di Giaime Garzia
Ad averlo fatto apposta, la recente presentazione della seconda edizione del dossier “Mosaico di mafie e antimafie” di Libera Informazione sull’Emilia Romagna non avrebbe potuto essere più tempestiva. Avvenuta nella sede dell’assemblea legislativa regionale, arriva a poche ore di distanza dall’operazione Vulcano, quella che vede 18 indagati dalla Dda di Bologna a Rimini, Prato, Napoli e Caserta. E se le accuse rivolte ad esponenti locali della cosca camorristica dei Vallefuoco sono di associazione mafiosa, estorsione, usura e tentato sequestro di persona, nel dossier di Libera si pone l’accento proprio su reati simili, sottolineando come in Emilia Romagna sono almeno 8500, cioè l’8,6 per cento del totale, i commercianti e gli imprenditori coinvolti in attività di prestiti a strozzo.
Il rapporto prosegue ponendo Bologna in terza posizione per reati di mafia giunti a conclusione tra il 2005 e il 2010 con i suoi 532 procedimenti penali. I dati, che provengono dal ministero della Giustizia, al Nord dicono che situazioni più severe si registra a Milano (849 indagini) e Genova (615) mentre dopo il capoluogo emiliano seguono Venezia (457), Torino (336), Trieste (301) e Trento (233). Elevato il picco di Modena sempre per quanto riguarda reati di riciclaggio e usare che, con le sue 52 segnalazioni, si pone davanti a città come Torino e Reggio Calabria. E tornando al distretto di Bologna, sono 800 i procedimenti ancora pendenti. Inoltre stesso piazzamento – terzo posto – per l’Emilia Romagna in tema di confische nel 2011, quando ai clan sono stati tolti 83 beni di cui 55 destinati e consegnati, oltre ai 12 ancora in gestione all’Agenzia nazionale che si occupa di questo aspetto.
“Questi dati”, ha detto Santo Della Volpe, presidente di Libera Informazione, “rappresentano due facce della stessa medaglia. Da un lato in regione reati spia come il riciclaggio ci sono e un episodio come quello di un anno fa, quando il giornalista Giovanni Tizian presentò l’edizione 2011 del nostro dossier venendo appena dopo messo sotto scorta per le minacce subite, ce lo conferma. D’altro canto, però, qui le istituzioni si muovono perché li individuano e li contrastano. Anche per questo, oltre che sulle mafie, nel rapporto abbiamo voluto parlare anche di antimafie: è un segnale, una risposta, che intendiamo fornire”.
Sulla stessa scia si pone il presidente dell’assemblea legislativa dell’Emilia Romagna Matteo Richetti. “La nostra non è una terra di mafie, ma una terra per le mafie”, ha detto. “L’attività di contrasto ci ha visto approvare una legge regionale ad hoc, procedere a una semplificazione amministrativa che premi le aziende virtuose e adottare provvedimenti a controllo delle attività di ricostruzione dopo il terremoto. Nel 2013, poi, sarà l’anno della concretizzazione anche attraverso l’avvio del centro di studi Morrione, che consideriamo un punto di prevenzione culturale contro le infiltrazioni”.
Per intanto, però, il dossier di Libera fotografa una situazione che parte con il business della droga, “il primo fulcro di arricchimento mafioso”, ha sottolineato Gaetano Liardo, curatore degli aspetti statistici del rapporto. Un business che, stando al 2011, pone l’Emilia Romagna al quarto posto a livello nazionale con 1912 operazioni (l’8,3 per cento del totale), dopo Lombardia (3768), Lazio (2862) e Campania (2265). La provincia in cui si sono concentrati i sequestri è quella di Bologna con 410 chili per quanto riguarda droghe sintetiche come anfetamine e metanfetamine, seguita da Ravenna mentre il riminese si delinea come la principale piazza per la cocaina con i suoi 47 chili sequestrati.
Ma poi c’è il settore dell’agroalimentare, delle sofisticazioni e della contraffazione dei marchi con relative frodi sui finanziamenti pubblici, sia sul piano nazionale che europeo. Per rimanere solo sui fenomeni più recenti, oltre alle truffe sul Parmigiano Reggiano e sugli insaccati tipici, nel marzo 2011 sono state sequestrate 91 mila confezioni di aceto balsamico nell’ambito di un’operazione partita da Modena e poi estesasi a Piemonte, Toscana, Veneto, Lazio, Molise e Puglia. O ancora, nel giugno successivo, a Reggio Emilia sono stati individuati mattatoi dove veniva macellati cavalli da corsa non più competitivi e che hanno fruttato 20 milioni di euro in 20 mesi.
Ulteriore aspetto è stato quello del diffondersi del caporalato e del lavoro nero, in agricoltura ma non solo. Il rapporto di Libera sottolinea per esempio che, in provincia di Ravenna, “dai riscontri ispettivi del ministero del Lavoro, in 49 delle 60 ispezioni effettuate nel settore agricolo nel 2011, sono stati riscontrati illeciti; sempre a Ravenna, su 348 posizioni lavorative verificate, in 227 casi sono state riscontrate irregolarità. Nel ravennate si conta la maggioranza delle posizioni lavorative irregolari nel settore agricolo presenti in tutta la regione (227 su 519); un discorso simile vale per Ferrara, dove su 42 posizioni lavorative controllate, 33 risultano irregolari.
Infine sono per la maggior parte ‘ndrangetiste le cosche rilevate in regione. Strangio, Nirta, Barbaro, Muro, Arena-Dragone, Grande Aracri, Pompeo, Farao-Marincola, Bellocco, Mammoliti, Pelle-Vottari e Vadalà-Scrivia sono quelle presenti in tutte le provincie emiliano-romagnole. E si dedicano per lo più ad appalti ed edilizia, droga, riciclaggio, estorsione, usura, gioco d’azzardo, sfruttamento della prostituzione e gestione di night. Segue la camorra, i clan rappresentati sono quelli degli Schiavone, Zagaria, Iovine, Polverino e nuova camorra flegrea. Per loro le attività sono più o meno le stesse con l’aggiunta del commercio di carni contraffatte.
Ma l’attenzione deve rimanere alta – è stato detto – anche per il comparto dei colletti bianchi. Lorenzo Frigerio, coordinatore Libera Informazione, e Daniele Borghi, referente regionale, sono tornati infatti sul ruolo dei professionisti nelle infiltrazioni. “A questo proposito”, ha aggiunto Frigerio, “a Modena abbiamo avviato il corso di formazione ‘Etica professionale e responsabilità civile’. È un ciclo partito a inizio dicembre e che si concluderà in primavera per discutere con gli iscritti agli ordini di temi come grandi opere, appalti, mafiosità imprenditoriale ed evasione fiscale. Andare nelle scuole e nelle università rimane importante, ma occorre andare a fare formazione anche altrove, a iniziare dal mondo del lavoro e dell’impresa”.