Quando "la politica vinceva su tutto". A Venezia il documentario di Vendemmiati su Ingrao, "Non mi avete convinto"
- / 3 Settembre 2012
- / Cultura, Informazione
di Giaime Garzia
A leggere le cronache di oggi, sembrano lontani i tempi in cui “la politica vinceva su tutto”. Eppure così continua a pensarla Pietro Ingrao, secondo il quale chi è venuto dopo il Pci – le sue successive incarnazioni in Pds, Ds e Pd – non si è mai liberato da una colpa originaria: aver dato vita a una “scatola vuota” a cui mai come i contenuti sarebbero sempre mancati. Per credere che ancora oggi ci sia chi la pensa così, si provi a vedere il documentario Non mi avete convinto del giornalista Rai d’origine ferrarese Filippo Vendemmiati presentato alle Giornate degli Autori – Venice Days 2012, che terrà banco fino all’8 settembre prossimo a Venezia, all’interno della mostra del cinema.
Trailer 1 Non Mi Avete Convinto from tomatodoc&film on Vimeo.
Vendemmiati aveva già firmato un altro documentario di profondo impatto, È stato morto un ragazzo, ricostruzione della vicenda che stroncò Federico Aldrovandi, diciottenne di Ferrara per la cui morte sono stati condannati in via definitiva quattro agenti di polizia. Stavolta l’ambientazione cambia e già il titolo del film – frase che Ingrao pronuncio in un intervento nel 1976 in aperta dissidenza con il Pci – suggerisce che si tratta di un salto nel passato della politica. Un passato che sembra non solo sepolto, ma il cui livello odierno fa sospirare più d’uno sulla tensione alla cosa pubblica affossata dall’ultimo trentennio, con tutto ciò che ha portato con sé.
Non a caso si va a riscoprire una figura che viene da ben altra formazione. Ingrao, nato nel 1915 a Lenola, in provincia di Latina, fu prima partigiano e poi diresse L’Unità fino al 1957. Dopodiché venne eletto parlamentare del Pci, ma non fu mai un allineato. Con giovanili aspirazioni per il cinema (frequentò il Centro sperimentale di cinematografia di Cinecittà e lavorò a fianco di Luchino Visconti), si trovò la coscienza cambiata per sempre dalla guerra di Spagna. A quel punto ci fu posto solo per la politica, per quanto questa non gli riservò una vita facile.
A tanti anni di distanza ricorda come un errore imperdonabile – “il più grosso della mia vita” – l’aver appoggiato l’invasione dell’Ungheria nel 1956, ma non rimpiange affatto il legame sempre mantenuto con il gruppo del Manifesto dopo lo strappo del 1968. Ma soprattutto c’è quel 1976, l’anno del congresso del Pci a Roma, in cui se ne uscì con la frase “cari compagni, non mi avete convinto”, espressione di un dissenso ormai divenuto insanabile contro quello che un tempo si chiamava “centralismo democratico”. Negli anni Ottanta, poi, rifiutò di ricandidarsi per andare alla ricerca di nuovo del linguaggio della politica, quello che si parla fuori dai partiti e fuori dalle felpate stanze dei bottoni. Infine lo strappo definitico, quello con il Pds d Achille Occhetto, figlio della svolta della Bolognina del 1989 e dello scioglimenti del partito nel 1991.
Tante le immagini di repertorio che scorrono nel documentario insieme alle immagini delle interviste realizzate fino alla fine dello scorso giugno. Molte arrivano dall’Istituto Luce Cinecittà che distribuisce e produce con la Tomato Doc & Film il documentario. Altre provengono dall’Aamod, l’Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico, dalle Teche Rai e dai film amati da Ingrao. Ma soprattutto gli sono gli inediti, offerti da archivi privati che hanno messo a disposizione fotografie e registrazioni di comizi come quello del 1968 in piazza della Signoria, a Firenze, e un altro del 1979, quando Ingrao era presidente della Camera e partecipo al quinto anniversario della strage di piazza della Loggia, a Brescia, avvenuta il 28 maggio 1974.
La politica di oggi invece? “Su questo abbiamo mantenuto una giusta distanza”, ha detto Vendemmiati, “perché non volevamo utilizzare Ingrao come una clava contro il presente. Ovviamente ha una visione molto critica. A livello più generale la sua considerazione principale riguarda il fatto che oggi la sinistra non considera con sufficiente attenzione il problema del lavoro. Per lui, se la sinistra non si occupa di chi lavora, della perdita del posto, della formazione, non capisce davvero più cosa significa la parola sinistra”.