Là dove la ragione vacilla: risposta a Panebianco sul Corsera a proposito di immigrazione

15 Gennaio 2014 /

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Lavoro immigrati - Foto Cau Napolidi Maurizio Matteuzzi
Dal compianto maestro e amico Pierugo Calzolari avevo appreso la lezione del “rasoio di Hanlon“, che il suddetto, da signore qual era, sintetizzava così: “non attribuire a malizia ciò che può essere adeguatamente spiegato con l’incompetenza”; e che io, popolano e tutt’altro che signore, formulerei invece così: “prima di pensare alla malizia prendi in considerazione l’idiozia”.
Ho usato questa massima in senso kantiano, facendola mia, in specie in considerazione della miseria umana. Ma c’è un limite a tutto, come diceva Totò, ogni limite ha la sua pazienza. Leggo sul Corriere della sera:
“Per esempio, certi gruppi, provenienti da certi Paesi, dovrebbero essere privilegiati rispetto ad altri gruppi, provenienti da altri Paesi, se si constata che gli immigrati del primo tipo possono essere integrati più facilmente di quelli del secondo tipo. È possibile che convenga favorire l’immigrazione dal mondo cristiano-ortodosso a scapito, al di là di certe soglie, e tenuto conto del divario nei tassi di natalità, di quella proveniente dal mondo islamico”.
Be’, qui il rasoio non mi sorregge. È un passo di “mein Kamf”? No, è di Panebianco, ed è uscito sul nostro giornale di più consolidata tradizione. Che dire? Selezioniamo dunque i cristiani, meglio, i cattolici? O magari gli misuriamo gli attributi, perché appunto abbiamo bisogno di più nascite? Si rimane veramente senza parole. E qui il “rasoio” non regge. Non può essere che si arrivi a tanto. E allora, che spiegazioni darsi?

Intendiamoci, tutto il pezzo è di sapore amaro, in specie per quel sottinteso, che forse l’autore si vergogna appunto di esplicitare, che “noi abbiamo la ricchezza” e tu, disgraziato, sfigato, non-persona, ce la devi elemosinare. Io sono io, e tu forse sei qualcosa, ma certamente diverso da “me”. Pietoso, eticamente e concettualmente.
Ma quand’anche, quando si volesse accettare questa protervia del “mio” ciò che è mio”, e tu striscia a chiedere, cioè a dire, se ci si volesse porre in quest’ottica che dichiarare fascista è un eufemismo, come interpretare nel senso di Hanlon la posizione assunta? Possibile che uno sia così incolto, possibile mettere tutto in conto a quella che viene chiamata “idiozia”?
Faccio peccato, ma penso male. Scrivere queste cose non può essere un caso, e auguro a chi le ha scritte di trarne i benefici del caso.

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