di Silvio Messinetti
Nei giorni scorsi il neoministro dell’Ambiente, Andrea Orlando (Pd), si è recato nel casertano. “Per un sopralluogo in un territorio devastato dalla mafia dei rifiuti, e per dare una mano a chi lotta per il riscatto” ha detto. Avrebbe potuto proseguire il viaggio in terre meridiane verso la Calabria, investita nelle ultime settimane da un’emergenza monnezza che pare irreversibile.
La regione si arrende
“Il sistema è al collasso. Gli impianti non funzionano, non ci sono soldi in cassa, e la percentuale di raccolta differenziata è da terzo mondo”. A dirlo non è un attivista dei movimenti sociali ma l’assessore all’Ambiente della Regione, Franco Pugliano (Pdl), che insieme al suo braccio destro Bruno Gualtieri, direttore generale del dipartimento, svestiti i panni di grigio (e discusso) burocrate, si è travestito da ambientalista confessando il proprio fallimento. Disarmante.
“C’è la corresponsabilità di tanti – ha detto – ma sopratutto di una classe dirigente che non ha reso agevole il lavoro dell’Ufficio del commissario. La responsabilità va divisa tra chi non ha consentito la realizzazione di un impianto nel cosentino, chi non ha consentito di impiantare una discarica pubblica, e così via”. Una tragicommedia all’italiana. Un sistema di sprechi e disfunzioni monumentale. In cui, parola di assessore, i camion scaricavano rifiuti che qualcuno trasformava, per il proprio tornaconto, in tanti soldoni.
Il riferimento è al colosso Tec-Veolia verso cui la regione annuncia azioni legali. Ma è tutto maledettamente tardi. Per anni è stato consentito alla multinazionale francese di far della Calabria una terra di conquista. “Esistono impianti tuttora in funzione senza l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia)” hanno candidamente ammesso gli amministratori calabresi.
Un’illegalità legalizzata
Quindici anni di commissariamento del comparto rifiuti hanno prodotto un vero disastro. Legambiente ricapitola la situazione dell’emergenza rifiuti in Calabria e descrive un sistema giunto ormai al collasso conclamato. “Alla giunta regionale chiediamo chiarimenti: quanti e quali sarebbero gli impianti in funzione senza l’Autorizzazione integrata? Tra queste rientra, come pare, la discarica di Pianopoli gestita dalla società Daneco? Nel rilevare la mancata vigilanza su Tec-Veolia, che ha prodotto un danno evidente nella gestione del sistema rifiuti, non si ritiene doveroso adire le vie legali, oltre che prendere atto dell’abbandono della società procedendo alla rescissione del contratto?”.
In Calabria si producono 2.400 tonnellate di rifiuti al giorno, altre 300 dalla raccolta differenziata, con la capacità attuale degli impianti che arriva fino a 1.600 tonnellate. Al momento vengono esportati in Puglia 400 tonnellate di rifiuti al giorno. “È chiaro – continua Legambiente – che una situazione del genere non è più sostenibile”. A queste latitudini Veolia da tempo scorrazza liberamente. Oltre a detenere la quota privata della Sorical, la società mista che gestisce i servizi idrici, il colosso transalpino ha gestito per anni il sistema dei rifiuti solidi urbani “Calabria sud” con gli impianti di Rossano, Crotone, Siderno, Sambatello di Reggio e Gioia Tauro, compresa la prima linea del termovalorizzatore. Insomma, la Calabria porto franco e mucca da mungere nel business dei rifiuti. Mentre le displasie e tumori crescono a vista d’occhio. E’ il caso di Crotone (dove sorge il selezionatore di rifiuti di Ponticelli in mano a Veolia) dove si muore più che altrove e i casi, riferiti agli anni 2006, 2007, 2008, indicano una prevalenza di tumori alla tiroide, al colon-retto, ai polmoni, al fegato e all’utero. “Sono 773, fino ad oggi, i casi di tumore inseriti nel registro di Crotone”. rimarca Giancarmine La Greca, dirigente medico del Registro tumori della città pitagorica.
Tra inchieste e feste mariane
Mentre la politica prova a trovare soluzioni che negli ultimi quindici anni non ha trovato, la Calabria è sommersa di rifiuti. Un pessimo biglietto da visita a ridosso della stagione estiva. Ed in questo contesto un’immagine devastante la stanno già offrendo alcuni comuni del crotonese, dove le statue dei santi patroni sfilano tra cumuli di spazzatura alla presenza di tanti increduli emigranti, tornati per l’occasione. Sembrano andar meglio i capoluoghi di provincia come Catanzaro, Reggio e Crotone. I tre centri, infatti, godono dei privilegi della corsia preferenziale in impianti e discariche.
A discapito, però, dei piccoli comuni, dove i mezzi della nettezza urbana riescono a scaricare dopo giorni di attesa. Qualche giorno fa davanti all’impianto di Alli, nel catanzarese, hanno manifestato una ventina di sindaci. Lamentano turni troppo lunghi per scaricare. Per la strada che porta ad Alli scivola una fila interminabile di camion e cassoni puzzolenti, stracolmi di spazzatura, lasciati sotto il sole in attesa di un turno che può arrivare anche una volta ogni dieci giorni. La beffa sta in quella montagna scavata tra i territori di Catanzaro e Simeri Crichi, dove sorge la discarica. La struttura è satura da tempo, mentre l’ampliamento è stato bocciato da una perizia della procura perché realizzato in una zona in dissesto idrogeologico.
Anche a Cosenza si è mossa la magistratura. Il capoluogo è in piena emergenza. La procura a fine aprile ha aperto un fascicolo sulla monnezza, diventata ormai un simbolo del paesaggio. L’obiettivo è capire se ci sono stati ritardi, omissioni, ingerenze, abusi. Intanto il sindaco, Mario Occhiuto (Udc), ha preso carta e penna e ha scritto una lettera al presidente della Regione, Peppe Scopelliti (Pdl): “Tanti anni di emergenza, e con essa fiumi di risorse pubbliche, sono serviti soltanto a creare delle nicchie di privilegi privati senza alcun minimo progresso”.
In discarica senza trattamento
Ma nella questione rifiuti Scopelliti non è la soluzione, quanto piuttosto il problema. Il regime commissariale fortemente voluto dal presidente si è, infatti, rivelato un fallimento. “È possibile che, ad oggi, regione, province e comuni, non si siano ancora attrezzati per definire azioni ed interventi in maniera di smaltimento dei rifiuti, che non vadano oltre il ritornello discarica-inceneritori?” denuncia la Rete difesa territoriale “Franco Nisticò”.
Scopelliti dal cilindro ha tirato fuori un decreto d’urgenza per consentire di sversare il rifiuto tal quale senza che sia prima trattato, pur di accelerare lo smaltimento. Ma intanto si spendono 500mila euro al giorno per spedire i camion in Puglia e 800 tonnellate di spazzatura restano per strada ogni giorno. Una crisi costata sinora ben 20 milioni, frutto di scelte politiche scellerate. A partire dai tanti super commissari susseguiti in questi anni, dai poteri illimitati, ma dagli scarsi risultati.
Mentre le richieste degli ambientalisti (raccolta differenziata porta a porta in tutti i comuni, impianti di selezione, compostaggio, riciclaggio e riuso, riduzione dei rifiuti alla fonte e bonifica di tutti i siti inquinati) sono rimaste lettera morta. Ma di vivo in tale scempio c’è solo l’odore acre dei cumuli di monnezza.
Questo reportage è stato pubblicato su Manifestiamo.eu lo scorso 14 maggio