di Sergio Caserta
Oggi lunedì 23 settembre sono ventotto anni che Giancarlo Siani è stato assassinato. Era cronista del Mattino di Napoli, un giovane giornalista precario che scriveva con brillante lucidità di camorra e per questo fu ucciso nell’indifferenza dei poteri costituiti.
C’è un bellissimo racconto, “Scimmie” (Navarra Editore) di Alessandro Gallo, liberamente ispirato alla vicenda di Siani: Pummarò, Panzarotto e Bacchettone sono tre quindicenni con il sogno di diventare camorristi, di uscire dall’anonimato del sottoproletariato partenopeo, diventare uomini di rispetto e farsi ricchi, il mito per migliaia di giovani della Napoli degradata e di tanto sud (ora anche nel nord). Ai tre imberbi adolescenti capita di conoscere per caso Giancarlo Siani la cui figura diventerà fondamentale per fuoriuscire dal destino che si stava prefigurando, in particolare per il protagonista Pummarò.
La Napoli che descrive il bel racconto del giovane Gallo, operatore culturale, artista e attivista della legalità, è la città dell’esplosione delle guerre di camorra, del dilagare dello spaccio di eroina, della trasformazione della camorra da struttura locale diffusa e tradizionale, in industria spietata del crimine di portata internazionale. Una Napoli oppressa e segnata dall’affarismo politico del dopo terremoto, la città ripiombava dopo il decennio “rosso” di Maurizio Valenzi, primo sindaco comunista e delle giunte del cambiamento, nelle vecchie pratiche del malgoverno e del clientelismo a piene mani, cui anche la sinistra cominciava a non essere più estranea.
In questo clima convulso in cui la cosiddetta “modernizzazione” assumeva i contorni di un rampantismo sociale crescente, dell’individualismo sfrenato, della voglia di arricchirsi a tutti i costi, in una realtà disgregata, dove la prepotenza era la misura dei rapporti sociali ed economici, Giancarlo Siani era una voce di verità che con le sue denunce spiegava cosa davvero stesse avvenendo nei meandri del mondo criminale del malaffare.
Una voce forte e giovane ma isolata, terribilmente controcorrente, mentre il silenzio della complice condiscendenza del sistema, gli aveva creato intorno un vuoto pneumatico, questa era l’angosciante sensazione che provai quando appresi del suo assassinio.
Resta la sua altissima testimonianza professionale e umana che non può essere cancellata e che dovrebbe essere assunta ad esempio da chiunque intenda intraprendere il mestiere del giornalista.
Una bella notizia è che attraverso l’impegno del consiglio di quartiere, la struggente Citroën Mehari verde di Siani in cui fu ucciso, ritornerà al Vomero, quartiere di Giancarlo, per essere impressa, per sempre, in una straordinaria opera d’arte, in via Caldieri al centro della rotonda della Legalità.