voto di milioni d’italiani.
Io, anche questa volta come a maggio, seguo la Spinelli, che è venuta l’altro giorno a Bologna a lanciare l’Altra Emilia-Romagna. E non m’importa se la lista, ora come ora, non avrà un gran successo. Per chi, liberandosi dal canto della sirene dei media di regime, si avvicina all’Altra Europa e all’Altra Emilia-Romagna vale quello che diceva Marlon Brando nell’ultima scena di Queimada, rivolgendosi a un suo nuovo compagno di battaglia: “¿Comprendes? Pronto comprenderás porque tu ya has empezado a pensar” (ovvero: “Capisci? Presto capirai perché hai cominciato a pensare!”).
Questo articolo è stato pubblicato su 24Emilia.com il 12 novembre 2014