"Tonight no poetry will serve": Alfredo Jaar, la voce del Cile e del presente

16 Agosto 2014 /

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di Silvia R. Lolli
Il titolo della mostra dell’artista cileno Alfredo Jaar (1956) al Kiasma, Museo di arte contemporanea, di Helsinki deriva dal poema di Adrienne Rich (1929-2012). Jaar nel 2013 ha rappresentato il Cile alla 55^ biennale di Venezia. Le opere esposte a Helsinki sono state prodotte dal 1974 al 2014 e riassumono le esperienze dell’artista che dal 1973, 11 settembre giorno del colpo di Stato di Pinochet avvenuto in contemporanea all’uccisione di Allende, comincia il lavoro di artista filmando, fotografando e costruendo lavori creativi di protesta, prima contro il governo dittatoriale cileno, poi contro i poteri e i pregiudizi del mondo odierno.
Nella sala, dedicata a queste prime opere, particolarmente significativa la raccolta delle foto, in cui la faccia di Henry Kissinger è messa in cornice con un cerchio rosso: esplicita denuncia dell’importanza del Governo USA nel colpo di Stato cileno. In tutte le opere è presente una forte visione critica e politica.
Con le sue fotografie, spesso di volti di bambini (Geografy=War, A Hundred Times Nguyen, Untitled-Water), di occhi (The Silence of Ndumayezu) o di donne sconosciute (Three Women; sono piccoli ritratti di Aung San Suu Kyi Graça Machel e Ela Bhatt messe in risalto da 18 luci), ci ricorda che “le immagini non sono mai innocenti”.

La mostra, che terminerà il 7 settembre, è molto coinvolgente e chiede la completa presenza del pubblico. Fra le installazioni ci ha colpito la 21^, al 5° piano: “The ashes of Pasolini”, video digitale, premiato a Venezia nel 2009, della durata di 38 minuti. Il titolo riprende l’opera di Pasolini stesso: “Le ceneri di Gramsci”.
Certamente vedere qui in Finlandia, assieme a un pubblico di giovani (il museo è aperto gratuitamente il venerdì dal tardo pomeriggio ed è pieno di bambini e di giovani), un documentario su Pasolini, definito da Jaar “voce del presente”, fa pensare, richiede appunto di esserci. La visita è avvenuta la sera prima del 2 agosto, quando a Bologna c’è la manifestazione in memoria della strage della stazione, di un anno, il 2014 e a pochi giorni di distanza dalla dichiarazione del fallimento e della chiusura del giornale di Gramsci l’Unità; è avvenuto poi alla vigilia del voto al Senato sulla prima lettura della riforma costituzionale. Molti parlamentari eletti, ormai rappresentanti di pochi italiani, stanno seguendo le direttive del Governo Renzi e stravolgono la Costituzione Italiana.
I colpi di Stato possono essere fatti in tanti modi. Pasolini nel video ricorda che si fanno anche con i cambiamenti antropologici che la televisione e il consumismo hanno cominciato a produrre dagli anni Sessanta. Anche l’Italia attuale è un prodotto degli USA e di un mondo occidentale che in nome del PIL e dello sviluppo per una parte di popolazione mondiale, fa esplodere le guerre e consuma le risorse di madre Terra.
Spesso gli attuali ricordi e le manifestazioni si avvertono solo come eventi; c’è il continuo rischio di perdere la memoria. Forse dovremmo “Teach us to outgrown our madness”; è il titolo dell’installazione neon n. 7, presa da una novella del Nobel giapponese Kenzaburo Oe, che esplora il rapporto di un padre con il figlio handicappato ed aiuta Jaar a indagare sul fallimento della sua generazione e chiede alla generazione del figlio di insegnargli a crescere.
Non si dovrebbe aspirare ad un vuoto cambio generazionale, in molti settori improbabile, ma ad una reale crescita di conoscenza e responsabilità, recuperando i poeti oltre ai pensatori. Moravia nel documentario era disperato all’annuncio della morte di Pasolini, perché quando muoiono i poeti si perde troppo.

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